RISORSE UMANE
Il Report 2023 dell’Osservatorio Zucchetti HR offre una fotografia dinamica della funzione risorse umane che appare in forte crescita, sia per la capacità di rispondere alle mutate esigenze delle imprese e dei lavoratori, sia per le competenze possedute e per la padronanza delle tecnologie abilitanti
Paolo Iacci
Settembre 2023
È un’indagine a tutto tondo, che coglie in modo puntuale le principali tendenze nel mondo del lavoro attuali e prospettiche, a cavallo tra lavoro ibrido, tecnologie avanzate, gestione dei talenti e attenzione alla sostenibilità. Si tratta dell’ultimo report dell’Osservatorio Zucchetti HR 2023, giunto quest’anno alla terza edizione e idealmente dedicato a quella che l’azienda di software chiama la Human Revolution.
Il titolo definisce bene le linee guida su cui muove il rapporto: Numeri, sfide e obiettivi delle Direzioni HR italiane tra Digitale e Human Revolution. Rispetto all’edizione precedente, qui si è voluto dedicare una particolare attenzione all’analisi dei processi che caratterizzano, e sempre più caratterizzeranno, la funzione HR e alle tecnologie a loro supporto, cercando di indagare non solo le priorità da perseguire, ma anche la loro effettiva possibilità di implementazione (figura 1).
La prima cosa che colpisce nella survey è l’ampiezza del campione (figura 2). Sono stati coinvolti più di mille professionisti delle risorse umane, in rappresentanza di altrettante aziende, con una buona trasversalità sia per settore merceologico, sia per provenienza geografica, sia, ancora, per grandezza dell’impresa. L’ampiezza delle tematiche affrontate e la profondità dei contenuti che emergono dal rapporto ne fanno una lettura utile per chi si occupa, a vario titolo, di persone nelle organizzazioni.
L’organizzazione ibrida
Il primo elemento che emerge dal Report riguarda il tema dello smart working. L’edizione 2022 evidenziava una prima, comprensibile, reazione di repulsione a un modello di lavoro da remoto imposto dall’emergenza pandemica. Questa edizione evidenzia, invece, un trend più equilibrato tra chi continua a chiedere un lavoro svolto solo da remoto e chi, al contrario, vorrebbe tornare alla situazione ex ante. Il lavoro ibrido si sta attestando nella maggioranza delle imprese: queste stanno cercando di mediare tra le diverse richieste e di cogliere i benefici di entrambi i modelli. Il 49% delle imprese sopra i 20 dipendenti dichiara di aver ripensato gli spazi aziendali (o ha intenzione di farlo a breve) per favorire nuove forme di collaborazione e di remote working. I risparmi, sia da parte delle imprese sia da parte dei singoli lavoratori, sono evidenti. Con queste forme intermedie di lavoro (in parte in presenza, in parte da remoto) si cerca di salvaguardare l’impresa come comunità operante, con le sue dinamiche di collaborazione e confronto operativo.
Desiderio di autonomia
Il nuovo secolo, sempre più caratterizzato dal progresso tecnologico e dalle fantastiche possibilità di interconnessione planetaria grazie alla rete, nasce con un desiderio di felicità e un’urgenza di senso che irrompe prima nella società civile e oggi anche nei luoghi di lavoro. La pandemia ha spinto la grande maggioranza delle persone a riflettere sulla propria vita e a ridefinirne le priorità. La salute, la famiglia, gli affetti e la serenità personale vengono oggi considerati molto più importanti del semplice successo lavorativo fine a sé stesso. Si è abbassata la soglia di tolleranza verso una vita che non rende felici, a partire dalla dimensione professionale e molti si stanno ritraendo da un mondo del lavoro che si sta mostrando ancora troppo poco attento alle necessità del singolo.
