MONDO FORMAZIONE
SANDRO FORMICA
Maggio 2023
La formazione manageriale si basa su due colonne portanti: la conoscenza e lo strumento. La prima è rappresentata da tutti gli elementi che ci permettono di capire i rapporti tra gli aspetti e le dinamiche aziendali. Ad esempio, comprendere l’impatto che ha la motivazione intrinseca sull’employee engagement o l’aumento di produttività che deriva dal job crafting. La seconda, rappresentata dallo strumento, consiste negli aspetti pratici che attivano e permettono di utilizzare correttamente la conoscenza acquisita. Si tratta di modalità, strategie, procedure e processi che indicano esattamente cosa fare per ottenere i risultati desiderati.
Sin dal 2000, ho condotto formazione manageriale in “gestione strategica delle organizzazioni”, fondando l’erogazione dei contenuti su queste due colonne portanti: la conoscenza delle dinamiche aziendali per poi passare all’utilizzo, attraverso applicazioni pratiche, dello strumento. Al termine dell’esperienza formativa, i partecipanti, attivamente coinvolti in simulazioni di strategia aziendale, si mostravano entusiasti e intenzionati ad applicare, non appena tornati al lavoro, il modello strategico testato in aula. In realtà, nel raccogliere e analizzare feedback allo scadere di un anno dall’esperienza formativa, venivo a scoprire che solo il 10% dei manager aveva utilizzato il modello di strategia aziendale appreso in aula. Non riuscivo a comprendere il perché. Avevamo passato non più del 20% del tempo in aula a studiare l’aspetto conoscitivo, mentre ci eravamo immersi per oltre l’80% a utilizzare esperienzialmente lo strumento, applicandolo a casi concreti. Per qualche anno, ho chiamato i partecipanti, uno ad uno, per capire perché, nonostante ritenessero lo strumento funzionale, efficace e in grado di aumentare la profittabilità, non lo mettessero in atto. Il feedback ricevuto da loro si può riassumere in un breve paragrafo: “Ho raggiunto la vetta della mia carriera grazie alle competenze apprese e alle azioni compiute nel passato. Anche se so che il cambiamento necessario per applicare il modello appreso in aula porterà la mia azienda a ottenere un vantaggio competitivo, scelgo di rimanere ancorato a competenze manageriali e stili di leadership già acquisiti. Non me la sento di lasciare il certo per l’incerto”. In verità, proprio quando non ci apriamo al cambiamento, resistiamo a innovazione e progresso. L’unica certezza che ci rimane è quella dell’insuccesso.
La formazione manageriale necessita di una terza colonna portante: l’auto-consapevolezza. Nel 2018, l’Harvard Business Review ha pubblicato sei articoli che contenevano, nel titolo, la parola Auto-Consapevolezza. In precedenza, era uscito a firma 10 HBR Must Reads intitolato On Managing Yourself. A prescindere dai diversi contenuti, approcci e autori che hanno contribuito al libro e agli articoli, si nota chiaramente un comune denominatore: l’auto-consapevolezza è la competenza fondante di leader e manager di successo. Non si tratta di una semplice opinione, seppur di autori esperti e profondi conoscitori del settore, ma del risultato di ricerche che hanno coinvolto migliaia di partecipanti.
Nonostante l’attenzione dedicata dall’HBR all’auto-consapevolezza, permane una percezione diffusa, in particolare nel mondo aziendale, della sua astrattezza. Ho investito gli ultimi dodici anni della mia professione a rendere l’auto-consapevolezza un concetto semplice, concreto e progressivamente integrabile a livello individuale e aziendale. Ci sono nove elementi che la compongono e vanno approfonditi in ordine progressivo, dai bisogni ai valori, fino ad arrivare al piano di vita.
I Bisogni
Tutti i comportamenti sono riconducibili alla soddisfazione di uno o più bisogni. Conosciamo i bisogni principali che ogni collaboratore vorrebbe avere pienamente soddisfatti al lavoro? Qual è il livello di soddisfazione di ognuno di quei bisogni? Se non abbiamo misurazioni certe e periodiche di queste informazioni non possiamo affermare di conoscere la nostra azienda. Il barometro italiano della felicità al lavoro, che ha raccolto dati da un panel rappresentativo dei lavoratori italiani negli ultimi tre anni (2020-2023), ha riscontrato che il 44% della forza lavoro italiana sta pensando di cambiare lavoro a breve.
I Valori
I valori influenzano le nostre scelte, da quelle più semplici a quelle più impattanti. La scienza suggerisce che l’allineamento valoriale tra azienda e collaboratore migliora la performance individuale e organizzativa, oltre a generare benessere e soddisfazione. Possiamo verificare il livello di allineamento dei valori dei collaboratori con i compiti che sono stati loro assegnati? Tra gli strumenti più efficaci per ottenere questo allineamento c’è il job crafting, che consiste nel modellare compiti e funzioni ai nostri valori per “confezionare un abito su misura”.
