MONDO FORMAZIONE
ANDREA AMPÒ
Ottobre 2023
Non è un segreto che, sempre di più, le aziende stiano investendo in strumenti di Intelligenza Artificiale (AI). Come già evidenziato in un altro articolo di Harvard Business Review[1], non basta però avere in azienda un team di data scientist per sfruttare a pieno il potenziale di questa tecnologia. Riteniamo infatti sempre più necessario che il business management sia pienamente coinvolto nei processi di cambiamento basati sull’Intelligenza Artificiale fino ad assumerne un ruolo di guida affiancandosi agli specialisti. Questo, però, è più semplice a dirsi che a farsi a causa delle non indifferenti complessità tecniche dell’AI (in particolare alle sue basi statistico/matematiche e al coding vero e proprio); talvolta, anche il solo riuscire a dialogare “alla pari’”con gli specialisti dell’AI è compito impervio. Il sempre maggior uso di algoritmi di machine learning, deep learning e l’ormai sempre più discussa AI generativa non fanno che aumentare il gap di conoscenze fra il mondo del business management propriamente detto e quello degli specialisti dell’AI. È, questo, un divario che va colmato affinché l’AI diventi uno strumento di creazione di valore a servizio degli obbiettivi aziendali e dei suoi clienti.
Vediamo alcuni esempi del perché riteniamo che il management debba essere pienamente coinvolto nella selezione, sviluppo e implementazione di soluzioni di AI:
• Valutare maturità e opportunità delle soluzioni AI: diversi strumenti di AI hanno gradi di maturità diversa, con diversa affidabilità dei risultati. L’AI generativa, ad esempio, ha una maturità generalmente minore rispetto all’AI predittiva. Il management non può dunque non chiedersi quando sia opportuno, o non opportuno, lanciare una determinata soluzione AI. E, questo, dipende dal contesto di business in cui viene introdotta la soluzione AI oltre che dai suoi aspetti tecnici.
• Gestire i trade-off, priorità e performance dell’AI: l’AI non è un oracolo e farà errori; la performance non sarà quindi sempre “ottimale” in tutti i suoi aspetti. Lo specialista affronterà questi temi proponendoci (per la AI predittiva, ad esempio) metriche di performance quali accuracy, recall, precision, falsi positivi, falsi negativi. Fra queste metriche esiste spesso un trade off: se voglio diminuire l’errore di tipo X, devo accettare che aumenterà l’errore di tipo Y. Tipi diversi di errore, e diverse metriche di performance, hanno a che fare con diversi aspetti del business: costi, ricavi, rischi reputazionali diversi a seconda del tipo di errore e contesto di business. Chi risolve questi trade off? Chi definisce le priorità? È il management che deve decidere quale direzione prendere ma, a tal fine, è necessario che il management capisca il linguaggio dell’AI: solamente così il management potrà affiancare gli specialisti per “incorporare” le regole e l’esperienza di business all’interno di una soluzione di AI e gestirne i vari trade-off.
• Aspetti etici dell’AI: è questo un dibattito sempre più vivace. Nel campo della AI predittiva, ad esempio, si pone spesso il tema dell’equità dell’AI, cioè di costruire soluzioni che siano non-discriminatorie. Pensiamo a un AI HR Assistant che seleziona, fra molti curriculum, solo quelli più in linea con il ruolo da ricoprire: se non opportunatamente tarato, l’algoritmo potrebbe selezionare solo i profili maschili in quanto, in un determinato ambito, i maschi sono molto più presenti delle donne. Questo gender bias è chiaramente un rischio dal quale le aziende vorranno tenersi lontane.
• La AI generativa crea rischi ancora maggiori con la possibilità di creare falsa informazione e manipolazione della realtà.
Oltre ai semplici esempi riportati qui sopra, vi sono molti altri aspetti relativi all’AI che dovranno vedere coinvolto il management aziendale: da quelli più strategici (come l’AI cambierà la competizione?) a quelli più analitici (quali dati servono per implementare un algoritmo di AI?) senza trascurare gli aspetti di HR (come supportare il nostro staff nel processo di cambiamento? Quali impatti sulle nostre risorse umane?).
Formare i manager su aspetti che hanno valenza sia strategica sia operativa e anche molto tecnica non è però cosa semplice. Nel recente passato, a MIB Trieste School of Management, abbiamo formato sia profili con background altamente specializzato nelle discipline STEM su tematiche di business management sia un numero selezionato di business manager su tematiche di AI (creando, in questo caso, quei profili chiamati “business translators” o “analytics translators”). Visto il grande impulso che sta vivendo il mondo dall’AI, pensiamo sia però ora arrivato il momento per tutti i manager attuali o futuri di avere una formazione “non-trivial” sull’Intelligenza Artificiale. Nella nostra esperienza, questo si ottiene affrontando il tema da più prospettive: docenti di business, esperti di AI e manager aziendali lavorano congiuntamente al disegno e alla delivery di contenuti che mettono assieme business e AI. Si devono selezionare i contenuti tecnici strettamente necessari e, questi, devono essere affrontati anche con un approccio “hands-on” facendo lavorare i gruppi di lavoro formati da manager o studenti assieme a uno specialista di AI che li guida attraverso l’implementazione dei diversi modelli e il coding dell’algoritmo finalizzati a risolvere un problema di business.
L’obiettivo? Formare manager che possano interagire consapevolmente con gli specialisti dell’AI, affiancarli nei processi di sviluppo e implementazione delle soluzioni e, infine, guardare all’AI con approccio anche critico ed etico.
Il video di approfondimento è disponibile nel canale Youtube di MIB Trieste School of Management:
ANDREA AMPÒ è Professor of Marketing Management, Head of Teaching and Learning Technology di MIB Trieste School of Management
[1] HBR: “You Don’t Have to Be a Data Scientist to Fill This Must-Have Analytics Role”, by Nicolaus Henke, Jordan Levine, and Paul McInerney-February 05, 2018