Dal Report Zucchetti emerge questo desiderio di autonomia, benessere generalizzato e realizzazione individuale. In questi ultimi anni abbiamo assistito sia al fenomeno delle grandi dimissioni, con un incremento di un milione di fuoriuscite aggiuntive rispetto alla media annuale, sia all’emergere di un senso di malessere generalizzato e di estraniamento del lavoratore dalla propria azienda e dal lavoro come mezzo di espressione di sé.
A questi fenomeni le imprese stanno reagendo con una rinnovata attenzione alle azioni di welfare, fringe benefit e/o integrazione del reddito, già intrapreso o in definizione nel 73% delle aziende, con punte dell’82% tra le grandi imprese. Su questo tema si registra una forte accelerazione sui segmenti delle PMI (+13% sul 2022) e delle medie imprese (+12% sul 2022).
Di fronte a una demotivazione generalizzata si sta però cercando di reagire agendo sui fattori estrinseci della motivazione, piuttosto che sulle leve intrinseche. Ciò sembra avere effetto più sul senso di soddisfazione strumentale che non sul senso di motivazione ed engagement. Ne consegue che così tanti sforzi aziendali per ora non stanno sortendo gli effetti desiderati. Si parla infatti ormai sempre più di un burnout globale, che in parte viene riflesso anche nel rapporto, laddove si evidenzia che il 46% delle grandi imprese hanno attivato lo sportello psicologico o altre azioni di riequilibrio vita – lavoro.
Nuove priorità
In linea con alcuni elementi già evidenziati fin qui, le priorità di breve periodo (figura 3) percepite dai rispondenti sono risultate essere le seguenti:
- Aumento della produttività (66% dei rispondenti l’hanno indicata al primo o secondo posto)
- Engagement & Retention (52%)
- Employer Branding & Attraction (49%)
- Diversity, Equity & Inclusion (32%)
Se l’incremento della produttività e la centralità della competitività aziendale sono trasversalmente gli elementi prioritari per la grande maggioranza delle imprese, in linea anche con le indicazioni della precedente edizione, il tema dell’employer branding viene segnalato come particolarmente critico in alcuni settori per via del forte mismatch professionale che, in taluni comparti, sta determinando un impatto diretto sulla capacità produttiva e sul livello di servizio offerto dalle aziende. Addirittura, nella media impresa il tema del mismatch tra domanda e offerta di lavoro appare come il fattore maggiormente frenante lo sviluppo dell’impresa. Comprensibilmente, invece, nelle PMI il tema del coinvolgimento e della motivazione delle persone è vissuto come meno problematico.
Il contributo della tecnologia
Il Report 2023 mostra una costante crescita dei livelli di digitalizzazione nella funzione HR rispetto a quanto già evidenziato nelle precedenti edizioni, a conferma di un trend ormai generalizzato in questo senso. Dal rapporto emerge con chiarezza l’importanza della digitalizzazione. Questa riesce ad aumentare la produttività, a rendere le imprese più competitive sul mercato e più attrattive sul mercato del lavoro. Ne consegue che anche una funzione HR più digitale appare più credibile al suo interno, fornisce un miglior servizio a prezzi più contenuti e tende quindi a essere percepita con maggior favore anche all’interno della stessa impresa. Il report evidenzia i più alti livelli di digitalizzazione nei seguenti ambiti dell’HR:
- dematerializzazione dei documenti del personale
- sportello virtuale per i lavoratori
- e-learning
- budget e controllo costi
A queste prime quattro aree si stanno affiancando anche due nuovi processi:
- onboarding dei neoassunti
- salute e sicurezza
Le PMI, in questa fase, sono particolarmente attive per minimizzare il gap con le imprese più grandi. Per fare questo salto, già in parte in atto, hanno però bisogno di soluzioni semplici, pensate appositamente per le loro necessità.
