MARKETING

Un approccio innovativo per comunicare il brand

Con il concetto di Business to Human si va oltre la comunicazione unidirezionale ai consumatori per instaurare un dialogo umano e autentico che valorizzi i legami emotivi tra il brand e la sua audience

Chiara Piancatelli, Salvatore De Angelis

Novembre 2024

Un approccio innovativo per comunicare il brand

Negli ultimi anni, il panorama del marketing e della comunicazione aziendale ha subito una trasformazione radicale. L’era digitale e la crescente frammentazione dei mercati hanno reso obsolete molte delle pratiche tradizionali e introdotto nuove sfide che le imprese devono affrontare per restare competitive e rilevanti. Tra queste, una delle più urgenti e complesse è quella di riuscire a disegnare una comunicazione che sia inclusiva e che, in primis, metta al centro i valori del brand, con un approccio univoco e cross-generational che oltrepassa la più recente logica delle personas basata sull’individuazione di clienti ideali tramite l’analisi di dati demografici, comportamentali e psicografici. Questo modello ha rappresentato per anni uno strumento efficace per indirizzare i messaggi pubblicitari in maniera mirata, aumentando la probabilità di ottenere una risposta positiva dall’audience target. Tuttavia, l’ipersegmentazione che tale approccio richiede ha iniziato a mostrare i suoi limiti.

Le nuove generazioni e i consumatori più integrati nel dinamico contesto attuale si aspettano un approccio comunicativo fluido e personalizzato, ma allo stesso tempo universale, che trascenda le differenze generazionali e culturali. Questo cambio di paradigma non è solo una risposta a un pubblico sempre più eterogeneo, ma anche il frutto dell’evoluzione dei mercati e delle tecnologie digitali. I clienti, a prescindere dalla loro fascia d’età o provenienza geografica, sono esposti a molte delle stesse esperienze digitali e culturali globali, rendendo l’approccio one size fits all più attraente, a patto che sia basato su un solido sistema valoriale riconducibile al brand. L’utilizzo della persona come punto focale delle strategie di marketing in ambito comunicativo, pertanto, inizia a sembrare una metodologia superata, poiché non riesce a cogliere la complessità dei comportamenti attuali e, soprattutto, non è in grado di rispondere alla richiesta crescente di autenticità univoca e di un’identità valoriale chiara e riconoscibile.

In questo contesto, la sfida per le aziende è sviluppare un linguaggio comunicativo che risulti coerente e autentico in ogni circostanza, in grado di dialogare con tutte le generazioni, le culture e le sensibilità. Un approccio inclusivo e universale non significa, però, creare messaggi generici e standardizzati, bensì individuare quei valori intrinseci del marchio che possano risuonare a livello emotivo con un vasto pubblico, trasmettendo un senso di appartenenza e comunità. Non è più una questione di creare messaggi per ciascuna personas mappando customer journey dedicate, ma di costruire un’identità valoriale forte e riconoscibile, che possa unire diverse audience sotto un’unica visione condivisa e ispirazionale.          La comunicazione valoriale non si limita più a una dichiarazione d’intenti, ma si concretizza nelle azioni del brand e nel suo comportamento quotidiano. La sostenibilità ambientale, l’equità sociale, l’inclusività culturale e la trasparenza sono solo alcuni dei temi che oggi guidano le scelte dei consumatori.

 

L’evoluzione del mondo del lusso

Interessante è osservare come questa trasformazione in atto abbia delle ripercussioni tangibili nella crescente convergenza tra il mondo del fashion-luxury e dell’active lifestyle, settori tradizionalmente legati a una comunicazione fortemente aspirazionale. Per anni, i brand di lusso hanno basato la loro strategia su una logica di esclusività, puntando a creare desiderio attraverso l’associazione del prodotto a uno stile di vita irraggiungibile per molti. Oggi, sempre più marchi del settore stanno adottando la strategia inversa, spostando il proprio paradigma verso una comunicazione ancorata a un set di valori forti e inclusivi, che possano parlare a una platea più vasta e diversificata. Questo passaggio da un modello aspirazionale a uno ispirazionale rappresenta una svolta strategica cruciale dal punto di vista comunicativo: non si tratta più di raccontare una value proposition irraggiungibile, ma di invitare i consumatori a far parte di una comunità che condivide valori e visioni simili ancora prima della passione verso un certo prodotto. I consumatori non vogliono più essere destinatari passivi di messaggi pubblicitari, ma desiderano sentirsi parte attiva di una famiglia allargata con cui condividere una visione.

