STRATEGIA & CONCORRENZA

Fondere dimensione digitale e mondo fisico

PER I CONSUMATORI, I MONDI REALI E QUELLI VIRTUALI SONO LA STESSA COSA. LO STESSO DOVREBBE VALERE PER LA VOSTRA AZIENDA.

DARRELL K. RIGBY

Settembre 2014

Agli inizi della rivoluzione digitale, molti leader di aziende consolidate fecero tutto il possibile per ignorare lo sconvolgimento in atto, convinti che la minaccia derivante dalle nuove tecnologie non avrebbe raggiunto livelli preoccupanti. Quando tale premessa si rivelò infondata, in tanti cambiarono nettamente modo di pensare, arrivando alla conclusione che il digitale avrebbe distrutto la loro posizione e che non si poteva far nulla per evitarlo. Pareva quasi che, per sopravvivere, avrebbero fatto meglio a smettere di buttare soldi nei vecchi business, salvare il salvabile e lanciare imprese digitali del tutto indipendenti. Si riteneva che le unità esistenti non sarebbero sopravvissute e che i business digitali (dirompenti com'erano) avrebbero sostituito le parti ormai morte, ma tenute in piedi a forza, del portafoglio di un'azienda.

Entrambi i punti di vista si sono rivelati sbagliati. Il fallimento del primo non ha quasi bisogno di ulteriori spiegazioni: non c'è azienda che possa ignorare, sperando di cavarsela, i cambiamenti introdotti dalle tecnologie digitali. In quanto al secondo, la disfatta può apparire meno ovvia, ma è ormai ben documentata. Le aziende che continuavano a mungere business esistenti mentre, in parallelo, scommettevano su start-up digitali indipendenti senza alcun reale vantaggio competitivo, di solito finivano col gettare al vento decenni di asset fisici per avventurarsi in nuove scommesse per milioni di dollari di valore reale. Sears Holdings può essere considerata l'esemplificazione di un errore di valutazione di questo tipo: investendo troppo poco nei propri punti vendita e riversando risorse sul proprio versante online, ha subito un crollo del 75% del prezzo delle proprie azioni nel corso degli ultimi sette anni. Esempi simili si presentano in molti settori.

Il problema centrale di entrambe le posizioni, per quanto opposte, è che non riescono a tener conto di come e quanto sono cambiati i clienti, i quali vivono in un intreccio così continuo e stretto fra mondi digitali e mondi fisici da non riuscire a capire perché le aziende non abbiano fatto lo stesso.  Lasciate che vi racconti un aneddoto personale che illustra il problema.

Lo scorso dicembre, mia figlia Stacy voleva acquistare il videogame Just Dance 4 per la sua bambina. Lo trovò sul sito di una grande catena a 29,97 dollari. Per non correre rischi, dato che il Natale si avvicinava, decise di recarsi direttamente nel punto vendita che la catena ha nella sua zona, per acquistarlo direttamente lì. Una volta arrivata, però, scoprì che costava 47,97 dollari, che è quasi un 60% in più. Ne fu sorpresa, ma ricordando la garanzia sul prezzo migliore garantito dall'azienda, chiese quello che veniva applicato online. Niente da fare, rispose il cassiere, la garanzia si applicava solo ai prezzi della concorrenza.

«Un momento», gli disse Stacy. «Volendo, posso comprare il gioco online e farmelo spedire in negozio senza costi aggiuntivi, giusto?». Il cassiere confermò che era possibile, ma la avvertì che ci sarebbero potuti volere diversi giorni. Al che, mia figlia replicò: «Ma ce l'avete qui, sullo scaffale. Non posso pagarlo online e prenderne uno dallo scaffale?». Ovviamente no, fu la risposta, perché il negozio online e il punto vendita erano due business diversi e questo avrebbe creato confusione. Attenendosi alle regole, Stacy ordinò l'articolo per telefono e pochi giorni dopo ripassò in negozio per ritirarlo, seguendo un'altra procedura esasperante.

