EDITORIALE

Il grande (dis)ordine globale

Enrico Sassoon

Ottobre 2022

Il grande (dis)ordine globale

Solo negli ultimi due anni: la pandemia con i lockdown e il crollo dei consumi; lo sconvolgimento delle catene globali di fornitura; la carenza di prodotti di base, di semilavorati e di componenti; il rincaro delle materie prime; l’esplosione dei prezzi dell’energia, gas in testa; il risorgere dell’inflazione; l’aumento dei tassi d’interesse; il crollo dei mercati azionari; le progressive chiusure protezionistiche; l’affermazione del lavoro ibrido e le connesse ristrutturazioni organizzative; le grandi dimissioni.

Gestire un’impresa è diventato un compito che richiede nervi saldi e molta, molta capacità di resilienza. È evidente che si è rafforzato il legame, in altri periodi certamente più lasco, tra i grandi avvenimenti geopolitici e l’andamento dell’economia, con ripercussioni sulla strategia e la gestione delle imprese. Non si tratta solo della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Gli esperti di geopolitica sapevano che ci sarebbe stata, ma per la stragrande maggioranza delle persone, e dunque per la stragrande maggioranza delle imprese, è stata un fulmine a ciel sereno. L’altro punto iper-caldo del mondo è il Mar Cinese Meridionale, là dove si affacciano Cina, Taiwan, Corea, Malaysia, Filippine, ma anche, sia pure più distanti, Australia e Nuova Zelanda. In quell’area le tensioni politiche sono al massimo livello poiché Stati Uniti e Cina si confrontano già sotto il profilo militare. E sono molti i libri di esperti di geopolitica che ritengono inevitabile lo scontro in quell’area.

Come nel caso della Russia nello scacchiere europeo, anche in quell’angolo del mondo si possono determinare conseguenze catastrofiche per la vita economica e la capacità delle imprese di funzionare adeguatamente, come dimostra la vicenda dei semi-conduttori. E questi sono solo i conflitti maggiori, che prendiamo qui come esempio, ma sarebbe grave dimenticarsi di molti altri che attraversano prima di tutto il Medio Oriente, poi l’Africa e l’America Latina. Di tutto questo un manager consapevole deve sempre più tenere conto. Gli effetti delle varie crisi sono strettamente connessi e si rinforzano a vicenda, componendo un quadro di disordine globale che difficilmente porterà a breve a un nuovo ordine globale.

Occorre, perciò, prepararsi. Sappiamo bene che il futuro è inconoscibile, ma è possibile predisporre scenari e strumenti che mettano al riparo le imprese dagli effetti delle crisi. Il lavoro che da molti anni Harvard Business Review Italia porta avanti con lo studio Macrotrends (in pubblicazione con il prossimo numero di novembre) ha il preciso scopo di contribuire a guardare avanti di anni nella possibile evoluzione di economia e mercati. E in questo numero Mankins e Gottfredson indicano come si possa realizzare una gestione strategica tenendo conto dell’estrema variabilità e imprevedibilità del contesto generale.

Sono poche le aziende che predispongono piani strategici tenendo conto delle possibili alternative negli scenari, non più di un quarto delle grandi imprese. E, con ogni probabilità, un numero molto inferiore di medie e piccole imprese. La pianificazione strategica, molto utilizzata negli anni Sessanta e Settanta del Novecento è oggi poco praticata. Ma negli anni la variabilità e le incertezze sono aumentate e questo richiede ai leader delle imprese di tenere conto dei possibili sviluppi non solo nei loro specifici settori e mercati, ma ovunque. Questo significa osservare l’evoluzione in atto in scienza e tecnologia, in economia e finanza, nelle materie prime e nelle fonti di energia, nel clima e nell’ambiente, nella politica interna e in quella globale. È complesso e anche abbastanza costoso. Ma non guardare avanti per contrastare gli effetti del grande disordine globale può essere molto pericoloso e molto più costoso.

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