MONDO FORMAZIONE

IL FUTURO DELL’APPRENDIMENTO,
TRA LIBRI DI TESTO E “ATOMI DI CONOSCENZA”

FEDERICO FRATTINI

Ottobre 2024

Viviamo in un’era “reticolare”, costantemente immersi in una fitta rete di relazioni che ci connette a tutto e tutti. Di per sé, ciò non costituirebbe una novità. Da sempre, l’uomo è in grado di sopravvivere grazie alle informazioni che riesce a reperire nell’ambiente circostante e alla sua capacità di organizzarle per “decifrare” il mondo e adattarsi a esso. La possibilità di apprendere e crescere dipende dunque dal fatto di rimanere connessi e intrecciati con gli altri e con tutto ciò che accade intorno a noi.

La novità degli ultimi anni, semmai, sta nel fatto che il digitale ha ampliato a dismisura la rete di informazioni e interazioni interpersonali in cui ci muoviamo. In un lasso di tempo brevissimo, possiamo accedere – tra le altre cose – a una quantità sterminata di articoli, video, contenuti multimediali; e possiamo raggiungere facilmente persone in tutto il mondo.

È un processo di espansione talmente rilevante che il cambiamento da “quantitativo” sta divenendo “qualitativo”: prende forma un nuovo paradigma socioculturale relativo alle modalità con cui le persone apprendono e imparano. E ciò riguarda sia i più giovani sia i meno giovani. Su questo tema, un riferimento utile arriva da George Siemens, che nel suo libro del 2006 Knowing Knowledge parlava di “connettivismo”.

Grazie all’informatizzazione e agli associati cambiamenti socioculturali, l’apprendimento non consiste più nell’approfondimento “verticale” di una singola disciplina, bensì nella connessione tra “atomi di conoscenza” sparpagliati qua e là nella grande rete dei social network, dei contenuti on demand, dei portali divulgativi. Un paradigma “orizzontale” che riflette bene la realtà di chi, cresciuto a stretto contatto con il digitale, è abituato a utilizzare diverse fonti di conoscenza simultaneamente. Secondo Siemens, in quest’ottica, l’apprendimento equivarrebbe alla capacità di rimanere connessi con le fonti giuste, di saperne trovare di nuove, di far parte di network all’interno dei quali trovare risposte alle proprie domande.

Rispetto a tutto ciò, come dobbiamo porci? Si tratta di un passo avanti o stiamo rinunciando a paradigmi formativi più efficaci, solidi e “collaudati”? Non esiste una risposta chiara e univoca. Piuttosto, dobbiamo provare a capire quali siano i vantaggi dei modelli sia più tradizionali sia più anticonvenzionali, in vista di una loro possibile integrazione.

I primi continuano ad avere una loro ragion d’essere, per esempio per quanto riguarda la loro capacità di sollecitare il pensiero critico, la riflessione, l’analisi dettagliata di uno specifico tema. Si pensi al classico libro di testo o alle tradizionali lezioni frontali: ancora oggi, sono strumenti efficaci per allenare la propria capacità di osservare un singolo “oggetto teorico” da molteplici punti di vista, prendendo in considerazione le varie sfaccettature e le diverse implicazioni che esso porta con sé. In questi casi, ridurre il numero delle fonti da cui attingere permette di soffermarsi con più concentrazione sui dettagli e avere più tempo per “assorbire” le nuove informazioni, immagazzinandole in profondità e lasciandole sedimentare sul fondo del proprio bagaglio di conoscenze. Tutto ciò costituisce il terreno ideale per far germogliare riflessioni critiche, prospettive inedite, dubbi capaci di mettere in moto il pensiero creativo.

Dall’altro lato, la frammentazione digitale del sapere rende l’apprendimento più accessibile, flessibile e personalizzabile. Bastano un device e una connessione internet per rintracciare la registrazione di una lezione, una conferenza dedicata al tema in questione oppure le riflessioni proposte dai migliori studiosi ed esperti. Ciò favorisce l’intuizione, lo spirito d’iniziativa delle persone, la loro capacità di saper valutare ciò che è utile per il proprio percorso di formazione da ciò che non lo è. In più, la tecnologia permette di aumentare in modo esponenziale la quantità di testi, documenti, paper a nostra disposizione, accelerando enormemente il processo di ricerca e raccolta di materiali utili.

In conclusione, dobbiamo sforzarci di accogliere la complessità, allontanando la tentazione di semplificare fenomeni di questa portata. Ma come? Progettando architetture formative che sappiano sfruttare il potenziale offerto dalla tecnologia senza abbandonare del tutto le risorse tradizionali – che richiedono impegno, riflessione, tempo – e la relazione vis-à-vis con i docenti – che possono trasmettere non solo la conoscenza, ma anche la passione per la conoscenza.

Un obiettivo quantomai sfidante, ma proprio per questo estremamente stimolante. Sullo stretto crinale che separa chi vede nell’innovazione la soluzione a ogni problema da chi si aggrappa alla rassicurante familiarità della tradizione, possiamo provare a rimanere in equilibrio. Tentando nuove strade e provando a tenere insieme le mutate caratteristiche delle nostre abitudini socioculturali e il ricco patrimonio di conoscenza costruito da università, accademie e istituti in tanti decenni di impegno, ricerca e sperimentazione.

FEDERICO FRATTINI è Professore Ordinario di Strategia e Innovazione al Politecnico di Milano, dove ricopre anche il ruolo di Dean di POLIMI Graduate School of Management. I suoi ambiti di ricerca sono la gestione dell’innovazione e della tecnologia. Su questi argomenti ha scritto oltre 200 libri, capitoli di libro, articoli pubblicati in proceeding di conferenze internazionali e articoli in prestigiose riviste tra cui MIT Sloan Management Review, California Management Review, Strategic Management Journal, Entrepreneurship Theory & Practice e molte altre.

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