Le persone sperimentano continuamente scollamenti di questo tipo. Ed eccoci qua: è passato un quarto di secolo dall'inizio della rivoluzione digitale, eppure sono ancora molte le aziende che si chiedono se sia meglio investire risorse importanti in competenze digitali. Quelle che l'hanno già fatto tendono a gestire le proprie operazioni digitali come unità di business indipendenti (che è poi il modo in cui le aziende preferiscono farlo, all'esatto opposto di come i clienti si aspettano di usarle). Via via che la rivoluzione va avanti, alcune realtà seguiranno la strada della Tower Records, con i rami di business del tutto sconvolti e distrutti dalle alternative digitali. La maggior parte, però, scoprirà che occorre fondere mondo digitale e mondo fisico, proprio come stanno facendo i consumatori. Guardate alla vostra attività: la sua componente fisica sta davvero per scomparire? Non è che le innovazioni che fondono digitale e fisico schiudono nuove e ampie opportunità? E anche se alcuni di questi ibridi “digical” (fusione di “digital” e “physical”, NdR) si riveleranno strumenti di transizione che, nel giro di uno o due decenni, porteranno a sconvolgimenti ancora maggiori, non rappresentano comunque il modo migliore per allargare il vostro core business, generare liquidità che può essere usata per finanziare un'evoluzione continuativa e creare le competenze che saranno indispensabili per il successo futuro? Io e i miei colleghi abbiamo studiato oltre 300 aziende di tutto il mondo e lavorato direttamente con altre centinaia che stanno cercando il modo per far fronte ai cambiamenti (affascinanti, ma anche preoccupanti) che stanno trasformando il volto del mercato. Abbiamo scoperto che la maggior parte dei settori si trova ancora nelle fasi iniziali della trasformazione che investe mondo digitale e mondo fisico (si veda il box “La spinta crescente del Digical”). Abbiamo anche rilevato che l'ostacolo più forte all'adozione di strategie di fusione non è lo scetticismo nei confronti di quello che promettono, bensì l'inesperienza nel saperle applicare. I dirigenti sono attratti dalle possibilità e ne riconoscono il potenziale, ma non sanno bene come farle funzionare.

Non sorprende, quindi, che in quest'area le best practice stiano ancora emergendo. Sulla base dello studio che abbiamo condotto sui leader di 20 settori globali, abbiamo identificato cinque regole che segnano in gran parte la differenza fra successo e fallimento. Alcune rientrano nel senso comune, ma non vengono praticate abitualmente. Altre potrebbero suonare davvero strane, soprattutto a chi propone un cambiamento digitale radicale. Eppure, i leader che abbiamo studiato hanno saputo sfruttare grandi opportunità di crescita, mentre i loro rivali sono rimasti a torcersi le mani. Vale quindi la pena andare a vedere cosa hanno fatto e come.

 

Regola n.1

Costruite la vostra strategia attorno al concetto di fusione fra digitale e fisico: potrebbe diventare il vostro nuovo vantaggio competitivo

Alcuni dei massimi esperti mondiali in strategia hanno dato per morto il vantaggio competitivo che si mantiene nel tempo. Spiegano il fenomeno dicendo che la tecnologia cambia ormai così in fretta e i vantaggi vanno sfruttati talmente velocemente che le aziende devono imparare a saltare di continuo da un'ondata di opportunità a un'altra, anche se ogni nuova ondata sarà più breve, più affollata e più sconnessa da quella che l'ha preceduta. Il problema, con questo approccio, è che un'azienda potrebbe finire col gettare alle ortiche i suoi vantaggi specifici per pompare risorse in imprese ad alto rischio, che non hanno alcun vantaggio competitivo o possibilità di riuscita. Per vincere la scommessa, occorre avere molta fortuna oppure trovare qualche vantaggio che il vostro core business può trasferire alla nuova impresa (o viceversa). Fra i vantaggi possibili rientrano le informazioni sui clienti che possiamo raccogliere e che sono solo nostre, le competenze distintive e la capacità di capitalizzare i punti vulnerabili dei competitor.

Le fusioni “digical” possono sfruttare i punti forti già esistenti in un'azienda per offrire proprio un vantaggio di questo tipo. Pensiamo al caso della Commonwealth Bank of Australia (CBA), che ha visto la luce nel 1911 e che oggi opera con 52.000 impiegati in una dozzina di Paesi. Quando Ralph Norris venne nominato amministratore delegato, nel 2005, CBA aveva il peggior punteggio del settore in tema di soddisfazione dei clienti e stava perdendo quote di mercato in diversi settori rilevanti. Come altri grandi gruppi bancari, aveva cercato di ridurre i costi e, forse, temeva che la rete avrebbe reso obsoleti gli sportelli bancari. Perciò, fra 1993 e 2005, passò da 1.756 a 1.006 filiali. Le chiusure non solo consentirono alle banche online di accaparrarsi porzioni di clienti, ma incoraggiarono anche l'entrata e l'espansione di nuovi concorrenti che continuavano a usare le filiali fisiche, fra cui AHL Investments (Aussie Home Loans) e altri prestatori di denaro esterni al mondo bancario. Questi rivali aggressivi si presero molti dei vecchi direttori di filiale di CBA, insieme a impiegati e clienti.

