LEADERSHIP

I tre tempi della leadership

Come ascoltare, guidare e gestire un’azienda, nel mezzo della trasformazione

Giuseppe Morici

Novembre 2022

I tre tempi della leadership

Diventare responsabili di un’azienda, comprenderne i problemi, sviluppare soluzioni e tracciare una direzione. È una situazione frequente che capita ai manager. Varia la scala, la complessità ma lo schema è sempre lo stesso. Arriva un giorno, però, in cui si incontra la non razionalità dei comportamenti organizzativi, la non linearità dei processi decisionali. Qui spesso le carriere si divaricano. Solo chi supera questa crisi compie il passaggio da manager a leader. Anche quando si supera questo bivio, però, se ne affronta subito un altro: quello tra strategia, innovazione, da una parte, e gestione, affari correnti, dall’altra. Il compito del leader è fidarsi di chi fa gestione e concentrarsi su chi fa progettualità oppure il contrario?  

La dimensione razionale della vita di un’azienda indica spesso una direzione (il futuro); ma le persone, la cultura, l’organizzazione sono lì spesso a ricordare le strade già percorse (il passato); e la gestione quotidiana infine reclama energia all’urgenza e al risultato immediato (il presente).

Inquadrare in un’unica visione d’insieme le tre dimensioni della leadership, i tre tempi della leadership, può aiutare a mantenere il necessario equilibrio.

 

Il tempo futuro

Perché associare alla leadership la parola futuro? Forse perché la leadership di un’azienda può fare una sola cosa che nessun altro può fare meglio, può vedere lontano, anticipare le correnti, gli ostacoli e navigare lungo la rotta migliore.

In questo senso il lavoro del leader è quello di occuparsi di ciò che non c’è, perché di ciò che c’è si occupano già centinaia di altre persone.

Il presente non è altro che il futuro di qualche anno fa. Mentre qualche anno fa l’azienda stava gestendo il presente di allora, i leader si stavano occupando di quel che sarebbe dovuto accadere oggi. Il futuro di oggi sarà presente tra qualche anno e se nessuno oggi se ne occupa, l’azienda non avrà un futuro o ne avrà uno determinato da altri.

Cosa significa occuparsi del futuro?

A)    In primo luogo, si tratta di decidere in che contesto futuro si vuole credere; su quale scenario di mercato si decide di puntare;

B)     In secondo luogo, occorre elaborare una strategia, cioè un sistema integrato di scelte, che sosterranno il vantaggio competitivo dell’azienda nel futuro;

C)     In terzo luogo, si tratta di guidare l’organizzazione lungo la nuova strategia, facendo sì che le persone capiscano bene la nuova rotta.

La combinazione di queste tre funzioni della leadership declinata al tempo futuro è la capacità di anticipazione e guida, che serve a “dare un futuro” alla propria azienda. È la parte di mestiere che di solito si impara all’inizio della propria esperienza.  

 

Il tempo passato

Futuro è una parola bellissima, ma passato è una parola inevitabile. Quello che l’azienda ha fatto per decenni, il cosa, e ancor più il come l’azienda ha operato per molto tempo determinano una cultura organizzativa e una identità. Il lavoro quotidiano delle persone, le decisioni, i gesti sono tutti piccoli pezzi di identità, è l’inerzia culturale di un’azienda.

Ma come si fa a tenere progetto e identità insieme?  

A)    In primo luogo, serve analizzare la situazione di mercato dell’azienda, la sua performance e le sue ragioni: analisi e condivisione delle evidenze creeranno il necessario consenso interno;

B)     Bisognerà poi analizzare le competenze (skills) e le capacità organizzative (capabilities) diffuse all’interno dell’azienda, per capire su cosa poter contare nel futuro;

C)     Servirà infine capire i valori, le credenze, i comportamenti organizzativi diffusi; servirà ascolto e osservazione, perché certe cose non vengono dette, scritte o dichiarate, ma fatte, vissute, agite.

