MONDO FORMAZIONE
SERENA CANDEO, FEDERICA RICCARDI
Settembre 2022
Motivazione significa “muoversi” verso un oggetto o uno stato desiderato. Ma qual è l’obiettivo o lo stato desiderato? Le persone conoscono il traguardo di benessere che intendono raggiungere? Il risultato che vorrebbero conseguire? I manager riescono a comprendere e a mantenere il focus sullo stato desiderato dai propri collaboratori e collaboratrici?
Queste sono alcune delle domande che ci si sta ponendo sempre più frequentemente in relazione ai fenomeni great resignation, quite quitting and attrition che stiamo osservando.
La storia di Lorenzo, Quality Specialist presso un’azienda automotive, e della sua manager Nadia, ci può aiutare ad approfondire come le neuroscienze offrano nuove chiavi di lettura e strumenti di intervento efficaci.
Lorenzo è un giovane brillante, in azienda da 5 anni. È inserito in un talent plan che prevede formazione, attività di teambuilding e project work per accompagnarlo a ricoprire in futuro un ruolo apicale. Improvvisamente rassegna le dimissioni. Nadia e l’HR manager lo incontrano per comprendere le ragioni della decisione e Lorenzo ne offre alcune: “Non percepisco più il senso del mio lavoro qui… Non mi è chiaro dove vuole andare questa organizzazione e quale sia la vision di fronte alla complessa situazione del settore”, “Non imparo più cose nuove nel team” e “Mi aspettavo una maggiore autonomia decisionale”.
Queste storie negli ultimi mesi sono sempre più frequenti e ci invitano a interrogarci su quali siano le motivazioni e i bisogni delle persone all’interno delle organizzazioni. Le neuroscienze possono aiutarci a comprendere le dinamiche di funzionamento di base che accomunano le persone, indipendentemente da generazione, genere e ruolo aziendale.
Le neuroscienze dimostrano che attiviamo il circuito di pain, ovvero di percezione di sofferenza, di fronte a una potenziale minaccia fisica o sociale e il circuito di reward, ovvero di ricompensa/soddisfazione, a fronte di una percezione di gratificazione. Fino a qui, nulla di nuovo. La chiave è però comprendere quando le persone attivano abitualmente il circuito di pain e di reward. Spesso il circuito di minaccia si attiva quando temiamo di “perdere la faccia” in un contesto sociale, quando c’è carenza di informazioni rispetto al futuro o quando lo scenario è ambiguo e incerto come accade spesso nei momenti di change management. Questo circuito porta all’opposizione, alla tendenza all’isolamento fino al disinteresse (e alla demotivazione). Ne Il cervello al lavoro[1], a partire dall’analisi dei trigger neuroscientifici si propongono riflessioni e casi di applicazione per una rinnovata leadership in azienda, attraverso la rivisitazione dei processi di change management, training, wellbeing e comunicazione interna. Quindi la domanda da porsi è: come riattivare il circuito del reward in tutta l’organizzazione? Come consulenti di sviluppo organizzativo e formazione in Praxi stiamo notando l’attivazione del circuito organizzativo di reward in quegli interventi consulenziali basati sulla cultura del feedback reciproco, sul coinvolgimento delle persone nelle decisioni e sulla partecipazione congiunta al futuro dell’azienda.
Come gli antropologi, possiamo provare a esplorare quali siano le condizioni che attivano la percezione delle persone di lavorare in un contesto sicuro e motivante che attivi il circuito di reward.
Secondo Amy Edmondson, docente di Leadership e Management della Harvard Business School, la sicurezza psicologica è oggi cruciale per motivare i dipendenti a impegnarsi e assumere, con maggiore consapevolezza, le proprie responsabilità. I presupposti di sicurezza sono: clima di fiducia tra le persone, chiarezza e comunicazione trasparente, motivazione e coinvolgimento, divertimento.
Già nel secolo scorso, Douglas McGregor dimostrò che l’essere umano è naturalmente motivato a lavorare bene e che le leve di motivazione intrinseca, tra cui lavorare in un contesto sicuro, sono più potenti rispetto ai sistemi di controllo delle persone, che al contrario tendono a farla diminuire.
Ma tornando alla nostra storia… cosa è successo a Lorenzo? Seguendo le riflessioni di Daniel Pink[2], cogliamo: scarsa comprensione del purpose, percezione di non avere occasioni di apprendimento e infine scarsa autonomia nel processo decisionale.
Il caso di Lorenzo ci induce quindi a riflettere sulla necessità di riconoscere e sviluppare nuove leve di motivazione. Nello specifico, Pink ha dimostrato che, a fronte di una retribuzione equa, ciò che fa la differenza sul circuito di reward e sulla performance sono:
1) la partecipazione consapevole al purpose aziendale e gli effetti a lungo termine anche sulla società;
2) la padronanza, ossia il sentirsi competente in ciò che si fa, apprendere e perfezionarsi costantemente;
3) l’autonomia nelle scelte e nell’organizzazione del proprio lavoro per raggiungere l’obiettivo.
Nella nostra pratica quotidiana di consulenti noi proponiamo ai manager alcune domande di autoriflessione, per comprendere più approfonditamente che ruolo possano giocare per frenare i fenomeni che abbiamo precedentemente citato:
1. Qual è l’ultima volta che ho dedicato tempo a dialogare con i miei collaboratori sul purpose dell’organizzazione, della BU di appartenenza e del loro ruolo?
2. In quale modo promuovo nel team la cultura dell’errore come step imprescindibile in un processo di crescita e di innovazione?
3. Che tipologia di sfide offro ai miei collaboratori e collaboratrici? Consentono loro di imparare in autonomia nuovi modi di affrontare le difficoltà?
4. Come organizzo le occasioni per parlare di futuro con il mio team?
Non ci resta che augurarvi buone riflessioni e sperimentazioni senza dimenticare cosa ci ricorda Masato Oono: “Leggete, mettetevi alla prova, fallite. Questo è il segreto per rendere la vita meravigliosa”.
SERENA CANDEO è Partner Praxi e Consulente Formazione e Sviluppo
FEDERICA RICCARDI è Consulente Senior Formazione e sviluppo Praxi
[1] Riccardo Bubbio (a cura di), Il cervello al lavoro, FrancoAngeli 2022
[2] Daniel H. Pink, Drive – Cosa davvero guida la nostra motivazione, Ayros 2022