Sostenibilità e risorse umane
Secondo quanto evidenziato dal rapporto 2023, il 70% dei responsabili del personale ritiene che la sostenibilità (figura 4) stia influenzando sempre più anche la gestione delle risorse umane. In realtà il dato andrebbe meglio compreso. Fino ad oggi la sostenibilità è stata per lo più affrontata come tema ambientale o come elemento necessario alla redazione della Dichiarazione non finanziaria a integrazione del Bilancio di esercizio. Molti forniscono dati al management, alcuni stanno provando a mettere direttamente mano al Bilancio di sostenibilità. La sensazione che emerge da molte ricerche, però, è che gli HR per ora siano subalterni ai CFO o alla Compliance. Il Report Zucchetti 2023 su questo punto sembra dare elementi di maggior ottimismo: il 66% dei rispondenti dichiara di redigere già il bilancio di sostenibilità (o di stare attrezzandosi per farlo). Su questo aspetto solo il tempo ci saprà dire quanto l’indagine riesca a cogliere nel segno rispetto ad altre ricerche più pessimistiche. È però sicuramente vero che il livello di digitalizzazione possa costituire un fattore di accelerazione per un maggior coinvolgimento della funzione nel raggiungere gli obiettivi ESG dell’impresa. Come giustamente nota il Report, «la sostenibilità può diventare già oggi un paradigma fondamentale per ogni azienda, sia essa sottoposta o meno agli obblighi ESG, che mette insieme i tre filoni che caratterizzano il ruolo attivo dell’HR: il benessere del personale, la digitalizzazione dei processi e la possibilità di incidere direttamente sul business».
Talent Management e comunicazione interna
Il 49% delle imprese rispondenti (il 58% delle grandi imprese) dichiara di aver introdotto meccanismi di apprendimento continuo tramite e-learning o pillole formative su App, con una crescita del 7% rispetto a quanto si era verificato lo scorso anno. Nelle imprese, le singole persone sono sempre più responsabilizzate sui loro piani di sviluppo e quindi anche nell’attivazione delle attività di formazione. Perché questo avvenga è necessario che anche la formazione assuma forme più coinvolgenti e un linguaggio più attrattivo: dal report emerge, infatti, che il 24% delle imprese già adotta logiche di gamification, percentuale che arriva al 36% nelle imprese più grandi. Si tratta di un trend in continua crescita, supportato da un mercato che offre sempre più opportunità in tal senso, in previsione anche delle importanti operazioni di upskilling e reskilling che attendono le imprese nei prossimi anni.
A proposito di aggiornamento delle skill possedute, il 34% delle aziende intervistate ha da poco svolto un assessment per individuare i gap di competenze, con particolare attenzione a quelle cosiddette soft, e un altro 11% dichiara di volerlo fare a breve. È evidente il focus su questo tema da parte delle imprese per stare al passo sia con le nuove tecnologie, sia con la crescente complessità organizzativa e dei mercati. Il recente Salone nazionale della Formazione ha confermato le tendenze evidenziate dal Report, con un incremento delle ore di formazione erogate dalle imprese, svolte sempre più spesso con modalità ibride e un linguaggio più coinvolgente anche sul versante emotivo.
Le attività di formazione svolgono non solo un ruolo di upskilling, ma anche di coinvolgimento e di accrescimento del livello di benessere organizzativo percepito. Questo sempre più spesso viene indagato da analisi di clima o da altri strumenti di monitoraggio. Il 58% delle imprese dichiara di essere periodicamente impegnata in quest’attività diagnostica, con una punta del 65% nelle grandi imprese. In prospettiva, è lecito attendersi strumenti sempre più agili e sofisticati e, di conseguenza, anche attività di monitoraggio più estese e costanti nel tempo.
