Mondo Formazione

UNA NUOVA INTERNAZIONALIZZAZIONE PER LE IMPRESE:
OLTRE IL VUCA, NEL POST-GLOBALIZZAZIONE

FEDERICO MIONI

Dicembre 2022

Il contesto odierno, con crisi pandemiche ed energetiche, belliche e ambientali, modifica la dinamica analitico-decisionale di un manager. Ciò nel senso che, mentre nell’ottica classica si cercavano le soluzioni alla specifica crisi che si presentava (approccio unidimensionale), col nuovo approccio si deve da un lato anticipare l’analisi di possibili crisi annunciate da segnali deboli o circostanze critiche, dall’altro guardare a una pluralità di trend e di crisi, perché queste sono sempre più il frutto di una combinazione di fattori.

I continui mutamenti di rotta sono oggi una necessità frequente, e il rischio di una “tempesta” è amplificato nel caso delle imprese che operano all’estero, perché si moltiplicano le variabili in gioco. Per tali ragioni, l’unico obiettivo realistico è di costruire un modello che:

·      tenga conto della complessità e dell’accelerazione costante di certe dinamiche;

·      consideri come nuova “regola del gioco” l’accidentalità degli scenari, che a volte diventa vera e propria emergenzialità;   

·      abbia come riferimento non la classica sistematicità di un Modello, quanto invece la INCREMENTALITÀ delle acquisizioni e dunque delle soluzioni proposte da esso, proprio in risposta alla “accidentalità” di cui si diceva;

·      punti a dare non una classificazione dei problemi e delle indicazioni per risolverli, come fa un Modello, quanto piuttosto a dare un INVERAMENTO del Business Model e della strategia di un’azienda, costruiti sul campo e con una logica incrementale.

Due esempi per spiegare meglio, il primo dei quali riguarda l’Export Manager. L’internazionalizzazione è qualcosa di molto più ampio dell’Export, ma l’Export Manager è una delle figure centrali di tale dinamica: questa tipologia di manager non è più la stessa di alcuni anni fa, perché oggi “Export is more than Export”, come recita il titolo di un eBook scritto da M. Di Pace (disponibile sul nostro sito). Oggi siamo di fronte a qualcosa di più strategico dell’Export classico, arrivando al nucleo centrale della mission di un’impresa, con l’Export Manager che non è più soltanto il responsabile delle vendite in un Paese, ma un attore strategico, che a volte decide anche il Make or Buy o l’investimento in un mercato invece che in un altro.

Il secondo esempio attiene al cosiddetto “Trade Compliance Officer”, un manager che non è più solo il tecnico delle normative da rispettare per dazi, dogane o simili, perché, quando si sa che possono irrompere sanzioni o blocchi, ci si deve attrezzare con piani strategici, che considerino non una semplice “Compliance WITH” (conformità a norme) ma quella che definiremmo “Compliance FOR”: quest’ultima è una visione di rispetto delle regole in ottica proattiva, in cui le regole sono l’asset da unire ad altri asset per costruire una strategia flessibile (cioè pronta ai cambiamenti).

Questi sono temi su cui Federmanager e Confindustria stanno riflettendo, e nelle prossime settimane vi sarà una proposta in tale direzione. Quella che abbiamo accennato per ora è la riflessione di Federmanager Academy, che comprende l’impostazione di quanto visto più sopra a cui, per ora, vogliamo aggiungere solo un importante aspetto: se le criticità di un’azienda sono come le falle in una nave, queste vanno riparate SENZA la possibilità di “pausa” nella navigazione che qualche anno fa era consentita, e senza la possibilità di tornare in un porto sicuro. Oggi, infatti, interrompere la “navigazione” può significare compromettere la continuità d’impresa, perché non c’è tempo per fermarsi, in quanto è il mondo della produzione e del commercio che non conosce pause: si deve quindi lavorare con un modello dotato di coerenza ma senza la pretesa di voler, PRIMA di ripartire, comprendere tutte le variabili di un business sfidato da novità e rischi continui.

Per certi versi, il Risk Management è la “parola del decennio”, e il modo per affrontarlo non può che essere INCREMENTALE, essendo pronti a gestire e non a rimuovere le “incidentalità” che si affacciano nel business. Ciò avviene anche quando si prende una decisione che sembra portatrice di dinamiche produttive più facili da gestire, come è il caso del re-shoring. Riportare una produzione nel Paese dell’azienda, infatti, è una scelta apprezzabile ma, se non viene preparata al meglio, ha costi per le operations più alti di quanto in genere si pensi: in tal caso, si creano i cosiddetti nodi fra produzione-logistica-finanza che impattano in modo rilevante sul breve periodo. Allo stesso modo, una strategia di off-shoring deve fare i conti con nuove logiche di “sicurezza nazionale”, soprattutto quando si parla di beni dual-use (ambito civile e ambito militare).            

Tutto quanto ora detto, fra nuove skill “verticali” su energia e normative, finanza e vincoli della logistica, non può però mettere in secondo piano, come necessità di un manager, le soft skill: queste rimangono centrali per formare team coesi e motivati che lavorino in Paesi esteri, con quella nuova leadership che oggi deve essere più responsabile e portatrice di una risonanza positiva.

FEDERICO MIONI è direttore di Federmanager Academy

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