IMPRENDITORIALITÀ
Julia Austin
Settembre 2025
Una delle prime e più importanti decisioni da affrontare è se intraprendere un percorso imprenditoriale da soli o coinvolgere uno o più cofondatori (cofounder). Molti investitori preferiscono start-up con più fondatori, convinti che un team riduca il rischio aziendale perché consente di diversificare le competenze, condividere le responsabilità e prevenire il burnout.
Forzare una relazione di cofondazione, però, può fare più male che bene: ricerche condotte dall’esperto di imprenditorialità Noam Wasserman e da altri mostrano che i conflitti all’interno del team fondatore sono una delle principali cause di fallimento delle start-up ad alto potenziale.
Ho un’esperienza di tre decenni come imprenditrice seriale di successo e investitrice e ho visto in prima persona cosa rende efficace o fallimentare un team di cofounder. Ho lavorato per e con centinaia di imprenditori, insegno imprenditorialità alla Harvard Business School e ho condotto un’indagine su oltre cento team di fondazione.
La mia ricerca e la mia esperienza hanno rivelato che quando si crea un ottimo abbinamento può esserci magia, ma, come in un matrimonio, una relazione tra cofounder non dovrebbe mai essere intrapresa alla leggera. In questo articolo, offro indicazioni per aiutare gli imprenditori a capire se hanno bisogno di un cofounder e, in tal caso, come trovarne uno adatto.
Hai proprio bisogno di un cofondatore?
Prima di intraprendere il processo di “corteggiamento”, è importante valutare se si ha davvero bisogno di un cofounder. I dati sulla correlazione tra team fondatori e successo non sono definitivi. Ad esempio, una ricerca condotta dal venture capitalist Ali Tamaseb per il suo libro Super Founders ha mostrato che solo una start-up unicorno su cinque è stata fondata da una sola persona; d’altra parte, uno studio della Wharton ha rilevato che le start-up con un unico fondatore durano più a lungo e generano ricavi maggiori. Tuttavia, i dati nel complesso suggeriscono che avere un cofounder porta a un maggiore successo finanziario.
Quando si valuta se coinvolgere un cofounder, è utile considerare se ci sono bisogni insoddisfatti in tre aree chiave:
Partnership. L’83% dei fondatori che ho intervistato ha dichiarato che avere un collaboratore e un partner creativo era la motivazione principale per cercare un cofounder. Molti imprenditori apprezzano la possibilità di confrontarsi con qualcuno, condividere il carico di lavoro e avere una spalla su cui piangere durante il percorso. Se in passato avete dato valore a questi aspetti, probabilmente trarrete beneficio da una partnership.
Avere dei cofounder (proprio come stare in una relazione personale stabile) è una prova importante della vostra capacità di mostrarvi vulnerabili, gestire i conflitti e scendere a compromessi. I team di cofounder devono affrontare costantemente questioni importanti, dalle decisioni sul prodotto e le assunzioni alle procedure operative e alle strategie di raccolta fondi. La capacità di affrontare insieme queste decisioni e superare i disaccordi è essenziale per una relazione sana tra cofounder.
Eliza Becton di Bevi, una start-up di distributori di acqua smart nella quale ho investito come angel investor, ha condiviso l’esperienza del suo primo anno con il cofondatore Sean Grundy: «Litigavamo come fratello e sorella quando non eravamo d’accordo sulla direzione da dare al prodotto o sulle priorità aziendali, ma questo era sempre dettato dalla buona volontà, perché ci importava molto l’uno dell’altra e del nostro progetto». Becton e Grundy erano disposti a impegnarsi in discussioni costruttive. Erano aperti l’uno con l’altra sui ruoli che volevano ricoprire in azienda, un aspetto cruciale in una relazione tra cofounder. «Poiché l’idea iniziale del prodotto era stata mia, Sean mi propose come CEO dell’azienda», racconta Becton. «Ma non ci misi molto a rendermi conto che non era un ruolo che amavo. Sono una designer di prodotto e preferivo concentrarmi su quello. Così decidemmo che sarebbe stato lui a ricoprire quel ruolo». Se l’idea di definire i ruoli e scendere a compromessi su aspetti come i finanziamenti o le decisioni sul prodotto vi mette a disagio, potreste aver bisogno di lavorare su voi stessi prima di coinvolgere un cofounder, o magari sarebbe meglio se andaste avanti da soli.