Questa attività di analisi e comprensione segna spesso il discrimine tra leadership acerbe e leadership mature. Le persone si muovono in base a istruzioni ricevute ma più spesso in base ai loro valori, alle loro credenze, all’inerzia culturale. Analisi e comprensione servono a capire queste dimensioni.

 

Il tempo presente

Il presente non è altro che il futuro di qualche anno fa e quindi il leader si è già occupato del presente, quando si è occupato di futuro… nel passato.

Difficilmente il futuro però è proprio come ce lo siamo immaginato. E difficilmente i risultati dei nostri piani sono sempre in linea con le nostre aspettative.

Per questi motivi i leader devono spesso ricalcolare il percorso e mantenere una parte della loro energia focalizzata sulla verifica delle ipotesi del piano, sul monitoraggio dei risultati e soprattutto sulla gestione dell’organizzazione e delle persone. Chiameremo questa funzione della leadership, declinata al tempo presente, delega e organizzazione.

A)    In primo luogo, si dovranno scegliere le persone, coltivare i valori, la cultura e i comportamenti, che saranno da un lato compatibili e dall’altro funzionali col progetto d’impresa;

B)     Servirà poi occuparsi di organizzazione, delega, responsabilità e meccanismi di allineamento, per far sì che l’organizzazione operi con ordine e abbia gli strumenti necessari per realizzare gli obiettivi;

C)     Servirà infine garantire che tutti mantengano il focus sulla performance, condividendo gli obiettivi e i risultati e intervenendo per risolvere i problemi e rimuovere le barriere.

Con queste tre “mosse” i leader restano nel tempo presente e si assicurano che i risultati di breve termine vadano nella direzione del piano di lungo termine. Un leader occupato solo dal tempo presente non assicura un futuro alla sua azienda, ma un leader che si distacca dal presente perde per strada le sue persone, i risultati e dunque la sua stessa azienda.

 

Gestire i movimenti tra un tempo e l’altro

Come può muoversi un leader tra i tre tempi della leadership? Una leadership equilibrata deve essere corroborata da tre capacità fondamentali: la capacità di comunicazione, l’empatia e l’ingaggio.  

 

Comunicazione, tra passato e futuro

Per muovere un’organizzazione complessa dal passato al futuro serve un racconto. La leadership ha molto a che fare con la comunicazione, che crea senso comune e accomuna gli individui con storie comuni. La parola è lo strumento principe del leader, che la usa per aprirsi la strada all’interno dell’organizzazione. Alla parola certamente devono seguire i comportamenti, le decisioni e la scelta delle persone giuste. Ma la comunicazione è fondamentale, perché precede tutto il resto.

La parola è decisiva nel descrivere il percorso che dovrà condurre l’azienda dal tempo passato al tempo futuro e poi nell’accompagnare le persone lungo questo percorso, in modo che non smarriscano il significato di quello che fanno.

La comunicazione dei leader è l’asfalto drenante su cui poggiano gli pneumatici dell’organizzazione lungo la strada che porta dall’identità (il tempo passato) al progetto (il tempo futuro).

 

Empatia, tra passato e presente

L’empatia servirà al leader sia per esercitare la funzione di analisi e comprensione in maniera autentica e con genuinità, sia per condurre le persone dal tempo passato al tempo presente.

L’empatia è la capacità del leader di immergersi nella situazione delle altre persone e di comprendere immediatamente l’altro. Questo vale sia per le persone sia per le organizzazioni, perché le organizzazioni hanno una loro anima. Prima di cambiare qualunque cosa, il leader ha il dovere di ascoltare e di capire. Perché questi fattori determineranno o impediranno il successo della strategia, nel futuro, e anche della performance, nel presente.

Se la comunicazione include l’ascolto delle parole, l’empatia include l’ascolto dei sentimenti e degli stati d’animo. L’empatia se autentica è molto potente. Rispetto alla comunicazione, tuttavia, è difficilmente trasferibile, perché è un valore della persona più che una capacità del manager.  

 

Ingaggio, tra presente e futuro

L’empatia muove l’animo dal tempo passato al tempo presente. La comunicazione muove il cervello dal tempo passato al tempo futuro. Ma è l’ingaggio che muove l’azione dal tempo presente al tempo futuro.  