Norris inaugurò il suo mandato facendo un giro delle filiali e studiando le lamentele dei clienti. Scoprì che le critiche riguardavano praticamente ogni punto di contatto fra cliente e banca: venivano citati prodotti scadenti, lunghe file, dipendenti incompetenti e alte percentuali di errore. Norris, che proveniva dal mondo dell'IT, si mise anche a esaminare l'infrastruttura digitale. Scoprì così sistemi vecchi di decenni, che rendevano pressoché impossibile (persino per i dipendenti migliori) fare la cosa giusta per il cliente.

La sua visione consisteva nel creare la miglior organizzazione specializzata in servizi finanziari d'Australia, il cui punto di forza fosse l'assistenza clienti. Si diede l'obiettivo di passare dall'ultimo al primo posto nella customer satisfaction, collegò il sistema retributivo di tutti gli alti dirigenti a questo parametro e si concentrò su cinque aree di miglioramento: i prestiti domestici, i depositi, i depositi a termine, i libretti di risparmio e i sistemi di relazione col cliente. Decise poi di sviluppare le competenze digitali che avrebbero reso possibile il raggiungimento del suo obiettivo, assumendo e promuovendo esperti di IT di primo livello, allineati con la sua visione. Convinse il consiglio di amministrazione di CBA a intraprendere un programma di “modernizzazione profonda del sistema bancario”, finanziato con 580 milioni di dollari australiani distribuiti su quattro anni (saliti, in seguito, a un miliardo e cento milioni per sei anni). In contemporanea, lanciò un progetto per rilanciare la rete di filiali e migliorare convenienza e livelli di assistenza.

Tutte queste iniziative produssero una successione impressionante di innovazioni digical. Il progetto Finest Online modernizzò il servizio di internet banking di CBA, combinandolo con i canali che prevedono un contatto di persona, al fine di eliminare problemi fin troppo frequenti, come l'incapacità di creare un link tra account personali e account commerciali. La app mobile di CBA per il settore immobiliare riconosce le foto delle proprietà, mostra le piantine, aiuta i clienti a capire se si possono permettere una determinata casa e avvia le procedure per la richiesta di un prestito ipotecario. La app Kaching è stata una delle prime a consentire tipologie diversificate di pagamento tramite smartphone, compresa quella attraverso Facebook. (La banca risponde in tempo reale alle richieste che vengono postate su questo social network). CBA garantisce in ventiquattro ore l'approvazione di un prestito richiesto online (contro i 14-21 giorni necessari in precedenza) e, nel 2013, ha lanciato SmartSign, un servizio che consente ai clienti di compilare in via elettronica i documenti per un prestito, tramite un portale online sicuro. Ha poi introdotto il sistema delle videoconferenze in tutte le filiali, consentendo a tutti i clienti (soprattutto quelli che vivono nelle zone rurali) di relazionarsi in modo più semplice con i consulenti della banca.

Il sistema CBA è ora così radicato che continua a prendere slancio anche mentre i concorrenti investono nei propri sistemi e in miglioramenti all'assistenza. La sua strategia, basata sulla fusione fra dimensione digitale e ambienti fisici, ha contribuito a portare la banca al primo posto della classifica 2013 della customer satisfaction nel settore del retail banking. Le sue azioni sono salite di oltre l'80% fra la metà del 2006 e la metà del 2014 e, nello stesso periodo, c'è stato anche un miglioramento del 9% per quanto riguarda l'indice S&P/ASX 200. La cosa più importante di tutte è che sta diventando chiaro che alla concorrenza occorrerà del tempo per copiare le piattaforme tecnologiche, la cultura centrata sul cliente e i processi di innovazione che CBA ha sviluppato nell'arco degli ultimi otto anni.