Competenze. L’autoconsapevolezza è fondamentale per creare partnership tra cofondatori che funzionino. Tutto parte da una valutazione onesta delle proprie competenze tecniche e di settore. Dovete sapere cosa non sapete (quali sono le vostre lacune) e valutare se le conoscenze di un cofounder possano contribuire positivamente al progetto. Un tecnico può non avere competenze manageriali od operative, per esempio, e un responsabile commerciale può mancare di capacità tecniche o strategiche. Alcune competenze si possono apprendere sul campo, ma i fondatori nelle fasi iniziali spesso sottovalutano quanto tempo occorra, e quanto un errore da principianti possa frenare (o addirittura uccidere) una start-up ancora agli inizi. Se avete molto tempo e denaro, potreste permettervi di imparare da soli sul campo strada facendo, ma la maggior parte delle start-up non può permettersi tali costi e ritardi.
Nell’era dell’IA, degli strumenti low-code per creare applicazioni e della disponibilità di team di ingegneri in outsourcing, avere un cofounder con competenze tecniche è molto meno critico di qualche anno fa. Molti fondatori oggi riescono a costruire prodotti minimi funzionanti (MVP) senza alcuna competenza tecnica e gli investitori cominciano a essere più morbidi rispetto al requisito che i fondatori non tecnici abbiano un cofounder CTO. La partner di First Round Capital Liz Wessel lo esprime in questi termini: «Ci sono casi in cui mi va bene che tra i fondatori manchino competenze tecniche: di solito, quando i cofounder hanno esperienze di settore uniche o profonde e hanno dimostrato di saper lavorare con ingegneri in passato».
È stato il caso di due miei ex studenti alla HBS, Ilana Borkenstein ed Eric Gruskin, che hanno lanciato la loro azienda di gestione e pianificazione del personale infermieristico, M7 Health, nel 2022.
Borkenstein, che ricopre il ruolo di CEO dell’azienda, era un’infermiera professionale prima di frequentare la scuola di specializzazione, e Gruskin, COO, era stato consulente manageriale e aveva lavorato per anni nell’amministrazione della clinica di sua madre. Sebbene nessuno dei due avesse un background tecnico, entrambi avevano una profonda conoscenza del settore. Sono riusciti ad assumere ingegneri per costruire il loro primo MVP, espandersi a trenta ospedali in tutto il paese e infine raccogliere un seed round da quattro milioni di dollari nel 2024, guidato da First Round Capital.
«Non abbiamo esitato a sostenere questo team straordinario dopo aver visto cosa avevano realizzato usando strumenti moderni e assumendo ingegneri per il lancio del loro MVP, nonostante non avessero un CTO», ha affermato Wessel.
Le competenze tecnologiche e manageriali non sono le uniche di cui potreste aver bisogno nella vostra impresa. Quasi un quarto (il 23%) dei fondatori intervistati ha dichiarato di cercare un cofounder con esperienza nel settore: in mercati come la sanità o i servizi finanziari o in aree funzionali come la produzione e la distribuzione.
La conoscenza del settore orienta la strategia di prodotto e può aiutare una start-up a guadagnare credibilità sul mercato, oltre al fatto che può anche aprire porte sul fronte delle vendite e degli investitori. Questi tipi di esperti non devono necessariamente essere cofounder: possono essere i primi dipendenti o persino consulenti della start-up. Pertanto, avere lacune in queste aree non comporta automaticamente la necessità di un cofondatore.