L’obiettivo è supervisionare con sempre maggiore attenzione tutte le fasi dell’employee journey. Da un lato, infatti, stiamo assistendo a strategie di recruiting sempre più sofisticate, dall’employer branding alle piattaforme tecnologiche di ricerca del candidato (le cosiddette piattaforme ATS – Applicant Tracking System), che introducono funzioni di intelligenza artificiale per la raccolta e lettura dei CV. Dall’altro, stiamo assistendo alla standardizzazione e digitalizzazione dei sistemi di onboarding e inserimento dei neo-assunti (firme, welcome page, iter per le dotazioni): lo evidenziano il 43% delle grandi imprese e, a sorpresa, anche il 36% delle PMI. A questi sistemi si affianca la digitalizzazione anche dei processi approvativi condivisi, i portali di benvenuto e la dematerializzazione dei documenti e dei relativi processi di autorizzazione. In particolare, su quest’ultimo aspetto si registra un 67% dei rispondenti che hanno già ultimato, o almeno attivato, processi di gestione documentale e dematerializzazione dei documenti, con un +23% rispetto a quanto emerso nel 2022.
In linea con quanto fin qui evidenziato, il 54% delle imprese ha introdotto (o sta per farlo) un’App per comunicare con i collaboratori.
Un ambito in cui le aziende sembrano avere ancora margini di miglioramento è l’organizzazione di una comunicazione bidirezionale con il proprio personale: solo il 25% delle grandi imprese ha attivato uno sportello virtuale per le richieste dei dipendenti all’ufficio HR, con la possibilità di attivare risposte automatiche. Una nuova spinta per il supporto al personale potrebbe arrivare dalla diffusione di chatbot e strumenti conversazionali, già oggi reperibili sul mercato.
Mobility management
Il benessere del collaboratore non è più circoscritto al solo luogo fisico di lavoro: favorire una migliore esperienza di mobilità diventa un importante strumento di welfare, in grado di ridurre stress, costi di spostamento e fattori di disturbo alla normale attività lavorativa. Le imprese, inoltre, devono ottemperare ai nuovi obblighi relativi al mobility management: le aziende con singole unità locali con più di cento dipendenti ubicate in grandi centri abitati devono nominare un mobility manager aziendale e devono redigere ogni anno un Piano degli Spostamenti Casa – Lavoro (PSCL). Di conseguenza molti uffici HR (37%) sono stati coinvolti nell’analisi sulle abitudini di spostamento casa – lavoro dei propri collaboratori.
È lecito attendersi per i prossimi anni un incremento delle attività in quest’ambito, con una più attenta e regolare raccolta e analisi dei dati e con la redazione di piani sempre più completi, integrati con la gestione del parco mezzi aziendali, l’incentivazione del car pooling e l’instaurazione di sistemi premianti per favorire dei comportamenti virtuosi da parte di tutto l’organico aziendale (figura 5).
Salute e sicurezza
Il mobility management costituirà sempre più spesso parte integrante delle attività di sostenibilità aziendale e, più specificamente, dei piani di salute e sicurezza. Come era logico attendersi, questo tema continua ad essere uno dei punti focali per le Direzioni HR. Anche su questo versante si registra una spinta alla digitalizzazione: il 66% delle imprese ha introdotto, o sta per introdurre, un sistema informatizzato per una migliore gestione delle attività previste e per un più attento monitoraggio delle situazioni a rischio. In particolare, il 93% delle grandi imprese ha implementato (o sta per farlo) sistemi per la segnalazione dei mancati infortuni e il miglioramento dei processi di salute e sicurezza. Vi sono, quindi, chiari segnali che vanno verso la costituzione di una più matura cultura della sicurezza, più avanzata nelle grandi aziende, ma in forte crescita anche nelle PMI.
Il Report 2023 dell’Osservatorio Zucchetti HR ci restituisce, dunque, una fotografia dinamica della funzione HR in forte crescita, sia per la capacità di rispondere alle mutate esigenze delle imprese e dei lavoratori, sia per le competenze possedute e per la padronanza delle tecnologie funzionali a una concreta attuazione dei processi di miglioramento da cui le imprese sono investite. Segnali, quindi, molto positivi malgrado le turbolenze passate e quelle che ancora ci attendono.
Paolo Iacci, Presidente Eca, Università statale di Milano