 

Regola n. 2

Aggiungete link e rafforzate i collegamenti all'interno dell'esperienza del cliente

Thomas Edison è ritenuto l'inventore della lampadina, ma la sua lampadina a filamenti di carbonio altro non era che una miglioria di modelli esistenti. Il reale contributo di Edison è stato quello di creare un sistema di produzione e distribuzione dell'energia elettrica che faceva funzionare le lampadine. Si immaginò ogni elemento del sistema, istituì una specie di fabbrica delle idee per sviluppare le innovazioni che nascevano da ciascuna di queste idee e le commercializzò una dopo l'altra. Il risultato di questo processo ha trasformato la nostra vita quotidiana.

Le innovazioni digical sono simili: non si limitano a cambiare i prodotti o i servizi esistenti di un'azienda, come alla CBA. Consentono, piuttosto, alle organizzazioni di identificare punti di contatto che rafforzino il business di base e creino nuovi flussi d'entrata. Proprio come Edison, un'azienda orientata al digical ragiona in modo sistematico su ogni segmento dell'esperienza del cliente. Sviluppa componenti innovativi e li introduce in un sistema complessivo che estende i vantaggi competitivi e accelera la crescita.

Nike mostra bene come funziona questo approccio. Per molti anni, è stata radicata nel mondo fisico alla stregua di qualunque altra azienda, producendo calzature, abbigliamento e attrezzature sportive che poi vendeva nei negozi. Nel 1996, costruì un sito web, ma per tre anni si rifiutò di vendere qualunque articolo online. Nel 1999, le cose cominciarono a cambiare, a partire dal programma NIKEiD. Gli acquirenti potevano visitare il sito nike.com e personalizzare alcuni modelli di calzature, scegliendo il colore di base e quello del baffo Nike, con la possibilità inoltre di aggiungere un “I.D. personale” al prodotto. Nike, allora, cominciò a introdurre innovazioni digical ad altri livelli della catena dell'esperienza cliente. Nel 2006, presentò la app Nike+, che  mette in collegamento una scarpa munita di un sensore e di un ricevitore interni con un iPod Nano. I corridori potevano vedere i dati sul tempo impiegato, la distanza coperta, le calorie bruciate e il ritmo della corsa sullo schermo del Nano oppure ascoltare direttamente i dati in cuffia. Dopo un allenamento, potevano sincronizzare il Nano con un computer e aggiornare un grafico dei loro progressi. Potevano persino ricevere un coaching personalizzato.

Oggi, sono oltre 30 milioni i clienti che usano Nike+ per tenere traccia e condividere corse, allenamenti e obiettivi di fitness, fornendo allo stesso tempo all'azienda dati di valore incalcolabile su chi sono i suoi clienti e cosa hanno più a cuore. I braccialetti elettronici Nike+ FuelBand SE portano il coinvolgimento post-acquisto a un livello ulteriore, misurando tutti i movimenti che un utente compie nel corso di una giornata e registrando indicatori come il numero di passi fatto e le calorie consumate. Come con Nike+, gli utilizzatori possono raccogliere questi dati, tracciare e conservare il loro livello di attività fisica e condividere queste informazioni sui social media.

I risultati di tutta questa innovazione sono stati incredibili. Nike gode, sui social media, del livello di engagement rispetto ai clienti più elevato del settore. Ha registrato un aumento delle quote di mercato in alcune aree chiave (fra cui l'Europa occidentale e il calcio, tradizionalmente feudi  Adidas), un incremento del 42% delle vendite di e-commerce dall'anno fiscale 2013 a quello 2014 e un tasso di crescita complessivo che surclassa abbondantemente quello dei principali concorrenti. E potrebbe fare un salto ulteriore. «Lo sport digitale è di assoluta importanza per noi», ha dichiarato nell'aprile di quest'anno alla CNBC l'amministratore delegato, Mark Parker. «Vedrete che il digitale sarà sempre più integrato in altri prodotti del nostro catalogo». Grazie alle partnership con Apple e altre realtà, l'azienda spera di estendere la portata del NIKE Fuel system e di altre applicazioni a 100 milioni di utilizzatori nel mondo.

 

Regola n. 3

Trasformate il vostro approccio all'innovazione

Quando le aziende tradizionali aggiungono componenti digitali ai programmi di innovazione, il loro approccio di solito ricorda una cascata. Esperti di marketing e designer di prodotto creano idee, costruiscono prototipi e poi passano le idee all'IT, accompagnandole con istruzioni utili a sviluppare caratteristiche digitali specifiche. «Stiamo lanciando un nuovo prodotto e la sua relativa campagna di marketing. Vogliamo che la app mobile ci aiuti a diffondere messaggi di marketing e coupon e che renda più semplice per i clienti inviare e-mail quando vogliono fare qualche richiesta di assistenza. L'amministratore delegato dice che la vuole entro quattro settimane».

