LEADERSHIP

Leader che creano altri leader

Una leadership capace, decisa e popolare sarà in grado di ottenere dai collaboratori prestazioni che una guida priva di queste qualità non potrà mai raggiungere

Maurizio Milan, Salvatore Santangelo

Ottobre 2025

Leader che creano altri leader

 

È paradossale che, in un’epoca di estrema personalizzazione per le imprese e la politica, emerga invece una tendenza a sottovalutare l’impatto dei singoli sulle complesse dinamiche organizzative.

L’intento di queste righe è proprio quello di riflettere sul significato della leadership oggi di fronte alla complessità e alla molteplicità delle crisi che caratterizzano il nostro tempo. Queste crisi hanno assunto un’importanza analitica fondamentale nel comprendere il frattale che si sta delineando, influenzato da fattori socioeconomici, geopolitici e ambientali.

La storia e la sociologia hanno a lungo esaminato il valore e l’impatto dei leader sugli eventi, interrogandosi su quanto influiscano le circostanze rispetto alla volontà umana. Un esempio pertinente è l’opera di Plutarco, che, attraverso la logica delle vite parallele, evidenzia proprio il valore dei grandi uomini e il loro ruolo nell’evoluzione della storia. A differenza di Voltaire e Diderot, per i quali tutto dipendeva dal grado di illuminazione del leader, in Herder emerge in primo piano lo spirito del popolo, che deve corrispondere alla personalità del leader. In questa visione protoromantica, i primi passi culturali di tutte le organizzazioni umane, e in primis delle nazioni, non avverrebbero grazie a influenze esterne, ma solo grazie al risveglio delle forze interne. L’etica e l’estetica dei popoli, la loro percezione del vero, del bene e del bello, costituirebbero caratteristiche originali e distintive.

 

I caratteri della leadership

Una sintesi adeguata potrebbe essere: la storia è guidata dall’interazione tra geopolitica, istituzioni e ideologie, ma occorrono leader – agenti storici – affinché tutto si metta in movimento. Ma quali caratteristiche deve avere questa leadership? Mutuare esempi dal mondo bellico, anche se di moda nel contesto manageriale (pensiamo al successo di opere come L’arte della guerra o Il libro dei cinque anelli), rischia di essere fuorviante, poiché il primo modello ha a che fare con la distruzione del nemico, mentre il secondo con la creazione di valore. Tuttavia, considerando la capacità di orientarsi e guidare un gruppo o un’organizzazione in un mondo incerto, possono valere alcune considerazioni:

  1. Leader come direttore d’orchestra: l’arte operativa è molto simile alla direzione di un’orchestra. L’importanza di quando e per quanto tempo uno strumento suona è pari a quella della posizione del musicista. Un leader è il direttore d’orchestra del suo gruppo e deve avere la capacità di sequenziare gli eventi.
  2. Gestire il caos: i mercati, sempre più esposti all’incertezza, sono luoghi intrinsecamente caotici. Parte dell’arte del comando consiste nel prepararsi e reagire all’imprevisto. Strategia, visione e, soprattutto, esecuzione dovrebbero sempre confrontarsi con un elemento di incertezza.
  3. L’illusione della forza: la dimensione non è sempre il miglior indicatore della forza di un’organizzazione. Rimanendo nella metafora militare, le approssimazioni a valore singolo delle capacità di combattimento sono intrinsecamente fuorvianti. Le unità possiedono una varietà di capacità di combattimento, molte delle quali non sono correlate alla loro dimensione e possono essere attivate solo in condizioni specifiche. Quando il comando e il controllo o la logistica si rompono, queste capacità si degradano a ritmi diversi. Guardare solo a una forza d’attacco sulla scacchiera non dovrebbe dirci cosa può fare un’unità sul campo di battaglia scelto; la dimensione non dovrebbe dirci molto di più su di essa se non quanto spazio occupa.
  4. Il controllo è tutto: avere risorse e utilizzarle sono due cose diverse. Non importa quanti uomini o risorse si abbiano; se non si riesce a farli muovere nella direzione giusta o a puntarli verso l’obiettivo corretto, è come se non si avessero affatto. Controllare gli asset e integrarli in un piano coerente è più difficile di quanto sembri. Organizzazioni diverse hanno capacità di comando e controllo altrettanto diverse.