In questo nuovo scenario, anche il ruolo di influencer e brand ambassador sta evolvendo in modo significativo. Se in passato venivano selezionati prevalentemente per la loro capacità di raggiungere un certo pubblico o per la loro visibilità mediatica, oggi il criterio principale di selezione è la loro capacità di incarnare autenticamente i valori del brand. Non basta più che un influencer abbia un grande seguito; è fondamentale che sia percepito come una persona che condivide e rappresenta i principi e la visione del marchio. Solo così può contribuire a creare una comunità autentica attorno al brand.

Proseguendo in quest’ottica è interessante guardare a come le partnership tra marchi di moda e sportivi tramite l’individuazione dei giusti ambassador abbiano ottenuto dei risultati molto positivi, concretizzando una strategia di marketing comunicativo che, ad oggi, rappresenta un potente strumento di comunicazione capace di attraversare confini sociali e geografici per raggiungere un pubblico globale. Lo sport, grazie alla sua universalità e alla sua capacità di suscitare emozioni, completa efficacemente il tone of voice più esclusivo che ha da sempre contraddistinto il mondo del fashion & luxury. Il risultato di questa equazione è una vicendevole espansione: lavorando insieme a marchi di moda, gli atleti vanno oltre i confini del proprio sport, trasformandosi in icone culturali con un’attrattiva in grado di coinvolgere fasce di età diversa e interessi cross-generazionali. Questa espansione dei confini non solo accresce le possibilità di visibilità per l’atleta, ma apre anche nuove prospettive per i brand fashion di entrare in settori di mercato e di pubblico fino ad allora inesplorati.

 

L’esempio Gucci-Sinner

La partnership tra Gucci e Jannik Sinner, annunciata nel 2023, è un esempio di collaborazione che combina il lusso con lo sport di alto livello. Sinner è stato il primo tennista nella storia di Wimbledon a portare in campo un borsone brandizzato da un marchio di lusso, segnando un momento storico, non solo per il prestigio del torneo, ma anche per l’evoluzione del rapporto tra sport e moda.

Diventa a questo punto fondamentale comprendere e saper misurare l’impatto derivante dalle collaborazioni di brand del settore con ambassador-influencer e creator e, per questo motivo, esemplifichiamo il caso Sinner-Gucci con il framework delle 4R, dopo aver brevemente fatto luce su alcune tendenze chiave dal punto di vista comunicativo e sulla risposta alle stesse tramite strategie di partnership tra brand di moda e ambassador:

  • Autenticità e storytelling: i fan e i clienti cercano connessioni autentiche. Le collaborazioni con gli atleti offrono una narrazione ricca e multidimensionale che va oltre la semplice comunicazione promozionale.
  • Cross-Pollination di audience: sviluppare partnership con atleti permette ai brand di moda di accedere a segmenti di mercato inesplorati, e viceversa.
  • Innovazione di prodotto: le continue collaborazioni tra sport e moda stanno portando a innovazioni nel design di prodotto, con linee che fondono sempre maggiormente funzionalità atletica e appeal estetico.
  • Engagement: le collaborazioni sport-moda si prestano a strategie omnichannel, sfruttando eventi dal vivo, cross-media, e contenuti digitali per creare ecosistemi sempre più innovativi e coinvolgenti.
  • Responsabilità sociale e valori: molti atleti sfruttano le loro piattaforme per promuovere cause sociali e condividere i propri principi. Questo rappresenta per i brand partner un’opportunità preziosa per allinearsi a temi rilevanti e di grande impatto.

