LE TRASFORMAZIONI NEL MONDO HR/13

Guardare al passato per proiettarsi nel futuro

ORNELLA CHINOTTI E ANDREA GRANELLI A COLLOQUIO CON GIANNI MOSCATELLI, DIRETTORE RISORSE UMANE & ORGANIZZAZIONE OVS

Maggio 2023

Dr. Moscatelli, qual è la sua visione delle risorse umane?

Il mondo cambia costantemente e siamo sempre più interconnessi, ciò implica una costante e progressiva ricerca di innovazione in ogni processo aziendale collegato sempre di più al breve termine, ma con una visione prospettica alle strategie di business di medio e lungo periodo. Negli ultimi anni abbiamo spesso assistito a fenomeni che hanno posto le basi per profonde trasformazioni che hanno visto le persone essere protagoniste. La stessa pandemia ci ha abituato a discontinuità e flessibilità nell’immaginare il lavoro. Per parlare dunque di visione risorse umane, per uno come me che simpatizza con questa materia ormai da più di 30 anni, potrei usare lo slogan “avere il coraggio di rinnovarsi costantemente”. Questo paradigma di costante mutazione fa emergere però grandi interrogativi, come ad esempio, che tipo di competenze dovrò garantire? In che quadro processuale e con quali ruoli? Ed ancora, con quale organizzazione del lavoro e quali politiche di retention? Tutti interrogativi legittimi che riportano il focus a noi addetti ai lavori sul modificare i nostri processi di gestione del capitale umano.

In questo nuovo paradigma sicuramente serve un grande rinnovamento anche dal punto di vista degli impianti normativi che regolano il lavoro. Alcune timide manovre governative sono state recentemente varate ed altre dovranno essere messe in priorità per offrire ad aziende e lavoratori una cornice normativa differente. Al centro dell’interesse però deve primeggiare il concetto di merito e non di sussistenza, come abbiamo osservato in recenti rivoluzioni normative tutt’altro che basate sul concetto di meritocrazia. Lo stesso vale per temi di flessibilità del lavoro vissuti oggi più come precarietà che come elementi di flessibilità. Il mindset collettivo con cui dobbiamo concepire il rapporto persona - impresa dovrà cambiare, perché siamo nel bel mezzo di una nuova era del lavoro. Le giovani generazioni interconnesse stanno mettendo a nudo nuove necessità di gestione del tempo dedicato al lavoro, insieme a quello investito nella vita privata intesa sia come tempo a disposizione che come sviluppo individuale di competenze trasversali di vario genere. 

Forse, come per ogni ciclo antropologico, per affrontare il futuro dovremmo essere capaci di guardare lontano ma di ispirarci anche al passato.

 

In che modo il passato aiuta a proiettarci nel futuro?

Oggi molti lavoratori faticano ad arrivare alla fine del mese visto l’aumento dei prezzi al consumo e dell’energia che sembrava abbassarsi ma che sta facendo nuovamente capolino, preoccupando le tasche delle fasce più deboli. Quale tipo di soluzione possiamo offrire loro avendo noi come azienda una popolazione che per l’80% è su una base salariale basica? Dobbiamo lavorare per trovare nuove soluzioni su ogni linea di gestione, dagli orari di lavoro ai processi interni, a forme di supporto al reddito sottoforma di pacchetti welfare con elementi di detassazione sia per le aziende che per i lavoratori. Credo che una grande forma di ispirazione per affrontare questi tempi possa essere far riferimento alle esperienze di antico stampo imprenditoriale come ad esempio quella di Olivetti, che già nei primi del ‘900 considerava la persona un capitale dell’impresa e non una semplice risorsa organizzativa. Un approccio che guarda il passato per proiettarci in un futuro sempre più complesso, un forte legame con il territorio ma combinato ad una visione globale, insomma una visione proattiva che riprende dalle nostre origini di Italia operosa per proiettarci al futuro “back to the future”.

 

La cultura olivettiana ha colto, anche nella dimensione immateriale del senso, il modo per aiutare le persone. Per citare Nietzsche, “chi ha un perché affronta ogni come”. Quanto è rilevante ricostruire un senso comune che si innesta nell’azienda, ma va oltre l’azienda stessa per alimentare le persone?