Un altro modo per fondere digitale e fisico consiste nel creare un team di esperti che si completino a vicenda. Team di questo tipo non sono una novità, ma l'innovazione digical richiede un'integrazione di gran lunga più profonda e ampia. I leader coinvolgono esperti digitali in ogni fase del processo, dalla creazione di idee allo sviluppo, passando per il testing e il lancio e creano team specifici per ogni tipologia possibile di progetto di innovazione. Un approccio di questo tipo genera soluzioni più integrate, innovative e ad ampio spettro, dal momento che l'esperienza combinata dei membri del team riesce a fondere il meglio dei due mondi, in ogni aspetto del progetto.

Disney ha seguito questo metodo sin dagli inizi della progettazione di Disneyland, nel 1952. Persino le prodigiose competenze digical di Disney, però, sono state messe alla prova quando l'azienda ha lanciato un progetto rivoluzionario, nel 2009. Gli obiettivi erano quelli di dar vita a un'“esperienza più immersiva, fluida e personale” per gli ospiti Disney e, allo stesso tempo, di raccogliere dati in tempo reale sui loro comportamenti. Questo avrebbe aiutato l'azienda ad analizzare gli schemi del traffico e le abitudini di spesa, gestire la forza lavoro e ottimizzare gli investimenti futuri. Il progetto avrebbe coperto l'intera esperienza del parco a tema e si sarebbe attivato ogni volta che il cliente entrava in contatto con l'azienda. Disney decise che la sua visione da un miliardo e passa di dollari era molto più ampia di qualunque progetto il suo tanto celebrato Imagineering team di progettisti e sviluppatori prodotto avesse mai intrapreso. Per questo motivo, c'era bisogno di un nuovo tipo di organizzazione. Fu così che creò un'unità di impresa e la chiamò Next Generation Experience, a cui fece affluire oltre un migliaio di dipendenti provenienti da tutte le funzioni aziendali.

I responsabili di Next Generation coinvolsero esperti provenienti dall'IT, da Imagineering, dalla gestione del parco, dal marketing e da altre aree funzionali. Il primo release, il sistema MyMagic+, combina tecnologie digitali con il parco a tema a tre dimensioni: My Disney Experience, un nuovo sito web e relativa app, facilita la pianificazione del soggiorno e raccoglie informazioni sulle preferenze personali; FastPass+ consente agli ospiti di prenotare le attrazioni e le sfilate dei personaggi Disney; i MagicBands (cinturini RFID) funzionano da ticket, chiavi d'albergo, sistema di verifica FastPass+ e carta di credito, consentendo ai clienti di addebitare pasti o souvenir con un movimento del polso. I cinturini interagiscono poi con sensori che si trovano all'interno del parco e trasmettono informazioni comportamentali che mettono Disney nelle condizioni di migliorare ancora di più l'esperienza cliente. Fra le applicazioni future, ci potrebbero essere la personalizzazione di percorsi e attrazioni. Winnie the Pooh, per esempio, potrebbe salutare un bambino chiamandolo per nome e augurargli buon compleanno. Grazie all'iniziativa, Disney è sulla buona strada per centrare un aumento annuale di entrate di 500 milioni di dollari, con un margine operativo del 20%. Se questi numeri reggono, Disney avrà un ricco guadagno a fronte dei propri investimenti miliardari.

 

Regola n. 4

La separazione organizzativa è solo una soluzione temporanea

La scelta fra disruption digitale e trasformazione digical ha delle conseguenze molto importanti per il modello operativo e la struttura organizzativa di un'azienda. Si tratta, però di implicazioni che possono non apparire subito evidenti, dal momento che in ogni caso gli innovatori di successo cominciano sempre separando i rivoluzionari digitali dal core business dell'azienda. È la separazione che consente a queste realtà di attrarre innovatori e programmatori di talento, collocandoli a San Francisco, Cambridge, Tel Aviv, Hyderabad o in qualunque altro luogo vogliano stare. Non ci vuole molto a creare talento specializzato, che non si lasci ostacolare dalla burocrazia aziendale e non sia stato contaminato da un modo di pensare superato. Una cultura nuova di zecca può sfidare lo status quo e provare a sviluppare innovazioni radicali. I piani retributivi e gli incentivi possono essere personalizzati sulla base dei bisogni del nuovo piuttosto che sulle esigenze del vecchio.

