GENERAL MANAGEMENT
I knowledge worker non andrebbero gestiti come se fossero operai. Un nuovo approccio può accrescere l’efficienza e la produttività.
ROGER L. MARTIN
Ottobre 2013
Le aziende di tutto il mondo faticano a gestire i knowledge worker (i cosiddetti “lavoratori della conoscenza”). Competono ferocemente per assumere e trattenere i migliori talenti e, nel processo, non di rado finiscono con il cumulare migliaia di manager. Per un po’ tutto va bene ma inevitabilmente, specie quando la situazione economica diventa più sfavorevole, si rendono conto che questi lavoratori ad alto costo non sono produttivi come speravano e, nel tentativo di ridurre i costi, ne licenziano un numero consistente. Ma di lì a poco tornano ad assumerli.
È un ciclo altamente distruttivo. A parte i costi umani e sociali, è estremamente inefficiente per un'azienda gestire qualunque tipo di risorsa in questo modo, e tantomeno quella che viene universalmente riconosciuta come il motore della crescita nell'era contemporanea. La cosa più sconcertante è che in questo circolo vizioso sono finite anche alcune tra le aziende più prestigiose d'America. General Electric
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