 

Il framework delle 4R per la valutazione delle partnership

Il decision making basato sui dati è diventato un fattore chiave, specie nell’era del digitale, per comprendere come selezionare, misurare e ottimizzare collaborazioni in settori diversi con influencer-ambassador e creator. La vasta quantità di dati cui si ha accesso da un mix di piattaforme social, strumenti di analytics e terze parti rappresenta al tempo stesso un’opportunità ma anche una grande sfida per i brand, che si trovano a dover decifrare un’immensa mole di informazioni. Potenziali partnership con influencer-ambassador e creator devono quindi adottare un approccio data-informed che permetta di valutare la potenziale efficacia di determinate decisioni e successivamente di analizzarne i risultati. La metodologia delle 4R (Reach, Relevance, Return e Resonance) offre un framework completo e multidimensionale per valutare l’impatto delle collaborazioni tra ambassador e brand in un contesto phygital (figura 1).

  1. Reach (Portata)

La “Reach” ha l’obiettivo di quantificare l’audience complessiva raggiunta attraverso i contenuti pubblicati sulle piattaforme digitali. Tra le metriche più rilevanti per valutare la reach figurano il numero totale di utenti raggiunti su tutte le piattaforme attivate nella partnership, le visualizzazioni, le impressions e la distribuzione demografica e geografica dei follower.      Nel caso della collaborazione tra Sinner e Gucci, la base di follower del tennista su Instagram è cresciuta del 106% in soli nove mesi, da gennaio a settembre 2024, grazie al successo ottenuto con la vittoria di due Slam e il raggiungimento del primo posto nel ranking mondiale. Questo dato è particolarmente significativo perché dimostra la crescente portata dei contenuti legati alla partnership e l’aumento della “opportunity to see”, considerando che, come spesso avviene nelle collaborazioni tra brand e talent, i contenuti vengono veicolati principalmente attraverso le piattaforme dell’atleta, che diventa a tutti gli effetti un canale media. D’altra parte, risulterebbe complesso e meno rilevante determinare quanti nuovi follower di Gucci siano direttamente attribuibili alla partnership con Sinner, poiché il ruolo dell’atleta è principalmente quello di amplificare i contenuti attraverso i propri canali, piuttosto che incrementare direttamente la fanbase del brand.

 

  1. Relevance (Rilevanza)

La “Relevance” valuta l’allineamento tra il pubblico dell’atleta e il target demografico del brand o della campagna. Tra le metriche chiave per misurare la rilevanza troviamo l’affinità di interessi tra i follower dell’atleta e il target del brand, nonché l’allineamento valoriale tra le due parti.       Nel caso della partnership tra Sinner e Gucci, la sovrapposizione tra i fan del tennis e il target del fashion e del lifestyle attivo rende questa collaborazione particolarmente efficace. Inoltre, il 70% della fanbase di Sinner su Instagram ha meno di 34 anni, permettendo alla maison italiana di raggiungere un pubblico giovane e potenzialmente interessato ai contenuti promossi dalla partnership.

 

  1. Resonance (Risonanza)

La “Resonance” misura il livello di interazione e il sentiment degli utenti, al fine di valutare l’impatto dei contenuti della partnership sull’audience. Tra le metriche rilevanti per la risonanza figurano il tasso di engagement (like, commenti, condivisioni, visualizzazioni), il sentiment, il buzz, le conversazioni generate e la viralità dei contenuti. Su Instagram, Sinner riesce a ottenere un tasso di engagement medio del 6,6% per ogni contenuto, un risultato decisamente positivo se confrontato con profili di dimensioni simili, dove l’engagement rate mediano varia tra l’1,5% e il 2%.

 

  1. Return (Ritorno)

Il “Return” misura il ritorno generato dalla partnership in termini di amplificazione, valore pubblicitario, brand equity e, nel medio-lungo periodo, vendite attribuibili alla collaborazione. Tra le metriche rilevanti per valutare il ritorno troviamo l’Advertising Value Equivalent (AVE), le performance dei contenuti “branded” rispetto a quelli “organici”, il ROI della partnership, l’incremento delle vendite attribuibili e i KPI di brand. Tra queste metriche appena citate, uno degli strumenti più efficaci per misurare il valore delle partnership è l’AVE, che quantifica in termini economici l’impatto mediatico dei contenuti “branded”, tenendo conto sia dell’engagement sia della portata dei post. Questo parametro consente ai brand di confrontare il ritorno pubblicitario della partnership con altri investimenti tradizionali, come la pubblicità televisiva. In altre parole, l’AVE stima il valore pubblicitario generato dall’esposizione sui social media, rendendo più tangibile e misurabile il concetto di ritorno.