Arriva, però, un momento in cui queste aziende devono prendere una decisione. Se si trovano alle prese con una forma di disruption digitale, lasceranno i business separati a lungo, forse per sempre. Dopo tutto, il nucleo centrale è qualcosa da cui attingere a piene mani e da distruggere, una volta arrivati alla fine. I due business competono per le quote di mercato, l'attenzione del management e le risorse finanziarie, in una battaglia mortale. Solo uno rimarrà in piedi. Potrebbe essere questo il modello scelto da Sears. Sotto la guida del suo amministratore delegato Edward S. Lampert, Sears ha investito pesantemente nel suo ramo di attività del tutto separato e dedicato all'e-commerce. Un analista del Credit Suisse ha detto in proposito: «[Il suo] sito web è migliore di quello di qualunque altra catena di cui mi occupi». Le vendite online hanno continuato a crescere e, alla fine del 2013, avevano raggiunto all'incirca il miliardo e duecento milioni di dollari l'anno, sempre secondo gli analisti. È stata però altrettanto rilevante la scarsità di investimenti che l'azienda ha fatto nella sua rete di negozi. Nel 2012, per esempio, il New York Times riferisce che Sears ha speso una media di un 1,46 dollari per piede quadro dei propri punti vendita, contro i 9,45 dei suoi quattro principali concorrenti. Le vendite online ammontano appena al 2,5% circa delle vendite totali e la cifra ha continuato a scendere dal 2007. Le entrate dell'e-commerce non riescono a crescere con sufficiente velocità da compensare quelle mancate dei negozi.

Le trasformazioni che incrociano digitale e fisico hanno obiettivi diversi e, di conseguenza, differenti modelli operativi. La spinta iniziale punta ad acquisire skill digitali in grado di eguagliare quelle di qualunque azienda totalmente dirompente. L'obiettivo finale, invece, è quello di creare il meglio dei due mondi, sviluppando capacità che chi non è interessato alla fusione fra i due piani non saprà o non vorrà copiare.  Ecco perché la separazione è una condizione transitoria. Nel corso del tempo, l'azienda sentirà il bisogno di creare un minimo di integrazione, vantaggiosa di per sé, in quanto soddisfa il bisogno dei clienti di un'esperienza che passi senza soluzione di continuità dal piano digitale a quello fisico, favorisce un'efficienza maggiore ed economie di scala, consente un coordinamento migliore, evitando di raddoppiare le iniziative. Facilita, inoltre, una comunicazione e un'esecuzione delle decisioni più tempestive, riducendo così i conflitti. Un business integrato può far leva sugli asset esistenti dell'azienda in modi che non sarebbero consentiti a un'unità separata. Questo tipo di fusione sta funzionando bene per Macy’s. Fin dagli inizi del 2005, l'azienda ha dedicato risorse considerevoli al sito web e all'infrastruttura, finché, nel 2010, ha progettato una strategia “omnicanale”: una pianificazione a lungo termine che includeva un gran numero di iniziative pensate per creare esperienze cliente più fluide, sia online che nei punti vendita. Dopo aver scoperto che i clienti che acquistavano su entrambi i canali erano cinque volte più redditizi di quelli che compravano solo online, Macy’s ha investito in modo importante nel suo storico negozio di Herald Square, a New York, oltre che in centinaia di altri, e ha cominciato a integrarli con gli shop online. Li ha trasformati praticamente tutti in centri di soddisfazione omnicanale: i clienti possono ordinare online e ritirare gli articoli nel punto vendita più vicino. Il negozio di Herald Square sta subendo un restauro del valore di 400 milioni di dollari e conterrà guide interattive e un uso diffuso dell'etichettatura RFID (utile a tracciare i singoli articoli), nonché una app mobile che accompagnerà i clienti durante l'acquisto. I commessi, dotati di dispositivi mobili, potranno far arrivare le calzature dal magazzino senza dover lasciare il cliente. 

