SPECIALE / STRATEGIA
I leader non sono quasi mai in grado di coniugare rigore empirico e pensiero strategico. Ecco come potrebbero migliorare su questo fronte.
A. G. Lafley, Roger L. Martin, Jan W. Rivkin e Nicolaj Siggelkow
Settembre 2012
Chi effettua la pianificazione strategica si fa vanto del proprio rigore. Le strategie dovrebbero essere guidate dai numeri e da un’analisi approfondita, senza venire inquinate da pregiudizi, valutazioni soggettive od opinioni. Più estesi sono i fogli elettronici, più fiducia ha l’organizzazione nel proprio processo strategico. Tutti quei numeri, e tutte quelle analisi, appaiono scientifici – e nel mondo di oggi, “scientifico” è sinonimo di “buono”.
Ma se è così, perché in quasi tutte le aziende medio-grandi i manager operativi detestano il rito della pianificazione strategica annuale? Perché porta via così tanto tempo e ha un impatto così scarso sulle attività dell’azienda? Parlate con quei manager e scoprirete quasi certamente una frustrazione più profonda: la sensazione che la pianificazione strategica non produca strategie innovative, limitandosi invece a perpetuare lo status quo. Una reazione assai comune è diventare apertamente antiscientifici – liberarsi dalle catene del macinare numeri in modo organizzato e ricorrer
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