EDITORIALE
Enrico Sassoon
Novembre 2025
Così disse (forse) Galileo dopo l’abiura, e intendeva che la Terra, che il conformismo dell’epoca voleva fissa al centro dell’Universo, in realtà ferma non era.
E oggi, che ci azzecca? Il riferimento è utile per tornare a parlare di alcune importanti politiche aziendali oggi notoriamente in fase di ridimensionamento: quelle per la diversity e quelle per il cambiamento climatico. Ambedue paiono sull’orlo della paralisi, in seguito a movimenti di reazione che si sono sviluppati negli ultimi anni e che hanno ricevuto ulteriore impulso dalle energiche (violente?) politiche trumpiane. Ma, nei fatti, almeno in parte l’apparenza inganna e sembra in realtà esserci più movimento di quanto non sembri.
Questa è, comunque, l’opinione espressa da esperti di cui Harvard Business Review pubblica regolarmente le analisi. La sostanza è che sia nel caso della diversity, e in particolare quella di genere, sia del clima le aziende non si adeguano alla controriforma in corso ma proseguono, nella maggior parte dei casi, quanto programmato e impostato in precedenza. Il che non dovrebbe sorprendere. Già in altre occasioni abbiamo sottolineato l’inopportunità del revisionismo su questi motivi fondamentali, che travalicano la vita delle e nelle aziende e riguardano, in realtà, la nostra società nel suo insieme.
Nel numero di settembre, in coincidenza con la pubblicazione dell’articolo di Dobbin e Kalev “Raggiungere gli obiettivi DEI senza programmi DEI”, avevamo ribadito con chiarezza che la spinta verso la parità di genere e di inclusione delle minoranze di varia natura non può essere fermata. Certamente, molti approcci sperimentati negli anni si sono rivelati limitati o sbagliati, ma la tendenza storica non può essere messa in discussione e l’esigenza del mondo del lavoro di portarla avanti con determinazione non può essere compromessa.
Il punto centrale è che si è ben capito che la diversità non è solo una irrinunciabile battaglia di civiltà, ma è anche una ricchezza per l’azienda, che va incoraggiata e ampliata per coglierne tutte le opportunità. Le organizzazioni e i leader che la contrastano, oltre a opporsi a una evidente conquista dello spirito democratico in senso lato, finiscono in realtà per danneggiare le realtà in cui lavorano.
Lo stesso occorre ribadire per quanto concerne le politiche sul clima. Come ben argomentano in questo numero Hawkins e Cooper, le misure adottate negli anni dal mondo delle imprese nella maggior parte dei casi proseguono, talvolta ridimensionate o reindirizzate, ma spesso meno raccontate o pubblicizzate: un modo di procedere definito “greenhushing”, in cui il silenzio strategico e gli aggiustamenti simbolici nascondono intenzionalmente la creazione di valore e la resilienza operativa costruite in anni di investimenti, impegno e progressi.
Anche nel caso delle politiche aziendali sul clima, che rientrano nella vasta categoria della sostenibilità, si può dire quanto si è sottolineato a proposito della diversity: scelte di sostenibilità avanzate comportano di norma un forte orientamento all’innovazione che, a sua volta, sta alla base di una maggiore competitività sia dei prodotti che dei servizi. I consumatori non sono più disposti ad accettare attività d’impresa che non siano coerenti con l’obiettivo del contrasto al climate change e sono sempre più propensi ad accettarne il maggior costo. Questo vale in generale, ma ancor più per le nuove generazioni, che dichiarano apertamente questa posizione nell’accostarsi e nell’entrare nel mondo del lavoro e la esprimono nelle opzioni d’acquisto e consumo.
Tutto bene allora? In realtà, anche considerando che le pratiche aziendali restano tuttora e in prospettiva orientate a confermare le politiche di diversity e di sostenibilità, un problema può emergere. La percezione, spesso viziata dai media e dalle notizie non correttamente riportate e inquadrate, possono indurre a pensare che un arretramento sia possibile e tutto sommato accettabile, e questo può influenzare le scelte d’investimento di aziende poco accorte. È indispensabile, dunque, mantenere una corretta informazione per contenere e correggere le false percezioni in modo da consentire un corretto svolgimento delle politiche di diversity e sostenibilità, superando le turbative di breve periodo e guardando assennatamente al lungo termine.