Anche i cambiamenti organizzativi riflettono l'integrazione crescente che si respira da Macy’s. Nel gennaio 2013, per esempio, Robert B. Harrison, che all'epoca era executive vice president della strategia omnicanale, è diventato il primo chief omnichannel officer, con riporto diretto all'amministratore delegato Terry Lundgren. È entrato anche nel comitato esecutivo dell'azienda. Nel continuare a gestire lo sviluppo di strategie tese a integrare in modo più stretto attività nei negozi, online e su mobile, Harrison ha assunto la responsabilità di sistemi e tecnologia, ma anche della logistica e di tutte le funzioni operative collegate.

La fusione digical di Macy’s ha avuto un effetto grandioso sulla sua performance finanziaria. Le vendite totali sono aumentate del 19% (corrispondente a 4,4 miliardi di dollari) negli ultimi quattro anni e l'azienda, di recente, ha annunciato un quinto anno consecutivo di crescita dei guadagni a doppia cifra. Le azioni sono salite di continuo dal 2010 al 2013, crescendo del 43% nel solo 2913 (a fronte di un miglioramento del 30% nell'indice S&P 500).

 

Regola n. 5

Create un gruppo dirigente che capisca il digical e che includa l'amministratore delegato

Se ci si aspetta che le tecnologie digitali soppiantino il core business di un'azienda, il compito principale dell'amministratore delegato dev'essere quello di intervenire, modificandolo, sul mix dei rami di business, non sulle competenze di base delle persone che vi operano all'interno. Questo genere di evoluzione aziendale assomiglia molto a quella biologica: i singoli organismi non cambiano, ma la popolazione evolve mentre le specie superiori soppiantano quelle meno adattabili. L'amministratore delegato incoraggia il business fisico per mantenere alto il livello del confronto e dirotta fondi verso i nuovi settori su cui si appuntano le speranze dell'azienda. Gli amministratori delegati che guidano le trasformazioni digical si trovano a dover gestire un compito più complesso. Devono cambiare non solo il mix di attività di business, ma anche lavorare sulle capacità delle persone che vi lavorano dentro o attorno, compresi se stessi, i membri del consiglio di amministrazione, i loro comitati esecutivi e la parte operativa dell'organizzazione. Nominare un dirigente incaricato del settore  informatico, tecnologico o digitale (i titoli variano, ma la soluzione è comune) può essere di qualche aiuto, ma non è sufficiente. Sarà addirittura dannoso se crea l'illusione che il nuovo dirigente gestirà le capacità digitali e che non occorrerà coinvolgere nessun altro.

Di solito, gli amministratori delegati che devono gestire la sfida del digitale non si rendono nemmeno conto del loro livello di ignoranza e passano un momento difficile quando devono assumere personale esperto di tecnologia. Hanno anche la tendenza a lesinare gli investimenti nel digitale, a incoraggiare cattive idee e a massacrare quelle buone (o, perlomeno, a richiedere più cicli di miglioramento). Un numero crescente di amministratori delegati sta, però, migliorando la padronanza di questi temi. Entrano nei consigli di amministrazione di aziende che sono in uno stadio avanzato di adozione del digitale. Trascorrono più tempo con esperti di tecnologia, con venture capitalist, team di start-up tecnologiche, professionisti delle loro stesse organizzazioni. Si informano sulle tematiche digitali, frequentano corsi online, acquisiscono dei mentor e giocano con le tecnologie che i loro clienti usano. Invitano esperti di tecnologia a far parte dei consigli e lanciano programmi del tipo “nessun dirigente verrà lasciato indietro”, per assicurarsi che ogni leader dell'organizzazione dia un'accelerata alla propria formazione digitale. I CEO non devono imparare a scrivere codici, ma dovrebbero capire perché la tecnologia è importante e come può trasformare attività di business e funzioni nell'ambito di un portfolio aziendale.

