MONDO FORMAZIONE

IL RUOLO STRATEGICO DELLE SOFT SKILLS NELLA FORMAZIONE MANAGERIALE DEL SETTORE TURISTICO

MICHELE PRETE

Giugno 2023

Che ci sia da intervenire nella formazione manageriale del mondo del turismo, è oggi cosa chiara.

 

Di fronte a un’impennata di richieste (442 milioni i pernottamenti previsti in Italia per il 2023, con una spesa prevista di 89 miliardi[1]), si contrappone la sempre minore capacità di questo settore di rivolgersi al mercato del lavoro con attrattività. Nel primo periodo del 2023 (febbraio-aprile), su un fabbisogno di circa 210mila addetti, si è evidenziata una mancanza di 50mila lavoratori, con un 34% delle attività che ha denunciato difficoltà nel trovare personale.

 

Qualcosa non funziona, ed è tempo d’intervenire in modo deciso; perché?

 

Di seguito condivido tre ragionamenti:

 

1) meno persone vengono attratte da questo settore più chi ci rimane è sottoposto a crescente stress. Ciò crea, nella migliore delle ipotesi, una permanenza forzata sul proprio posto di lavoro e una probabile impennata dei casi di burnout. Nella peggiore, l’esodo dei professionisti che ci lavorano. Danni incalcolabili poiché non solo inficiano la capacità delle strutture di offrire servizi ed esperienze di qualità, ma significano anche la perdita di quel know how che ha caratterizzato l’ospitalità italiana come punto di riferimento nel mondo;

2) meno persone vengono ora attratte da questo settore più il business sarà propenso a polarizzare il suo modello. Questo significa che, a medio-lungo periodo, dovremo immaginare un mercato turistico sempre più diviso tra super lusso e ospitalità semi automatizzata;

3) inutile soffermarsi sulle conseguenze che questi possibili scenari rappresenterebbero. In Italia sta già crescendo il peso dei big brand internazionali, con gli alberghi di catena che crescono del 3.3% anno su anno, acquisendo, nel 2023, il 5.5% del mercato[2]. Il 71,7% di questa fetta è rappresentata dai segmenti upscale e upper upscale e questo di per sé è un bene per il sistema turistico Italia.

 

Quando può diventare una minaccia?

 

Essendo gli hotel di catena maggiormente strutturati nelle modalità di recruiting, engagement e retention del personale, questo sbilanciamento può rappresentare una minaccia nel momento in cui tutta la fetta delle strutture non di catena, ovvero il 94,5%[3] del mercato nazionale, fallisca nell’allinearsi ai loro modelli. Ciò significherebbe, cosa che sta già accadendo, un mondo del turismo attrattivo solo per il settore upscale. E il restante 94,5%?

 

Per anni, parte di questo 94,5% è stata gestita in modo molto “artigianale”, raggiungendo comunque risultati più che apprezzabili. Nel mondo odierno, dove il nostro Paese non può più nascondersi dietro il fatto di possedere una percentuale molto consistente del patrimonio artistico e culturale del pianeta per giustificare gestioni approssimate, l’investimento nella formazione manageriale è la priorità strategica per garantire la competitività dei servizi turistici italiani nel mondo.

 

A che cosa serve la formazione manageriale quando è solamente concentrata su budget, strategie di marketing e sul contenere costi, in primis quelli del personale?

Serve di sicuro, ma poco a lavorare sull’attrattività. Questo perché una delle ragioni principali per le quali le persone lasciano le aziende (50% secondo una ricerca di Gallup) è la qualità del rapporto umano con il proprio manager. Significa che la leadership, la capacità di gestire i conflitti, il saper guidare un gruppo attraverso un processo di team building, senza parlare della comunicazione e del creare un ambiente di lavoro che sia “psycologically safe”, rappresentano una ragione su due per le quali i collaboratori scelgono un'altra azienda o, come nel nostro caso, un altro settore.

 

Invito ad alcune riflessioni finali in questo senso:

 

·       è logico pensare che l’investimento strategico nella formazione nel settore turismo debba riposizionarsi non più come voce di costo, ma come centro generatore di ricavo?

·       riusciamo a immaginare un Paese dove lavorare nel mondo del turismo rappresenti un motivo d’orgoglio, e non una scelta di ripiego?

·       è possibile ragionare su modelli e ambienti di lavoro che non siano più legati ai princìpi militareschi della “vecchia scuola”, che tanto bene ha fatto e che tanto poco è divenuta attrattiva, soprattutto nei confronti dei giovani?

 

Io sono convito di sì e, forse, per iniziare, basta semplicemente fare qualcosa di diverso da quello che si è sempre fatto fino ad ora: mettere strategicamente al centro l’essere umano, in un business che fa della qualità del rapporto umano la sua colonna portante.

 

 

MICHELE PRETE è Founder & Head of Learning & Development di Hospite

[1] https://demoskopika.it/wp-content/uploads/2023/03/CS-Turismo-Previsioni-2023.pdf
[2] https://horwathhtl.com
[3] https://horwathhtl.com

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