Quindi, quali caratteristiche dovrebbe avere questo leader? Una leadership capace, decisa e popolare sarà in grado di ottenere dalle donne e dagli uomini al suo comando prestazioni che una guida priva di queste qualità non potrà mai raggiungere. I fattori essenziali possono essere così riassunti:

  1. Abilità strategica: un leader deve essere capace di apprezzare e vedere il quadro strategico globale e lavorare su questa impalcatura.
  2. Abilità tattica: un CEO deve possedere l’abilità di combinare armoniosamente gli asset sotto la sua responsabilità, saper giudicare il momento giusto per lanciare un assalto o, in caso di difficoltà, il momento giusto per ritirarsi.
  3. Decisione: insieme alla decisione, è necessario considerare anche l’impetuosità e la cautela, pioché la maggior parte dei leader avrà entrambe. Ciò ci porta a sei combinazioni: deciso ma impetuoso; deciso e freddo; deciso con cautela; indeciso ma impetuoso; indeciso e cauto. I comandanti decisi reagiranno rapidamente ai cambiamenti, mentre gli indecisi lo faranno più lentamente. Queste diverse combinazioni dovrebbero essere considerate come autoanalisi, lettura degli alleati o competitor, o nei momenti in cui si devono assegnare ruoli o consentire l’accesso a determinate posizioni. Altri fattori da considerare includono: coraggio personale, audacia, perseveranza, interesse per il benessere del personale e abilità nel cooperare con altri leader.

Adesso proviamo a far evolvere questa riflessione rendendola più pregnante per il mondo imprenditoriale.

 

Gestire la complessità

La leadership contemporanea si confronta, come detto all’inizio, con scenari globali di crescente complessità: tecnologie dirompenti come l’intelligenza artificiale, filiere geopolitiche instabili, pressanti richieste di sostenibilità e un ritmo di cambiamento che sfida i modelli organizzativi tradizionali. In questo contesto, selezionare leader solo sulla base del passato non basta più. Serve la capacità di pensare, di creare senso e di guidare attraverso l’incertezza.

Una chiave di lettura per comprendere la leadership contemporanea è che oggi le organizzazioni si comportano come sistemi complessi adattivi. Ciò significa che non sono macchine da controllare, ma ecosistemi dinamici che evolvono attraverso interazioni continue. Piccoli cambiamenti in un punto possono generare effetti significativi altrove; il compito del leader non è prevedere tutto, ma favorire connessioni e capacità di adattamento.

Un altro concetto chiave è la leadership trasformazionale. Non basta gestire processi o risorse: un leader contemporaneo deve saper ispirare una visione, motivare le persone e trasformare la cultura organizzativa. Questo tipo di leadership non si limita a garantire prestazioni a breve termine, ma genera energia collettiva, senso di scopo e impegno che vanno oltre una logica transazionale.

La vera sfida non è più chiedersi cosa un leader ha fatto, ma come pensa. Il curriculum può essere una risorsa, ma non basta: il futuro appartiene a chi sa interpretare la complessità e trasformarla in visione e azione.

Sergio Marchionne dimostra bene questa verità. Non aveva esperienza diretta nell’automotive, ma seppe immaginare la fusione con Chrysler come atto strategico radicale. Una scelta che cambiò il destino di Fiat. Anche Marco Bizzarri, alla guida di Gucci, non fu scelto per la linearità del suo percorso, ma per la capacità di pensare diversamente. La sua decisione di affidarsi alla visione creativa di Alessandro Michele ha rilanciato un brand globale. Satya Nadella ha trasformato Microsoft non guardando al passato, ma immaginando il futuro: puntare sul cloud e su un nuovo disegno organizzativo fortemente ancorato al purpose e alla cultura aziendale. Allo stesso modo, Jensen Huang ha anticipato i tempi con NVIDIA, riconoscendo il potenziale delle GPU per l’intelligenza artificiale. Questi leader hanno dimostrato che la strategia è prima di tutto un atto creativo.