Nel caso della collaborazione tra Sinner e Gucci, l’AVE aiuta a quantificare in termini economici la visibilità ottenuta dai contenuti pubblicati da Sinner, paragonandola a un investimento pubblicitario di pari portata. Ad esempio, se un post di Sinner raggiunge milioni di visualizzazioni e migliaia di interazioni, il suo valore può essere stimato come equivalente a diverse migliaia di euro in pubblicità tradizionale. Questo approccio fornisce una visione chiara del ritorno mediatico e consente di ottimizzare le future strategie di partnership, rendendo le decisioni più data-driven ed efficienti. Per una valutazione olistica della partnership, è importante considerare che l’analisi deve andare oltre i social media, includendo l’impatto complessivo cross-canale (online, offline, ATL, BTL), confronti con altre campagne e la misurazione delle metriche di brand e delle vendite in segmenti specifici.

 

 

Implicazioni manageriali

La convergenza tra sport, moda, lusso e active lifestyle offre un’opportunità unica per stabilire connessioni profonde e autentiche con un pubblico sempre più globale, superando i confini tradizionali tra settori e demografie. In questo contesto, il concetto di Business to Human diventa centrale: non si tratta più di comunicare unicamente ai consumatori, ma di instaurare un dialogo umano e autentico che valorizzi i legami emotivi tra il brand e la sua audience. Questa umanizzazione del brand si esprime attraverso un forte focus sui valori aziendali, connettendo in modo significativo il brand agli ambassador scelti.         Le partnership tra brand di moda e atleti vanno oltre la semplice sponsorizzazione, rappresentando un incontro di universi valoriali condivisi. Ogni aspetto dell’accordo – che si tratti di contenuti, eventi dal vivo, prodotti co-creati o iniziative di responsabilità sociale – funge da amplificatore capace di coinvolgere target specifici e rafforzare l’identità del brand. L’autenticità diventa il fulcro di queste collaborazioni, e l’allineamento tra i valori del brand e quelli dell’atleta è essenziale per mantenere la credibilità presso i fan e il pubblico. Questo richiede una scrupolosa due diligence, che non si limiti a valutare le performance sportive, ma analizzi anche la personalità, gli interessi e la reputazione dell’atleta, per garantire una corrispondenza autentica tra i messaggi trasmessi. Il successo di queste collaborazioni deve essere sostenuto da un approccio basato sui dati, utilizzando strumenti di misurazione avanzati per ottimizzare continuamente le performance attraverso cicli di feedback informati. Tuttavia, una visione a lungo termine resta fondamentale: le partnership più efficaci si costruiscono nel tempo, attraverso relazioni strategiche e coerenti, piuttosto che affidarsi a picchi di visibilità temporanei.

GUARDANDO AL FUTURO, ci aspettiamo collaborazioni sempre più innovative che sfumeranno ulteriormente i confini tra performance atletica, espressione stilistica e influenza digitale. Per i manager, la sfida consisterà nell’orchestrare questi elementi in uno storytelling coerente e potente, combinando visione creativa, rigore analitico e agilità strategica. I brand che sapranno abbracciare questa convergenza, sviluppando partnership autentiche e umanizzate, non solo amplificheranno la loro risonanza culturale, ma ridefiniranno anche gli standard di engagement e valore. Inoltre, la gestione del rischio non può essere trascurata: ogni partnership deve includere piani di contingenza e strategie di comunicazione pronte ad adattarsi rapidamente in caso di crisi, garantendo così flessibilità e sicurezza.

 

Chiara Piancatelli, Associate Professor of Practice in Marketing, SDA Bocconi School of Management. Salvatore De Angelis, Global Head of Digital & Creators Solutions, Nielsen Sport & Entertainment.

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