MONDO FORMAZIONE
ANGELA GALLO
Settembre 2025
Un manager può avere tutti i dati del mondo. Ma se ignora le emozioni in gioco, rischia di prendere la decisione sbagliata… nel modo sbagliato.
Oggi chiunque ricopra un ruolo manageriale, che si tratti di guidare un team, gestire un progetto o prendere decisioni strategiche, si muove in un contesto denso di variabili emotive: pressioni da stakeholder, tempi compressi, incertezza continua. Ma ciò che spesso non viene detto è che le emozioni sono già dentro la decisione, prima ancora della valutazione logica.
La nostra capacità di decidere è influenzata da ciò che proviamo, come ansia, entusiasmo, irritazione, fiducia. Eppure, nelle organizzazioni, si continua a considerare l’intelligenza emotiva come un “extra”, mentre la lucidità razionale è percepita come lo standard. È un errore di prospettiva.
La verità? Senza Emotional Agility, anche il miglior processo decisionale rischia di incepparsi.
Le emozioni sono risposte immediate, spesso istintive, a uno stimolo presente. I sentimenti, invece, si strutturano nel tempo: incorporano l’esperienza, il pensiero, la memoria, la cultura personale e organizzativa. Se le emozioni sono la miccia, i sentimenti sono la lente con cui interpretiamo le situazioni. In un processo decisionale, questo significa che non decidiamo solo per quello che proviamo nel momento, ma anche per come abbiamo imparato a sentire nel tempo. Un manager che ha sviluppato sentimenti di fiducia e apertura tenderà a valutare diversamente rischi e possibilità rispetto a chi è abitato da sentimenti di vergogna o di diffidenza cronica.
Numerosi studi (Lerner et al., 2020) mostrano come le emozioni incidentali, non legate direttamente alla scelta, distorcano sistematicamente la nostra percezione del rischio. La rabbia ci fa sottostimare i pericoli. L’ansia li amplifica. La paura spinge verso soluzioni conservative. E nei momenti cruciali, il contagio emotivo nei team può sabotare il confronto, polarizzare le opinioni e ridurre la qualità delle alternative generate (Barsade et al., 2018).
Anche a livello individuale, le emozioni agiscono come euristiche inconsapevoli. Antonio Damasio, con la sua teoria dei “marcatori somatici”, ci indica che decidiamo con il corpo prima ancora che con la mente. E ciò avviene sia nella gestione di una crisi di reparto sia in una scelta di investimento multi-milionaria.
Emotional Agility. Non solo gestire l’emozione, ma imparare da essa
A differenza dell’autocontrollo, che punta a trattenere o a neutralizzare, l’agilità emotiva è la capacità di riconoscere, comprendere e utilizzare i sentimenti come informazione strategica. Non si tratta di diventare più emotivi, ma più consapevoli.
Ogni sentimento, positivo o negativo, ha un impatto misurabile sulla nostra efficacia. La diffidenza può sabotare il pensiero innovativo e la capacità di decidere. La vergogna può inibire la sperimentazione, alimentare l'evitamento e bloccare il cambiamento. Al contrario, il coraggio, la fiducia e l’intuito sono sentimenti che agiscono come potenziatori della decisione.
Decidere: distinguere ciò che sento da ciò che so
La capacità di decisione può essere definita come l’abilità di “scegliere tra diverse alternative con ponderatezza, lucidità e tempestività, in condizioni di incertezza o scarsità di dati”. Eppure, questo equilibrio è possibile solo se il decisore riesce a distinguere ciò che sente da ciò che sa.
Una decisione impulsiva può sembrare energica, ma è spesso una reazione emotiva non elaborata. Una decisione rimandata può nascondere paura, non prudenza. Riconoscere queste dinamiche interne, prima ancora che esterne, è ciò che distingue un manager lucido da uno reattivo.
Come si allena l’agilità emotiva nei processi decisionali
L’Emotional Agility non è innata. Si costruisce, si allena, si osserva. Ecco tre pratiche chiave funzionali al processo decisionale:
Emotional Agility. Una skill di business, non un lusso emotivo
Ogni manager, che si trovi a scegliere tra due priorità, gestire un conflitto o guidare un cambiamento, è già dentro un processo emozionale. Ignorarlo non lo rende meno presente. Al contrario, lo rende più pericoloso.
Allenare l’agilità emotiva non rende il manager “più buono”. Lo rende più lucido, più efficace, più strategico.
Oggi non basta decidere in fretta. Occorre decidere con intelligenza emotiva, non nonostante le emozioni, ma grazie ad esse. Perché le emozioni non sono il problema. Sono l’informazione. E solo chi le sa leggere può davvero scegliere.
ANGELA GALLO è presidente di IdeaManagent Human Capital