 

La leadership contemporanea

  1. Sensemaking: il leader contemporaneo costruisce significati più che semplici decisioni. Il sensemaking è la capacità di orientarsi in scenari incerti, riconoscendo segnali deboli e collegando informazioni frammentarie. Non si tratta di avere la mappa perfetta, ma di aggiornare continuamente la rotta, creando fiducia nelle persone e riducendo l’ansia dell’incertezza.
  2. Leadership adattiva: guidare in tempi complessi significa affrontare conflitti e resistenze. La leadership adattativa crea spazi sicuri in cui le persone possono esplorare nuove soluzioni senza sentirsi paralizzate dal rischio. Non fornisce risposte già pronte, ma facilita processi di apprendimento collettivo, aiutando l’organizzazione a evolvere.
  3. Ambidestria organizzativa: Una caratteristica cruciale è la capacità di mantenere due logiche in equilibrio: da un lato, sfruttare con efficienza il core business e, dall’altro, esplorare nuove opportunità. Il leader contemporaneo deve accettare i paradossi e guidare le persone nella convivenza di stabilità e innovazione.
  4. Sicurezza psicologica: nessuna organizzazione può innovare senza la libertà di fare domande, proporre idee e anche commettere errori. La sicurezza psicologica è la condizione che permette ai team di apprendere velocemente e di osare. Non è un invito alla superficialità, ma la costruzione di un contesto in cui responsabilità e fiducia convivono.
  5. Leadership umanocentrica: le trasformazioni hanno successo solo quando mettono al centro le persone. Una leadership centrata sull’umano implica ascolto, scopo condiviso, cura dei talenti e attenzione alla crescita individuale. Questo approccio genera appartenenza e rende sostenibili i cambiamenti nel tempo.

 

La leadership factory di McKinsey

McKinsey propone il concetto di leadership factory per sottolineare che la leadership non può più essere affidata al caso o al talento individuale. Deve essere costruita come un sistema scalabile e integrato, una vera e propria infrastruttura organizzativa. A differenza dei programmi di leadership tradizionali, limitati a pochi individui, la factory lavora su scala ampia, creando una pipeline continua di leader pronti a guidare nella complessità. Le quattro direttrici principali sono presentate come un percorso integrato:

  1. Coinvolgimento diretto del CEO: la sponsorship ai massimi livelli è fondamentale; quando il CEO guida lo sviluppo della leadership, il messaggio diventa chiaro e strategico.
  2. Definizione dei tratti distintivi: ogni azienda deve stabilire quali caratteristiche vuole coltivare, in coerenza con la propria identità e vision di lungo periodo.
  3. Scalabilità: lo sviluppo della leadership deve estendersi a tutta l’organizzazione, includendo formazione, coaching ed esperienze concrete per creare una cultura diffusa e condivisa.
  4. Metriche e monitoraggio: la leadership va trattata come un investimento: servono indicatori chiari per valutare l’impatto delle iniziative e il loro legame con i risultati di lungo termine.

In questa prospettiva, la leadership factory diventa un patrimonio collettivo da coltivare, riducendo il rischio di dipendere da pochi leader carismatici e rafforzando la resilienza complessiva dell’organizzazione.

La cultura è il campo in cui queste dinamiche prendono forma. Ogni scelta di un leader comunica cosa è possibile e cosa non lo è. Le aziende che investono in fiducia, responsabilità e apprendimento continuo creano contesti in cui la leadership si diffonde in modo naturale.

Il futuro della leadership non sarà deciso da chi ha accumulato titoli, ma da chi saprà pensare meglio. La domanda da porsi non è più “che cosa ha fatto questa persona?”, ma “come pensa?”.

In fondo, il vero senso della leadership è creare altri leader, tenendo presente il monito di Ernst Jünger, soldato dei reparti d’assalto, scrittore e testimone del secolo: “Molti grandi finiscono per ritrovarsi soli o con pochi fedeli seguaci che non possono più aiutarli: anche loro sono soli”.

 

Maurizio Milan è Presidente Nazionale di AIF - Associazione Italiana Formatori.
Salvatore Santangelo è Dirigente Area Comunicazione Omnicanale e Content Management INPS.

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