MONDO FORMAZIONE
MONIA CARAMMA
Settembre 2023
Vi è mai capitato di non riuscire a concentrarvi, di non ricordare un nome, un termine, una parte di un discorso, di non seguire adeguatamente una conversazione o una riunione? È possibile che abbiate sperimentato il fenomeno noto come nebbia cerebrale o brain fog, termine non scientifico che descrive una sensazione temporanea di ridotta acutezza mentale.
La brain fog accompagna la storia dell’umanità ma è stata codificata nel 1850 dal medico britannico James Tunstall che usò il termine brain fag per descrivere l'esaurimento mentale che i lavoratori del cervello (avvocati, ragionieri, ingegneri, insegnanti, studenti, scrittori, scienziati) sperimentavano come conseguenza della eccessiva concentrazione. Negli anni ’60 la sindrome del cervello fagocitato è stata aggiunta al DSM-4 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per descrivere un eccessivo sforzo nello studio.
Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza delle performance lavorative legate a ritmi elevati richiesti sia agli imprenditori sia ai dipendenti, nonché ai consulenti. Il burnout, conseguente al sovraccarico di lavoro, è diventato un tema così diffuso da essere stato analizzato sotto il profilo clinico (psicologico e psichiatrico), mentre è ancora scarsamente esaminato sotto quello alimentare.
La ricerca scientifica degli ultimi decenni ha chiarito quanto il cibo influisca sugli stati mentali dimostrando l’esistenza dell’asse intestino-cervello (gut-brain axis). Parliamo della connessione tra sistema nervoso e sistema enterico che si realizza anche attraverso la presenza dello stesso gruppo di ormoni sia nel cervello sia nel tratto gastrointestinale. Nello specifico è stato osservato che il primo controlla fame e sazietà mentre il secondo (dove ha sede il microbiota) influenza il comportamento, le emozioni. Stress, nervosismo ed emotività influenzano l’intestino al pari dell’alimentazione.
Se guardiamo il burnout dal punto di vista ormonale troviamo alti livelli di noradrenalina che impediscono alla corticotropina di farci sentire sazi (ecco spiegato il legame tra fame e ansia). Salgono anche i livelli di cortisolo, ormone capace di determinare l'aumento di glicemia e grassi nel sangue e, quando permangono elevati per molto tempo, si innescano l’insulino-resistenza e il deposito di grasso a livello addominale. Inoltre il cortisolo alto inibisce la produzione di muco gastrico con conseguenti bruciori di stomaco, gastrite, ulcera gastrica.
Immaginatelo come un diagramma di flusso: il cervello sotto stress stimola il senso di fame che, se non controllata, ci porta a ingurgitare cibi trasformati; la loro azione sul microbiota genera infiammazione che aumenta lo stress e abbassa la capacità di concentrazione. Tutto questo accade mentre una cascata di neuroni e neutrotrasmettitori si scambiano informazioni anche contrastanti.
Aggiungiamo anche che la noradrenalina è un’antagonista della serotonina, molecola prodotta più nell’intestino che nel cervello, capace di innescare cascate ormonali responsabili delle sensazioni di benessere e calma, affettività, empatia.
I principali sintomi della brain fog includono difficoltà:
• nell’attenzione
• nella concentrazione
• nell’apprendimento
• con la memoria a breve termine
• a gestire il multitasking.
Le sensazioni più diffuse sono:
• lentezza ad afferrare i concetti o ad apprendere
• avere le parole “sulla lingua” ma non riuscire a pronunciarle
• sensazione di trovarsi in uno stato di sogno
• dimenticare di compiere un’azione che si era decisa pochi istanti prima
• non si memorizzano i dettagli delle conversazioni.
Spesso agire sui fattori scatenanti il burnout richiede una riorganizzazione lavorativa o la risoluzione di conflitti oppure il supporto di uno specialista. È fondamentale saper riconoscere la fase nella quale ci si trova e provare ad agire sull’asse intestino-cervello attraverso l’alimentazione in modo da sostenere gli ormoni positivi come ossitocina e serotonina. L’argomento è di tale rilevanza che ne parlerò al 6° Forum Nazionale del Project Management che si terrà il 6 ottobre da Fico a Bologna. Il titolo Food for thought sottolinea quanto la nostra mente abbia bisogno di stimoli cognitivi così come di uno stile alimentare adeguato.
Quali azioni possiamo compiere? Iniziamo con l’inserire nella dieta quotidiana i cibi che contengono triptofano, anche detto neutrotrasmettitore del buonumore, un aminoacido precursore della serotonina: olive, frutta secca (mi raccomando di provenienza italiana come noci, mandorle), semi di sesamo (ottima anche la tahina) cioccolato fondente, ceci e lenticchie, pesce pescato, carni bianche di pollo e di tacchino non da allevamenti intensivi.
La parola fondamentale è: consapevolezza. Se ci assale la fame, proviamo a razionalizzare: l’istinto ci porta verso alimenti processati e ricchi di energia (per esempio zuccheri che aumenterebbero la glicemia facendo arrabbiare il microbiota); se siamo tra i pasti, mangiamo frutta secca e semi (si trovano in bustine monodose anche nelle stazioni di servizio, non ci sono scuse), se ci troviamo in uno dei tre pasti principali usiamo olio evo, preferiamo verdura cruda (non immaginate i benefici del mangiare qualche foglia di insalata appena seduti a tavola), cereali senza glutine (così da non aumentare l’infiammazione). Dissociare i carboidrati complessi (pane e pasta) dalle proteine animali ha vantaggi sia per la digestione sia per l’intestino: possiamo mangiarli in pasti separati accompagnandoli alla verdura sia cotta sia cruda.
La brain fog non si contrasta con gli energizzanti (che agiscono sulla produzione di noradrenalina) ma con tutti gli alimenti e i minerali che stimolano i due ormoni della serenità: ossitocina e serotonina. Iniziamo a valutare i quantitativi di magnesio, rame, zinco, selenio, vitamina C, vitamine del gruppo B (badando a non eccedere il 100% del VNR con la B12 a meno che non sia stata prescritta per patologia) che assumiamo tutti i giorni perché sono elementi importanti per il nostro benessere mentale e fisico.
MONIA CARAMMA è Chief Sustainable Food Officer e Sustainable Food Researcher. Studia i cereali antichi con e senza glutine dal 2000 e il sorgo dal 2015. È membro dello Steering Committee di Sorghum ID e Vice Presidente di Sorghum United.
Editorialista, autrice, si occupa di divulgazione di temi legati al cibo, alla sua trasformazione e ai riflessi sul benessere delle persone. È formatrice, in ambito nazionale e internazionale, in congressi rivolti a medici, dietologi e nutrizionisti, professionisti del settore salute e benessere. Formula alimenti salutistici e sostenibili. Nel 2021 ha pubblicato Cereali antichi e moderni (Mind Edizioni) e nel 2023 La verità vi prego sul cibo. Manuale di sopravvivenza alimentare (Mind Edizioni).
Suoi articoli sono pubblicati, tra gli altri, su Journal of Food and Nutritional disorders, Tecniche molitorie, L’altra medicina, Professional Pasta, Alimenti funzionali.