I Talenti e le Competenze
Frequentemente, le persone confessano di aver lasciato da parte il proprio talento in quanto non allineato all’attività professionale svolta. La realtà è che proprio grazie all’interesse e al supporto dei talenti individuali e di team le aziende hanno sviluppato e sostenuto il loro successo, la loro vena innovativa e la loro unicità. Il mancato allineamento tra talenti e competenze creerebbe, come spesso accade, uno scollamento tra i compiti che svolgiamo ogni giorno al lavoro e il contributo che potremmo dare all’organizzazione e a noi stessi nell’esprimere, mettere in pratica e ispirare gli altri attraverso i nostri talenti.
Le Convinzioni
Le convinzioni agiscono come filtri che permettono di interpretare quello che ci succede, momento per momento. Visto che la maggior parte dei pensieri che facciamo va contro noi stessi, è in antitesi con ciò che vogliamo creare e, spesso, contro il benessere dell’azienda, questa competenza ha come obiettivo primario quello di aumentare la soddisfazione e la performance personale e collettiva raggiungendo la consapevolezza delle proprie convinzioni e modificando quelle che danneggiano non solo noi stessi, ma anche coloro che ci sono vicini.
Le Emozioni
Da decenni pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato e confermato che l’intelligenza emotiva è di gran lunga più importante di quella intellettiva. Quest’area di studio esperienziale aiuta a far familiarizzare individui e organizzazioni con gli aspetti dell’emotività, che sono critici per prendere decisioni e per tessere rapporti sostenibili e di mutuo apprezzamento, rispetto ed empatia. L’intelligenza emotiva predice la soddisfazione al lavoro, è correlata all’impegno organizzativo e, inevitabilmente, aiuta a diminuire la propensione alle dimissioni.
Comunicazione Empatica (e gestione dei conflitti)
La comunicazione è lo strumento primario per la soddisfazione dei propri bisogni. Quando incontriamo dei problemi tendiamo a puntare il dito verso l’altra persona, la quale non ha altre alternative se non quella di attaccare o di difendersi. Ciò risulta un sostanziale dispendio di energie organizzative. La comunicazione empatica si articola in quattro fasi: (a) interpretare fatti ed eventi oggettivamente, quindi senza filtri, (b) esprimere l’emozione scaturita da quegli eventi, (c) specificare il bisogno che desideriamo essere soddisfatto, (d) formulare una richiesta chiara e fattibile utilizzando verbi d’azione.
Il Proposito di Vita
Il proposito di vita è rappresentato dal nostro impegno e dedizione, attraverso talenti e competenze, a un qualcosa che è più grande di noi stessi. Funge da bussola interiore e ci permette di determinare, in ogni momento della nostra esistenza, in quale direzione ci stiamo dirigendo e se quella direzione ci aiuta a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati. Le persone che hanno un proposito e lo perseguono vivono più a lungo degli altri, sono più felici, guadagnano di più, dormono meglio e si ammalano di meno. Lo studio di Harvard The Business Case For Purpose, sponsorizzato dalla Ernst&Young, dimostra la superiorità competitiva delle aziende che utilizzano il proposito come strategia guida.
L’Immaginazione
L’immaginazione è il volano della crescita e dell’evoluzione. Aiuta a risolvere i problemi, è alla base dell’innovazione, stimola l’economia e promuove la crescita. Tuttavia, coloro che lavorano in azienda hanno generalmente ricevuto una formazione tecnico analitica: dobbiamo rimettere in funzione la parte destra del cervello, quella creativa, per permettere a coloro che lavorano in azienda di esprimere al meglio quelle potenzialità che vanno oltre gli schemi e le limitazioni imposte dagli altri e per massimizzare la creatività e l’innovazione.
Il Piano di Vita
Nella pianificazione di vita mettiamo insieme conoscenze, esperienze e attività sviluppate e raccolte nelle otto aree precedenti per determinare con chiarezza i nostri obiettivi, specificando cosa, come, chi e quando. È una compilazione di esercitazioni che spingono i dirigenti (e tutti i collaboratori aziendali) a creare il loro futuro e ad anticipare le sfide e le opportunità che incontreranno ancora prima che esse accadano.
L’auto-consapevolezza non è un traguardo, ma un processo che si apprende e si integra nella vita di tutti i giorni. Scaturisce da una scelta basilare che siamo chiamati a fare ogni minuto della nostra vita: quella di decidere se vogliamo spendere o investire il nostro tempo. È una scelta che porta a delle conseguenze immediate, ma continue, di arricchimento (o impoverimento) delle nostre capacità personali, manageriali e di leadership.
SANDRO FORMICA è Professore alla Florida International University e VicePresidente e Direttore scientifico dell’Associazione Ricerca Felicità