Esperienza. Il mito sui fondatori vuole che siano giovani con tanta grinta e poche responsabilità che li trattengano dal provare a fare qualcosa di grande. La realtà è che imprenditori come Steve Jobs e Bill Gates (che avevano rispettivamente ventuno e diciannove anni quando fondarono Apple e Microsoft) rappresentano un’eccezione. Uno studio del 2018, condotto da Pierre Azoulay della MIT Sloan School of Management, ha scoperto che l’età media degli imprenditori al momento della fondazione delle loro imprese era di quarantadue anni e che sembra esserci una correlazione tra i fondatori di età compresa tra i quaranta e i quarantanove anni e risultati di successo, misurati in termini di exit (IPO o acquisizioni). Lo studio ha anche rilevato che i fondatori con almeno tre anni di esperienza nello stesso settore della loro start-up avevano l’85% in più di probabilità di crearne una di grande successo. Non sorprende che i fondatori con esperienza ottengano risultati migliori. Che abbiano avuto un assaggio della cultura di un’ottima azienda o sofferto per una pessima, o che abbiano lavorato in un’azienda matura o in una start-up in crescita, l’esperienza accumulata è inestimabile per sapere cosa fare e cosa evitare. E con l’esperienza spesso arrivano anche maturità, umiltà, pazienza e resilienza per portare avanti un’idea e far crescere un’impresa fino al successo. Quindi, quando valutate la vostra voglia o il vostro bisogno di un cofounder, chiedetevi se possedete quell’esperienza e quella maturità o se vi conviene coinvolgere qualcuno che le abbia.
Un’avvertenza: potenziali cofondatori molto esperti potrebbero non gradire la quantità di lavoro operativo di basso livello che una start-up richiede, come configurare i sistemi contabili o i servizi cloud per l’impresa. I cosiddetti “wannapreneur” spesso hanno una visione idealistica di cosa significhi gestire la propria impresa o aspettative troppo ottimistiche riguardo a guadagni che possano garantire loro un nuovo stile di vita o sicurezza economica. Anche se aspirazioni di indipendenza e successo sono comuni alla maggior parte degli imprenditori, devono essere accompagnate dalla disponibilità a rimboccarsi le maniche e a sporcarsi le mani con le difficoltà della vita da start-up.
Se desiderate avere un cofounder, ricordate che trovare quello giusto richiede tempo. Riflettendo sul suo processo di “corteggiamento” durato un anno, Angela Gu, fondatrice di Hively, ha detto:
«Coinvolgere un cofondatore richiede pazienza e molta comunicazione. Avere un partner può essere stimolante e motivante, ma comporta anche un investimento significativo in termini di tempo e di energia per metterlo al passo, allinearsi sulle decisioni e investire nella relazione».
La questione se avere un partner può emergere in qualsiasi fase del percorso imprenditoriale. Può sorgere all’inizio, mentre state ancora valutando il problema da risolvere, o più avanti, quando avete già ottenuto un po’ di slancio, ma vi sentite sopraffatti o avete bisogno di una competenza specifica per l’impresa. Anche se decidete di non volere un cofounder, gli investitori potrebbero spingervi a cercarne uno. Nel mio sondaggio, il 50% dei fondatori ha riferito di aver avuto difficoltà a raccogliere fondi senza un cofondatore e di aver sentito la pressione da parte di investitori potenziali a coinvolgerne uno per ridurre il rischio della loro impresa. Detto ciò, gli investitori stanno diventando più aperti a sostenere fondatori singoli purché i primi assunti possiedano quote di capitale dell’impresa, per garantire impegno, allineamento degli incentivi e costruire un team solido in grado di condividere il carico di lavoro.
Qualunque sia la fase in cui vi trovate, consulenti e advisor possono colmare i bisogni immediati e permettervi di progredire con l’impresa. Ricordate: il vostro primo assunto non deve per forza essere un cofounder, va benissimo assumere dei collaboratori, a condizione che la gerarchia, i perimetri decisionali e il pacchetto di incentivi (comprese le quote di capitale) siano chiari. Consulenti, advisor e primi assunti possono diventare cofounder in seguito, se tutti concordano sul fatto che una partnership abbia senso.
