EDITORIALE

Campo largo

Enrico Sassoon

Settembre 2024

Campo largo

Imparare a valutare correttamente i rischi macroeconomici, come scrivono nel loro saggio gli economisti Philipp Carlsson-Szlezak e Paul Swartz, è diventata una necessità indiscutibile. Viviamo, infatti, tempi molto perturbati per una serie di motivi di crisi e, dunque, con effetti fortemente volatili. Il risultato è quello che ogni CEO porrebbe subito in cima alla lista dei problemi da risolvere: l’incertezza. In assenza di una sufficiente comprensione dello svolgere presente e futuro degli eventi, ci si trova sempre di più a prendere decisioni intaccate dall’incertezza e, dunque, sistematicamente subottimali o, nella peggiore delle ipotesi, del tutto sbagliate.

Il punto è che l’insufficiente comprensione è figlia dell’insufficiente dotazione di buone informazioni e madre dell’insicurezza e dell’incertezza oggi del tutto dominanti. Certo, ce n’è da vendere. Non solo i leader delle aziende, ma ogni professionista è sempre più alle prese con un quadro esterno difficile da decifrare. E non si tratta, palesemente, solo di leggere correttamente gli eventi economici e finanziari, nell’ottica di vedere in là di qualche mese o di qualche anno. È indispensabile avere una buona cognizione delle forze che determinano gli eventi politici globali che, per quanto lontani come l’Ucraina, il Medio Oriente o Taiwan, sono solidamente tra noi con i loro effetti. Ci dobbiamo chiedere se la lunga stagione di bassi o nulli tassi d’interesse sia conclusa o solo temporaneamente sospesa, perché da lì ne seguono calcoli ben diversi dei ritorni attesi degli investimenti. E, naturalmente, l’inflazione: non è esplosa, dopo una fiammata connessa alla crisi russo-ucraina, ed è complessivamente rientrata, ma i contrasti politici internazionali minacciano le rotte logistiche, evocano rincari micidiali delle materie prime, annunciano limitazioni commerciali, protezionismo e regionalizzazione. E poi, che fare dopo decenni di offshoring: tornare indietro con reshoring o friendshoring? Più sicuro, certo, ma i costi?

E poi il cambiamento climatico che genera regolamentazioni sempre più severe, riassetti del quadro competitivo, costi crescenti non sempre compensati da maggiori ricavi. Anche qui c’è un parente stretto ed è il quadro energetico che cambia a velocità crescente e fa intravvedere l’obiettivo della decarbonizzazione attraverso la compressione dell’uso delle fonti fossili a favore delle rinnovabili. La tendenza è certa, tempi, costi e modi per nulla. Facciamo i conti con variabili incerte e i risultati possono variare enormemente.

Si potrebbe continuare introducendo altre variabili come quella demografica, quella sanitaria e quella sociale, intesa come movimenti di popolazione e squilibri connessi, ma la conclusione è già ovvia. Occorre certamente seguire l’invito a considerare più attentamente il quadro macroeconomico e pesare previsioni e modelli con grande spirito critico, ma più importante ancora è mantenere una visione larga, che comprenda non solo i fattori macroeconomici ma anche quelli macropolitici e macrosociali. Significa anche che la microeconomia e l’economia della gestione dell’impresa si devono coniugare con le grandi visioni economico-finanziarie per comporre uno schema realistico nel quale immergersi per prendere le decisioni corrette.

Come scrivono Carlsson-Szlezak e Swartz, gli executive hanno il compito di affinare la propria sensibilità e usarla per vedere al di là dei titoli dei giornali e dei social, per identificare le principali narrazioni causali e, soprattutto, per fare le scelte più corrette. Un lavoro pesante e complesso, ma necessario.

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