Questo tema è fondamentale, e, usando la metafora dell’analisi transazionale, l’organizzazione deve favorire il passaggio da genitore normativo a stato dell’io adulto. Nel Retail dovremmo porci una reale sfida su questa questione. Lo scambio tra lavoratore e azienda va al di là della prestazione, agli individui viene dato il potere di sviluppare e far crescere la propria carriera e di apprendere nuove competenze attraverso le risorse disponibili nell’organizzazione. Un mercato interno che può anche essere auto-diretto, dove le persone acquisiscono competenze ed esperienze che generano valore per sé stesse e per l’organizzazione, per assumere nuovi ruoli realizzando così anche obiettivi interni ed esterni personali. In questo senso i manager vengono ricompensati non per aver trattenuto i propri talenti, ma per aver nutrito e mobilitato gli individui, consentendo loro di trovare opportunità per prosperare all’interno di una organizzazione più dinamica e fluida. La logica di challenge è il modo per far progredire l’azienda e favorire la over performance. Dobbiamo abituarci a fare challenge ai giovani con mentalità start up, che siano vincenti per tutti gli attori in gioco, essendo capaci di uscire dalle logiche gerarchiche tradizionali.

 

Una grande sfida delle risorse umane è il linguaggio e lo storytelling usato per condividere e ingaggiare le persone; qual è la vostra esperienza?

Il linguaggio che usiamo per far capire il valore che le persone generano nell’organizzazione è certamente importante e si aggancia alla questione del “purpose”, proprio perché gli aspetti intangibili passano attraverso il linguaggio e le relazioni. Le sfide ed i conflitti che l’approccio challenge genera, hanno in sé l’opportunità di favorire un approccio trasformativo che consiste nel dedicare tempo a comprendere e capire le diverse istanze ed integrarle in un percorso comune in cui la relazione di fiducia va oltre il senso del controllo. Questo libera energie e ottimismo che favoriscono l’innovazione, il mettersi in gioco, non fermarsi alle cose che si conoscono ed esprimere un senso critico che facilita il dialogo produttivo e concreto. Per questo motivo ci focalizziamo su alcuni temi che per la nostra organizzazione, che vive in un mercato sempre più dinamico, sono fondamentali; in particolare, il coraggio di mettersi alla prova, di vivere quotidianamente il lavoro apprendendo giorno dopo giorno e di alimentare il senso del dubbio. Ma al tempo stesso il coraggio da parte dell’organizzazione di passare dall’approccio command e control alla performance sostenuta dalla fiducia, in cui le persone possono esprimere le proprie idee senza temere di essere redarguite, in un clima sereno di collaborazione e di team, in cui ogni individuo beneficia della relazione generatrice di idee e rapporti positivi.

 

Come i manager possono muoversi dentro i paradossi, e come sostenerli, nella discontinuità liquida?

L’HR e i manager in questo momento sono combattuti tra la regola, la linea guida e l’innovazione. Il dilemma in cui ci troviamo in questa era è trasformativo, è quello di ricercare l’innovazione per generare il futuro, ma al tempo stesso viene chiesto il rigore nello stare dentro linee guida che fino ad ora hanno consentito di essere allineati alle aspettative degli shareholder.

Citando una nostra recente esperienza che riteniamo win-win, abbiamo agganciato il concetto di discontinuità liquida con i manager, con un approccio di concretezza e di chiare iniziative. Abbiamo superato le resistenze, mettendo insieme gruppi di persone eterogenei che hanno generato chiari suggerimenti pragmatici sull’organizzazione del lavoro, applicabili rapidamente e completamente nuovi. In questo modo abbiamo superato il paradosso di come si possa essere in grado di fare innovazione malgrado concetti normativi rigidi. Possiamo anche affermare che l’output generato sia stato di gran lunga superiore alle aspettative: questo esempio lo faccio per dire che questa rivoluzione copernicana ha posizionato HR passando da funzione supportiva e di follower a veri sponsor di cambiamento in luoghi in cui i manager sono stati i veri protagonisti di innovazione per le loro risorse.

Altra iniziativa importante è quella relativa alla creazione di percorsi di crescita interna con un approccio di cross-fertilisation tra i diversi ruoli, generando esperienze ibride necessarie per costruire una sostenibilità interna della pipeline di manager del futuro, e supportando una crescita del business importante. Essere i leader nel proprio settore a volte non aiuta a riguardare le strade percorse con occhiali critici, ma oggi abbiamo davanti a noi, grazie ai successi ottenuti, una strada ben tracciata verso il futuro.

Queste sono alcune delle grandi sfide che vorrei mettere a terra nei prossimi anni. Il mio lavoro e la mia carriera mi hanno regalato molto in questi anni, così come ho ricevuto dai team che ho diretto e che attualmente conduco: la mia aspirazione dunque è semplice, ovvero ricambiare in questa fase della mia carriera quello che ho ricevuto dal lavoro in questi anni, cercando di lasciare una traccia facendo il mio mestiere con instancabile passione e rinnovata competenza.

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