Trovare il partner giusto
Se dopo aver osservato le cose con le lenti descritte in precedenza, decidete che avete bisogno e desiderate un cofounder (sia all’inizio della vostra impresa sia in una fase successiva) non affrettate il processo. Trovare il cofondatore giusto non è difficile quanto trovare il partner della vita, ma ci si avvicina. È un vero e proprio corteggiamento e, nonostante l’urgenza che potreste sentire, è fondamentale riflettere con attenzione su ciò che cercate in un cofounder e dedicare del tempo a coltivare le relazioni potenziali. Sembra proprio che la pazienza dia i suoi frutti. Il 60% dei cofounder che ho intervistato e che hanno avviato start-up di successo (quelle attive da più di tre anni e che hanno raccolto fondi fino alla serie B, ovvero il punto in cui il prodotto ha trovato il suo mercato e gli investitori si aspettano una crescita rapida) avevano lavorato insieme o interagito in altri modi per oltre dodici mesi prima di fondare l’impresa. Circa il 25% di loro erano ex colleghi o amici personali, il che suggerisce che le relazioni pregresse favoriscono la crescita di una start-up.
Sulla base della mia esperienza nel lavorare con, investire in e affiancare start-up, ho individuato un insieme di buone pratiche per selezionare un cofounder. Anche se ne avete avuto già uno in una start-up precedente, questo processo può essere comunque utile per riflettere sulle esigenze specifiche della vostra impresa attuale.
Fate un “giro d’ascolto”. Incontrate altri cofounder di start-up, persone che non sono candidate a entrare nel vostro team, ma che hanno già attraversato lo stesso processo di corteggiamento. Chiedete che qualità apprezzano di più nei loro partner, quali ostacoli hanno dovuto affrontare all’inizio della loro collaborazione e quali segnali d’allarme hanno imparato a riconoscere. Anche i migliori team di cofondatori hanno “racconti di guerra” da condividere su momenti difficili della loro relazione e su ciò che hanno imparato.
Mettete per iscritto cosa cercate in un partner. Sfruttando le intuizioni raccolte durante il giro d’ascolto, create una job description in cui specificate l’esperienza, le competenze, i valori e i tratti caratteriali che cercate in un cofounder. Se avete già un candidato forte, la tentazione potrebbe essere quella di adattare la descrizione alla persona che avete in mente. Cercate invece di restare obiettivi, per evitare bias di conferma. Usate la job description come guida quando incontrate cofounder potenziali e aggiornatela strada facendo. Più candidati incontrerete, più riuscirete ad affinarla.
Se voi e altri state considerando di diventare cofondatori, create job description dei ruoli chiave (CEO, CTO, ecc.) utilizzando un esercizio di divergenza/convergenza. Nella fase divergente, ognuno scrive in autonomia le job description. Poi si condividono tutte (convergenza) e si discute delle diverse prospettive di partenza. Questo non solo aiuterà a definire meglio i ruoli, ma metterà in luce le aspettative e i punti di vista unici di ciascun cofounder e getterà le basi per la futura leadership dell’azienda.
Come parte dell’esercizio, discutete i ruoli che ciascuno ricoprirà. I titoli possono sembrare poco importanti all’inizio, ma chi ricopre quale ruolo diventerà sempre più rilevante (e potenzialmente fonte di attriti) via via che l’impresa inizierà ad assumere persone e a raccogliere capitali. In alcuni casi, sarà ovvio chi debba ricoprire i vari ruoli (la persona con un MBA diventa CEO, quella con competenze tecniche CTO). Anche in questi casi, è fondamentale discutere in modo schietto sugli obiettivi di ciascun partner e sul perché un determinato titolo abbia senso. Queste discussioni possono far emergere segnali d’allarme, ad esempio se un potenziale cofounder è spinto dall’ego e desidera un titolo che non corrisponde alla sua esperienza e alle sue competenze.
