MONDO FORMAZIONE
FEDERICO MIONI
Gennaio 2024
In un mondo divenuto sempre più fragile e più esposto a irrigidimenti nazionalistici, con dinamiche di ansia che si scaricano sui collaboratori, ci si può chiedere: concetti apprezzabili come quelli di leadership empatica o gentile sono ancora sufficienti? I manager devono ispirarsi a questi nuovi stili di direzione, ma è ancora adeguato tale livello di guida per persone quasi sempre sotto pressione, e spesso sotto una sorta di stress collettivo? E a livello corporate, è ancora sufficiente parlare di CSR, ancor più se questa responsabilità è vista solo in senso normativo (compliance with)? Non è giunto il momento di un chiaro Social Commitment dell’impresa, che veda la “responsabilità” non solo come rispetto delle norme (ci mancherebbe…), ma anche come forte impegno per la comunità aziendale e per quella che vive fuori da essa?
Spesso ci si rifugia in accezioni puramente formali della responsabilità d’impresa, ma questo oggi non basta più, e ci vogliono azioni chiare e coraggiose. Un esempio, fra i tanti che si sono registrati fra le imprese appena scoppiato il Covid: una multinazionale tascabile (ma già oltre i 600 mln di fatturato), la SPAL di Correggio (RE), fa partire subito un bonifico da 100.000 euro in favore della locale ASL. Non fa comunicati sull’impegno ad “aprire un tavolo”, o nuovi protocolli per le condizioni in fabbrica, o “sistemi di monitoraggio” sulla salute e simili: magari fa anche questi, e in ogni caso rispetta ogni tipo di norma, ma va al di là, col gesto di un’erogazione non dovuta che la dice più lunga di tanti documenti o protocolli.
Questo deve essere il nuovo paradigma, e nasce nell’ambito di un’idea di leadership che sia non solo attenta ad ascoltare, ma anche pronta ad agire, andando oltre il classico paradigma à la Friedman per cui l’impegno sociale di un’azienda è fare profitto. Migliaia di aziende italiane sono già oltre questa linea, ma ora si deve fare un passo in più: riconoscere che l’azienda spesso deve esercitare la responsabilità non solo verso gli stakeholders più diretti (lavoratori, clienti, fornitori) ma anche verso la comunità più ampia, quella che è fuori dal perimetro dell’azienda. Una leadership che diventi SERVIZIO, rivolto ai soggetti interni ma anche a soggetti esterni come i giovani, il sistema scolastico e quello universitario, le donne escluse dal lavoro, e le parti più fragili di una comunità.
Partendo da tali riflessioni, due soggetti importanti del panorama associativo d’impresa, come i sistemi Federmanager e Unindustria dell’area romana e del Lazio, hanno stimolato Fondirigenti su questa nuova idea di servizio, e questo Fondo bilaterale per la formazione manageriale (btw: il più grande d’Europa per il target dei manager) ha risposto in modo convinto, affidando a realtà dei due sistemi associativi (CDI Manager, Federmanager Academy e Unindustria Perform) un progetto che perverrà nelle prossime settimane a un Modello per una Leadership come servizio. Questo è stato costruito mettendo alcune decine di manager in dialogo con la prestigiosa Università Gregoriana, il “pensatoio del Papa” affidato alla guida dei Gesuiti.
Si è trattato di un’esperienza molto originale e innovativa, ma ancora più interessanti sono i profili di gesuiti a partire dai quali si sono sviluppati i Laboratori con i manager:
- il Cardinal Martini come maestro di dialogo vero e di ricerca del senso profondo della propria esperienza (soprattutto di quella lavorativa);
- lo scienziato Teilhard de Chardin, che negli anni ’30 e ’40 difendeva l’autonomia della scienza della fede e pagò con un duro esilio in Cina, sviluppando però una lettura positiva del rapporto con la cultura moderna;
- il gesuita americano Avery Dulles, la cui storia, col suo impegno per l’ecumenismo e il dialogo fra posizioni conservatrici e progressiste nei decenni passati, ha aiutato i manager nella ricerca di una mediazione “alta” fra le varie strategie che in azienda si contrappongono.
Del resto, riflettere su tradizioni così solide e basate su studio rigoroso e impegno credibile è una pista feconda: il confronto è stato condotto in modo laico e non confessionale, ad esempio con concetti gesuitici come la “lama d’acciaio della volontà”, lo spunto per un agire manageriale tenace e insieme flessibile. Allo stesso modo, l’idea di passare dalla classica “mission” aziendale a un’idea più coraggiosa di “missione” a servizio dell’azienda e della società, costituisce un passo avanti nell’impegno di manager e imprenditori, perché è il mondo di oggi a richiederlo, con la coda post Covid e le nuove atroci guerre, la crisi climatica e le tensioni geopolitiche che si scaricano anche sulla vita quotidiana nelle imprese di ogni tipo. Fondirigenti ha promosso questo confronto, e ora mette a disposizione un Modello accessibile a tutti gratuitamente (v. la Open Innovation Library su www.fondirigenti.it, o scrivere a info@federmanageracademy.it).
Federico Mioni è Direttore di Federmanager Academy