Il cambiamento sorprendente di Burberry, prestigiosa azienda di abbigliamento inglese, mostra quali sono alcune delle possibilità. Quando Angela Ahrendts assunse la massima carica aziendale, nel 2006, il brand aveva avviato un'inversione di tendenza, ma faticava a prendere piede fra il pubblico dei più giovani. Ahrendts introdusse una nuova visione. Era infatti convinta che Burberry si sarebbe dovuta rivolgere in modo esplicito a clienti fino a quel momento trascurati (i millennial, in altre parole) e parlare loro nell'unica lingua madre che conoscevano: il digitale. Assunse un marketing team tutto nuovo, composto perlopiù da under 25, e lanciò innovazioni come il popolarissimo Tweetwalk, che mostrava immagini dal backstage delle collezioni Burberry prima dell'inizio delle sfilate. Creò poi un nuovo gruppo di lavoro ai vertici, che comprendeva lei stessa, il chief creative officer Christopher Bailey e il chief technology officer John Douglas. Diede vita a un “consiglio sull'innovazione strategica” e vi mise dentro quelli che le sembravano i più giovani e lungimiranti fra i membri del CDA. Questo consiglio ristretto sviluppò esperienze fisiche digitalmente immersive, come il live streaming delle sfilate, la proiezione di contenuti video su schermi giganti, specchi digitali che si trasformavano in schermi su cui si potevano vedere momenti della passerella. Questo faceva sentire i clienti dei negozi come se stessero entrando in un “Mondo Burberry” in tutto e per tutto digical. La merce in esposizione aveva cartellini RFID, in modo che un cliente che ne prendeva uno in mano poteva vedere, all'istante e su uno schermo, tutte le informazioni sul prodotto e i contenuti di marketing. Questa strategia digical ha contribuito a un significativo aumento nel prezzo delle azioni: da quando Ahrendts è arrivata, fino al 2014 (poco prima che se ne andasse), le azioni di Burberry sono più che triplicate, mentre l'indice FTSE 100 è cresciuto all'incirca del 19%.

 

Il futuro digical

Le innovazioni digical stanno spingendo aziende di prim'ordine in una gamma sempre più ampia di settori di business. La Ford Fiesta supera le vendite della concorrenza in parte grazie alla pionieristica tecnologia Ford Sync. Più della metà dei clienti che compra una Fiesta dichiara che Ford Sync è stato uno dei motivi principali per cui ha deciso di acquistarla. Nel 2005 Delta Air Lines era in bancarotta, buona ultima nella classifica Fortune delle compagnie aeree più stimate del 2007, eppure oggi è altamente redditizia e al primo posto in classifica. Fra i molti motivi che stanno dietro questo miglioramento potrebbero esserci anche i notevoli investimenti tesi a migliorare, in una logica più digitale, gli aspetti fisici del volo. La sua app Fly Delta, per esempio, non solo fornisce informazioni su rotte di volo, aeroplani e aeroporti, ma consente anche ai passeggeri di tener traccia del posto nel parcheggio, di fare il check in, cambiare posto, ritirare la carta d'imbarco, pagare per bagagli aggiuntivi, tracciare quelli imbarcati e guardare il terreno sotto l'aereo (con Glass Bottom Jet). Si calcola che la app, incredibilmente popolare, sia stata scaricata 11 milioni di volte all'aprile di quest'anno.

Il segnale forse più indiscusso che le tecnologie digitali stanno trasformando la dimensione fisica del business invece che distruggerla è rappresentato dal numero crescente di società digitali che si stanno muovendo esse stesse verso una fusione fra digitale e fisico. Due pionieri della prima ora del trading online – E*Trade e TD Ameritrade – hanno investito in filiali fisiche. Google, che è nata unicamente come motore di ricerca digitale, produce ora smartphone e smart glass. Ha anche costruito automobili senza conducente, acquisito società di robotica, steso fibra fisica, creato servizi di consegna e si sta spostando verso il settore dei dispositivi connessi in ambiente domestico. Rivenditori digitali come Warby Parker e Bonobos stanno lanciando negozi fisici. Dice Andy Dunn, amministratore delegato di Bonobos, «All'inizio, ci sbagliavamo. Nel 2007, abbiamo lanciato l'azienda e ci siamo detti: “L'intero modo si sposterà online. Tutto ciò che faremo sarà online”. Quello che però abbiamo imparato negli ultimi tempi è che l'esperienza offline del toccare e sentire gli abiti non sparirà mai.»

Una sorta di lente digitale cambierà il modo in cui le persone percepiscono e gestiscono pressoché ogni loro attività, sia nella vita personale che in quella professionale. Provate a usarla anche voi. Mettete da parte la vostra catena dell'esperienza cliente e cercate di capire in che modo funzionano le tecnologie digitali. L'unione fra piano fisico e sfera digitale contiene una promessa: trasformare pressoché ogni elemento di quasi ogni settore, incluso il vostro.

 

 

Darrell K. Rigby è partner del Boston Office di Bain & Company e guida le attività di commercio globale dell'azienda. Fra gli altri libri, è autore di Winning in Turbulence (Harvard Business Review Press, 2009).

 

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