EDITORIALE

Lo spostamento degli assi strategici

Enrico Sassoon

Settembre 2023

Lo spostamento degli assi strategici

TRE SONO OGGI gli snodi cui ogni impresa deve guardare con estrema attenzione: l’evoluzione dei conflitti di vasta portata in atto, perché la geopolitica impatta direttamente e fortemente sulla geoeconomia e, dunque, sulle scelte operative e strategiche di ogni azienda; il cambiamento climatico, perché le azioni di contrasto, sempre più necessarie, passano attraverso investimenti importanti e costosi e devono, perdipiù, fare i conti con i nuovi scenari della transizione energetica; e la tecnologia, perché la rivoluzione in atto dell’intelligenza artificiale, specie quella generativa, si rivela ogni giorno di più il singolo fattore di cambiamento più incidente, non solo nel medio e lungo termine, ma anche nel breve.

Tenere conto contemporaneamente degli sviluppi relativi a questi tre snodi non è facile perché occorre riuscire in un esercizio da sempre molto complesso: guardare agli obiettivi e ai risultati di lungo termine senza compromettere obiettivi e risultati del breve. In uno scenario globale che non solo è volatile e incerto, ma spesso ambiguo e imprevedibile, non basta barcamenarsi e sperare per il meglio, ma occorre impostare la strategia in modo che si sviluppi razionalmente lungo scenari ragionevoli. Spesso, su Harvard Business Review Italia, insistiamo sulla necessità di guardare al futuro con tecniche avanzate di foresight (ne è la base il nostro rapporto annuale Macrotrends) e, una volta di più, è bene tornare sul tema. Non tutte le aziende, né tantomeno tutti i leader, possono o si devono produrre nell’esercizio di foresight, ma è indispensabile che l’analisi delle opzioni future entri, magari utilizzando chi il foresight lo fa di mestiere, stabilmente nell’ottica strategica di ogni impresa, anche quelle di minore dimensione.

In questo numero, pur senza utilizzare il termine foresight, anche l’eccellente articolo di Reeves, Moldoveanu e Job invita i leader d’impresa a cambiare ottica. Questi autori introducono una nuova espressione, opzionalità radicale, con cui sollecitano le imprese a guardare con continuità alle differenti scelte possibili e i loro leader a sviluppare la capacità di essere “ambidestri”, sforzandosi di coniugare obiettivi di breve termine con quelli di più lungo periodo. Poiché il mondo di domani sarà molto diverso da quello di oggi, è vitale comprendere che strategie basate sull’adattamento alle circostanze non bastano più. Reagire agli eventi significa essere sistematicamente in ritardo. Occorre invece stabilire a priori quali opzioni si possono dare nelle diverse circostanze future in modo da poter agire proattivamente e tempestivamente.

Raggiungere l'opzionalità radicale richiede di rompere, piuttosto che ottimizzare, il presunto compromesso contenuto nell’essere ambidestri esplorando nuove opzioni (exploring) mentre si sfruttano le occasioni presenti (exploiting). Le aziende dovranno raggiungere quella che si potrebbe chiamare "polidestrezza", ovvero la capacità di sfruttare i vantaggi esistenti nei mercati attuali mentre si muovono verso molteplici e potenziali scenari futuri ancora ignoti.

Sempre seguendo questa logica di movimento e anticipazione, altre due strade si rivelano strategicamente prioritarie: la prima è quella del passaggio da una segmentazione di massa del mercato a una personalizzazione di massa. È un’idea già presente, poiché da tempo la tecnologia ha consentito questo sviluppo che significa poter tenere conto economicamente non solo di aggregazioni di clienti ma singolarmente, o quasi, di ogni cliente. L’elemento nuovo è costituito non solo dalla possibilità di utilizzare piattaforme digitali straordinariamente potenti, come Amazon e altre, per sfruttare la “coda lunga”, ma anche di utilizzare strumenti sempre più sofisticati di intelligenza artificiale per soddisfare aspettative e desideri del mercato.

Infine, ed è la seconda strada prioritaria, è sempre più vantaggioso passare da una logica di impresa “stand-alone” a impresa operante in un ecosistema di altre imprese con estensioni orizzontali e verticali. Così come è spesso più conveniente spostare l’asse dalla proprietà al possesso, ossia, per esempio, dal detenere beni strumentali per la produzione all’utilizzo degli stessi beni solo per il periodo necessario senza necessariamente acquistarli (servitizzazione), allo stesso modo è ormai più importante far parte di una rete d’impresa collaborativa, in una logica di open innovation, che detenere da soli un vantaggio competitivo accentuato nel breve, ma a rischio nel lungo termine.

Si tratta di una serie di spostamenti del baricentro competitivo strategico che riguarda ogni impresa e che è determinata dai grandi fattori di cambiamento menzionati, ed è dunque bene tenerne conto.

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