Infine, cercate di evitare la nomina di co-CEO: la mia esperienza dimostra che avere due persone al vertice crea spesso confusione tra dipendenti e investitori su chi abbia l’ultima parola nelle decisioni. Naturalmente, una struttura con co-CEO può anche funzionare bene: conosco team che ci sono riusciti senza problemi. L’importante è che non scartiate questa ipotesi solo per evitare una conversazione difficile su chi ha quali poteri decisionali e responsabilità. Quella conversazione prima o poi dovrà comunque avvenire e più a lungo la rimanderete più sarà complicata.
Scegliete una mezza dozzina di persone con cui “uscire”. Mentre cercate cofounder per colmare i gap nella vostra esperienza e competenza, è importante anche mettere alla prova la chimica che c’è tra voi. Sì, questo può significare “uscire” con più di una persona alla volta, ma alla fine sarete più sicuri di aver trovato il partner giusto. Le persone della vostra rete rappresentano un buon punto di partenza: la ricerca di Tamaseb ha rilevato che il 45% dei cofounder di unicorni si conosceva dai tempi della scuola o aveva già lavorato insieme. Tuttavia, solo perché eravate amici a scuola o colleghi di lavoro non significa che possiate saltare il corteggiamento da cofondatori. Avviare un’impresa con un ex collega o un amico di vecchia data è come passare dal frequentarsi all’andare a vivere insieme. Vi troverete a condividere responsabilità che probabilmente non avevate nelle relazioni precedenti. La posta in gioco è molto più alta e la vostra relazione sarà messa alla prova in modi nuovi.
Nella ricerca dei candidati, attivate la vostra rete sociale, chiedete raccomandazioni a potenziali investitori, parlate con ex professori e così via. Partecipate a conferenze, talk o altri eventi di settore, iscrivetevi a gruppi di interesse imprenditoriale e chiarite che siete alla ricerca di un cofounder. Condividete ampiamente la job description. Non è il momento di essere timidi. Mettetevi in gioco!
Mettete alla prova la relazione in diverse situazioni. Lavorare con un cofounder è simile a una relazione di lungo termine: la vita media di una start-up va dai sette ai dieci anni. Dovete accertarvi che il candidato sia emotivamente stabile e reagisca bene a situazioni nuove e allo stress.
Iniziate mettendo alla prova la relazione al di là di chiacchierate e incontri. Impegnatevi in attività che vi costringano a prendere decisioni insieme e vi permettano di osservare come il potenziale cofounder gestisce la competizione o la pressione esterna. Fate un viaggio in auto, provate una nuova attività, giocate a minigolf o cucinate insieme per un gruppo di amici. Queste esperienze possono aiutarvi a valutare quanto bene collaborate e se i vostri stili si completano. Ripetete questi test con ciascun candidato. Potreste scoprire che un candidato si stressa tanto quanto voi quando è in ritardo a un incontro, mentre un altro resta calmo. Quale sia più adatto a voi è una scelta completamente soggettiva: preferite qualcuno che bilanci il vostro stress o qualcuno che lo comprenda e lo condivida?
Oltre a questo, testate la relazione in situazioni di lavoro reali. Più del 75% dei cofounder che ho intervistato e le cui start-up erano attive da tre o più anni avevano svolto insieme attività esplorative prima di formalizzare la partnership. Queste attività includevano la costruzione di prototipi, interviste a clienti e presentazioni a potenziali investitori. Conoscere qualcuno a livello personale è una cosa, vedere come si comporta in un contesto aziendale ad alta pressione è un’altra.
Dipish Rai ha capito di aver trovato il cofounder giusto per Termgrid, un fornitore di software per i mercati del debito privato, quando, dopo ogni interazione con Vishal Singh, si sentiva più energico ed entusiasta in vista dell’attività successiva. Rai ha osservato: “Avviare un’impresa richiede un’energia sconfinata per trasformare un’idea in realtà, perciò è fondamentale scegliere cofounder che ti potenziano invece di prosciugarti.”