Perché le persone comincino a muovere i propri passi lungo il nuovo percorso, serve l’ingaggio, l’impegno, il coinvolgimento, la partecipazione. E serve reciprocità, perché non esiste ingaggio da parte delle persone se queste non percepiscono altrettanto ingaggio da parte leader.

L’ingaggio è qualcosa che i leader costruiscono prima in se stessi e tra se stessi e poi nel resto dell’organizzazione; è una capacità tutta umana di mescolare razionalità ed emotività, convinzione e sentimento per muovere gli altri all’azione: bisogna dimostrare agli altri il proprio convincimento e al tempo stesso capire il legittimo interesse degli altri nel raggiungere l’obiettivo comune; serve valorizzare il contributo individuale e non solo quello collettivo di ciascuno degli altri. Trovare l’amalgama e forgiare l’interdipendenza: a questo serve l’ingaggio. Chiarire i ruoli, ma al tempo stesso creare una squadra di uguali che prenda insieme le decisioni chiave.    

La comunicazione è parole e apre la pista, l’empatia è sguardo e scalda la relazione, ma l’ingaggio è umanità e crea l’azione e consente a un’organizzazione di muoversi e di raggiungere risultati ambiziosi.

 

Leadership equilibrata, tra strategia e cultura

Lo schema dei tre tempi della leadership (vedi la figura) mostra come in ogni azienda esistano due ambiti, uno esplicito, fatto di parole e decisioni, l’ambito del cambiamento strategico, e l’altro, implicito, fatto di comportamenti e di azioni, l’ambito del cambiamento culturale.

La funzione di leadership ha molto a che fare con la gestione bilanciata di queste due parti dell’agenda: il cambiamento di business, spesso necessario a rilanciare un’azienda in difficoltà; e il cambiamento culturale, spesso indispensabile per supportare il cambiamento strategico.

Una leadership equilibrata, dunque, ricerca non solo l’equilibrio tra i leader e gli altri, ma soprattutto tra i tre tempi dell’azienda. Molte leadership, infatti, sono sbilanciate su uno o su due dei tre tempi: esistono leader visionari, che focalizzano tutta la loro energia sul futuro; leader operativi, bravissimi a ottenere il massimo dall’azienda nel qui e ora; e infine leader identitari, che presidiano i valori e la cultura sopra ogni altra cosa. 

La leadership equilibrata mette in dialogo costante queste tre istanze:

1)     Provare rispetto per la storia e la cultura dell’azienda, per preservarne l’identità profonda;

2)     Delineare una nuova visione per il business e per l’organizzazione e comunicarla con chiarezza;

3)     Assicurare una performance positiva all’azienda e mantenere alto il benessere dell’organizzazione.

Solo esercitando una pressione equilibrata su tutti questi fronti si potrà assicurare un cambiamento duraturo e rispettoso. Il cambiamento è inevitabile come il fluire della vita, come la crescita. Evitare il cambiamento è come morire ogni giorno. L’importante è guidare il cambiamento, senza perdere l’identità. Leadership, per cambiare. Equilibrio, per non smarrirsi.

 

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Questo articolo è la sintesi di un testo più ampio che può essere letto sul profilo LinkedIn dell’autore https://www.linkedin.com/in/giuseppe-morici-2461193/

 

 

Giuseppe Morici è un manager che attualmente svolge attività di consulenza, in qualità di senior advisor, e di formazione; è inoltre membro del CdA del Gruppo Feltrinelli. Laureato in Scienze Politiche, dopo un Master in Marketing, ha lavorato prima in Procter & Gamble e in Monitor, e poi, in qualità di Direttore Generale e Amministratore Delegato, in aziende italiane come Barilla e Bolton. Ha pubblicato tre libri per Feltrinelli Editore: Fare marketing rimanendo brave persone nel 2014, Fare i manager rimanendo brave persone nel 2018 e Leader ma non troppo nel 2022. È autore di numerosi articoli e frequent speaker sui temi del marketing, del management e della leadership.

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