MONDO FORMAZIONE
NICOLA SPAGNUOLO
Dicembre 2025
Non potremmo occuparci di formazione se non ci fossimo da sempre occupati del potere della conoscenza e delle modalità di apprendimento. Già nel 2004 con Enzo Rullani e il suo Economia della Conoscenza esploravamo l’Era della Conoscenza e ne indicavamo l’inizio a partire dalla rivoluzione industriale. L’economia moderna, la cui nascita si fa risalire al XVIII secolo con la pubblicazione de La Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith nel 1776, è sempre stata un’economia basata sulla conoscenza. Tuttavia, con il termine “economia della conoscenza”, Peter Drucker, nel suo libro del 1966, The Effective Executive intendeva definire come l’utilizzo delle informazioni potesse generare valore, con particolare attenzione a natura, creazione, diffusione, trasformazione, trasferimento e utilizzo della conoscenza in ogni sua forma.
La conoscenza da un punto di vista aziendale è una risorsa scarsa che consente, a chi la possiede, di trarre un vantaggio competitivo. È considerata una risorsa, se applicata alla risoluzione di problemi, poiché questo può determinare una fonte di guadagno. L’economia della conoscenza, in ultima analisi, si fonda dunque sui legami tra i processi di apprendimento, l’innovazione e la competitività, sempre più basata sulla conoscenza e di conseguenza sulle risorse intangibili, sul know-how e sulle competenze distintive.
Alla base della conoscenza vi sono i processi cognitivi e di apprendimento dell’uomo: l’economia è fatta di scelte e le scelte sono il risultato dei processi neurobiologici che avvengono nella mente dell’uomo. Secondo il filosofo Karl Popper, si possono distinguere diversi tipi di conoscenza: conoscenza soggettiva e oggettiva, implicita (tacita) ed esplicita (codificata), organizzativa, incrementale, comune, specializzata. In particolare la conoscenza implicita è quella che si basa sull’esperienza e appartiene alla sfera “personale” dell’individuo; quando questa viene elaborata, diviene conoscenza codificata e quindi esplicita, incrementa lo stock di conoscenza, diviene accessibile a tutti e facilmente scambiabile e dunque genera valore, crea economia, appunto. Popper, inoltre, era convinto che per testare la bontà di una teoria fosse meglio cercare prove che la confutassero piuttosto che avvalersi di prove che la avvalorassero. Se questi sono i presupposti primi del paradigma dell’Era e dell’economia della conoscenza, la domanda che ci poniamo è: siamo certi che tali presupposti permangano ancora oggi? Al riguardo, tre fenomeni sembrano essere inconfutabili:
- Declino delle competenze fondamentali: la mancanza di competenze di base limita la capacità degli individui di partecipare attivamente all’economia e alla società;
- Sovraccarico informativo: l’accesso illimitato a informazioni non sempre affidabili ha portato a una diffusione massiccia di fake news, che minano la capacità di discernimento in tutte le generazioni;
- Erosione della fiducia nella conoscenza esperta: la proliferazione di contenuti non verificati ha ridotto la fiducia nelle fonti autorevoli, favorendo un approccio frammentato e superficiale alla conoscenza.
L’indagine PIAAC-OCSE (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) ciclo 2, condotta nel 2023, ha valutato le competenze degli adulti tra i 16 e i 65 anni in tre aree principali: - literacy (comprensione e uso di testi scritti); - numeracy (capacità di utilizzare informazioni matematiche); - adaptive problem solving (risoluzione di problemi in contesti dinamici). I risultati per l’Italia evidenziano un quadro preoccupante rispetto alla media OCSE:
- Literacy: gli adulti italiani hanno ottenuto un punteggio medio di 250, significativamente inferiore alla media OCSE di 273;
- Numeracy: anche in questa area, i punteggi italiani sono inferiori alla media, con un divario che si accentua nelle fasce di età più avanzate;
- Adaptive problem solving: le competenze di problem solving degli italiani risultano tra le più basse, evidenziando difficoltà nell’adattarsi a situazioni complesse e dinamiche.
Questi dati riflettono un divario strutturale italiano rispetto ad altri Paesi: sembrano avvalorare l’ipotesi che si stia passando da un’economia della conoscenza a una economia della “inconoscenza”.
Non potevamo rimanere indifferenti davanti alla possibilità di esplorare quella che ormai è per molti “The Unknowledge Economy” con un Osservatorio che provocatoriamente si chiede: se non so più niente, come faccio a decidere?
Le modalità di apprendimento contemporanee, spesso influenzate dai social media, hanno favorito la diffusione di informazioni per lo più non verificate e spesso non immediatamente verificabili. Appare evidente come tale paradigma possa risultare dannosamente deleterio per ogni sistema economico e di sviluppo attualmente esistente. Occorre iniziare sin da subito a porre rimedio a ulteriori generazioni di un paradigma così distorto, cercando le strade più rapide ed efficaci per traghettarci verso il paradigma della “Nuova Conoscenza”, il cui fulcro non potrà che fondarsi attorno allo sviluppo di una nuova coscienza orientata allo sviluppo diffuso del “pensiero critico” grazie al quale si potranno affermare tre elementi fondanti della Nuova conoscenza:
- Capacità di analisi delle fonti per imparare a valutare l’affidabilità e la validità delle informazioni raccolte;
- Capacità di riconoscimento dei bias per identificare pregiudizi e stereotipi che influenzano giudizi, idee e ideologie;
- Capacità di sviluppare un processo di decision-making informato imparando così a prendere decisioni basate su dati oggettivi, verificati e verificabili.
Occorre dunque “imparare ad imparare”, non solo per sviluppare un apprendimento consapevole di sé e del mondo, ma anche per imparare ad adattarsi a nuovi contesti in continua e costante evoluzione e ad acquisire rapidamente competenze rilevanti e utilizzabili.
Il regista di origini napoletane Antonio Latella, parlando della sua reinterpretazione di Natale in casa Cupiello apprezzata e contestata dalla critica, afferma: «Per ereditar qualcosa bisogna accettare il fatto di non essere più figli ma “orfani”; solo quando accetti di essere orfano hai la capacità di ereditare e di capire cosa stai ricevendo». In buona sostanza, la competenza più importante da trasferire nelle giovani generazioni, e non solo, se vogliamo che esse abitino e fecondino il paradigma di una “Nuova Conoscenza”, è quella di “Imparare a Disimparare” tutto ciò che di sbagliato, inutile, infruttuoso e superficiale hanno ritenuto di aver appreso nel passaggio attraverso The Unknowledge Economy.
Riferimenti: Fmt Next Think Tank Oltre il futuro noto.
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2024 Ph Sara Busiol
NICOLA SPAGNUOLO è direttore di CFMT. Con un background in formazione, ha ricoperto la direzione del settore Sviluppo associativo di Confcommercio nazionale; è stato direttore generale Iscom Emilia Romagna e Presidente per la Fondazione I.T.S. “Turismo e Benessere”.