Durante questa fase, non lasciatevi distrarre troppo da azioni, titoli e cose simili. L’obiettivo è capire come lavorereste insieme. Facendo assieme sia attività personali che professionali, potrete farvi un’idea completa della personalità e dello stile lavorativo del vostro potenziale cofondatore (e di come collaborate in situazioni diverse). Questo vi aiuterà a decidere se portare avanti la partnership.
Affrontate conversazioni delicate. Una delle sessioni più popolari del mio corso alla Harvard Business School riguarda il rapporto delle persone con il denaro. I punti di vista possono variare in modo drastico e spesso affondano le radici in esperienze familiari o personali profonde, talvolta risalenti all'infanzia. Il modo in cui un potenziale partner vive il denaro incide direttamente su decisioni chiave come la raccolta di capitali, il pricing del prodotto, la gestione delle spese e la retribuzione dei dipendenti.
È inoltre importante parlare delle esperienze seminali vissute in lavori precedenti o durante gli studi, che influenzano l’atteggiamento che una persona ha verso la leadership, la cultura e il modo in cui i prodotti vengono progettati e sviluppati. Anche se queste conversazioni possono risultare scomode, sono un passo necessario per costruire una base solida in quella che sarà una vera e propria montagna russa da affrontare insieme. E non dovrebbero finire una volta che si è deciso di diventare cofounder: dovrebbero proseguire per tutta la durata dell’impresa, man mano che ciascun cofondatore e la relazione stessa evolvono.
Definite un accordo “prematrimoniale”. Una volta che vi sentite pronti a diventare cofounder, elaborate un accordo che includa dettagli come ruoli e responsabilità, ripartizione delle quote, calendari di maturazione, diritti di voto e proprietà intellettuale. Purtroppo, molti team evitano questo passaggio perché non vogliono introdurre tensioni in una relazione che si trova ancora in una fase embrionale.
Tuttavia, non avere un accordo prematrimoniale può rivelarsi costoso, dispendioso in termini di tempo, ed emotivamente gravoso se la relazione non funziona. Le cofondatrici della start-up di car sharing Zipcar, Robin Chase e Antje Danielson, hanno passato quasi due anni a litigare su ruoli, responsabilità e proprietà delle quote: tutti temi non chiariti durante il periodo di conoscenza né affrontati nell’accordo iniziale. Nonostante fosse stata Danielson ad avere l’idea originaria della start-up, venne licenziata da Chase, e solo due anni dopo anche Chase fu allontanata dal CDA. La loro quota nella società fu talmente diluita dai round successivi di finanziamento che, alla vendita dell’azienda ad Avis per poco meno di 500 milioni di dollari, entrambe ricevettero solo pagamenti modesti.
È importante trovare un accordo all’inizio, perché è molto difficile farlo una volta che l’impresa è già operativa. Inoltre, la conversazione “prematrimoniale” spesso fa emergere gli obiettivi e il carattere del potenziale partner. Proprio come una coppia che considera un impegno a lungo termine discute se entrambi vogliono avere dei figli, i cofounder dovrebbero parlare degli obiettivi che hanno e di come immaginano che i propri ruoli possano evolvere con la crescita dell’azienda. Durante una conversazione di questo tipo, due cofondatori con cui avevo lavorato avevano già definito ruoli e responsabilità quando scoprirono che uno dei due voleva uscire rapidamente per realizzare un guadagno veloce, mentre l’altro voleva costruire un’impresa a lungo termine con possibilità di IPO. Questo disallineamento li portò infine a decidere di non proseguire insieme.
La suddivisione delle quote può essere una parte spinosa dell’accordo, soprattutto se una persona ha avviato l’impresa e poi ha coinvolto un cofounder in un secondo momento. Le quote varieranno a seconda del momento, delle competenze e dell’esperienza. Per esempio, anche se avete già passato un anno a costruire la start-up da soli, potreste comunque decidere di dividere le quote 50/50 perché, senza un partner con competenze specifiche in un determinato ambito, l’impresa non potrà andare avanti. A volte, gli investitori richiedono una suddivisione non paritaria (per esempio, 49% e 51%) per evitare situazioni di stallo in momenti decisivi. Un calcolatore online per la ripartizione delle quote può aiutarvi a formulare delle ipotesi, ma valutate con attenzione la vostra relazione prima di seguire ciò che indica un calcolatore o vi suggeriscono gli investitori.
Incontrate i partner, le famiglie e gli amici dell’altra persona. Non solo questo permette di conoscere meglio il contesto personale e il carattere di ciascuno, ma aiuta anche le persone importanti della vostra vita a comprendere questa nuova relazione e a evitare di provare gelosia. Così, quando sarete svegli fino alle due del mattino a scrivervi con il vostro cofounder riguardo a un pitch o a come gestire un cliente, il vostro partner sarà più propenso a capirlo.
Se state considerando come cofondatore il vostro coniuge, un familiare o un amico stretto, sappiate che avviare insieme un’impresa porterà la vostra relazione a un livello completamente nuovo e in tempi molto rapidi. Può essere un’esperienza estremamente gratificante, ma anche mettere a dura prova il rapporto personale. Probabilmente, vi fiderete l’uno dell’altro più che di un estraneo, ma potreste anche avere un passato insieme che rende alcuni temi particolarmente delicati e carichi di emozioni. Ho visto team di cofounder formati da coniugi, parenti o amici avere grande successo, ma anche altri deteriorarsi in modo irreparabile per motivi legati alla loro storia personale. È molto difficile separare le questioni personali da quelle professionali, quindi non prendete questa decisione alla leggera. Valutate di affidarvi fin da subito a un coach specializzato nel supporto a cofounder con relazioni personali preesistenti. Le tensioni personali emergeranno e avere un supporto per affrontarle sarà cruciale per il successo nel lungo periodo.
Dopo il “sì”
Una volta trovato il partner ideale, è lì che inizia il lavoro vero e proprio. Una volta immersi nell’operatività, è facile dimenticare di coltivare la relazione. Senza confronti regolari e momenti di riallineamento, i team di cofounder possono scivolare nella gelosia e nel conflitto. Non solo i cofondatori stessi ne soffrono, ma la tensione può estendersi al resto del team e inviare segnali d’allarme agli investitori. Ecco alcuni modi per rafforzare il vostro team di cofounder:
· Fissate riunioni regolari tra cofounder (idealmente, due alla settimana) per discutere di strategia e direzione dell’azienda e per affrontare apertamente eventuali questioni relazionali.
· Passate del tempo insieme al di fuori del lavoro almeno una volta al mese per approfondire la fiducia e il legame personale. Questo è particolarmente importante se lavorate da remoto. Più profonda è la connessione, più facile sarà affrontare situazioni stressanti. Rispettate i confini, così da mantenere chiarezza nei processi decisionali ed evitare sovrapposizioni di ruoli.
· Assumete un coach che lavori sia individualmente con ciascuno di voi sia con il team di cofounder nel suo insieme. È molto più semplice affrontare le difficoltà con l’aiuto di un esperto quando i problemi sono ancora latenti, piuttosto che quando sono già esplosi.
Trovare il cofondatore giusto è un percorso che richiede pazienza, consapevolezza di sé e un approccio strutturato. Sebbene i cofondatori possano apportare competenze complementari, supporto emotivo e accesso al capitale, introducono anche complessità che possono essere difficili da gestire. Mantenere trasparenza, adattabilità e un impegno costante a coltivare la relazione sarà fondamentale per costruire una start-up resiliente e in crescita.
JULIA AUSTIN è docente senior al Rock Center for Entrepreneurship della Harvard Business School. È autrice di After the Idea: What It Really Takes to Create and Scale a Startup (Basic Venture, 2025), da cui è tratto questo articolo.