INNOVAZIONE

L’intelligenza artificiale che potenzia il lavoro

Le conclusioni del convegno di Harvard Business Review Italia e Microsoft su lavoro ibrido e tecnologie digitali

Marzo 2023

L’intelligenza artificiale che potenzia il lavoro

È IL LAVORO IBRIDO la nuova normalità del mondo del lavoro e delle organizzazioni, ormai estremamente diffusa e sostanzialmente prevalente. In un continuum che certamente non esclude né forme di lavoro totalmente in presenza né integralmente a distanza, perché la realtà è variegata e “una taglia sola non veste tutti”. Ma c’è un punto in comune a qualunque tipo di organizzazione e articolazione si voglia definire e implementare in questo periodo storico di grande e accelerato cambiamento, ed è rappresentato dalle tecnologie digitali, sia in senso lato, sia, e sempre di più, nella forma dell’intelligenza artificiale. Gli strumenti tecnologici non sono un fine in sé, ma l’abilitatore che consente di realizzare le forme più avanzate di lavoro flessibile, coordinato e collaborativo. Farne a meno non è più possibile, usarle al meglio garantisce un vantaggio competitivo insostituibile.

Questo il quadro emerso nel convegno del 30 marzo organizzato alla Microsoft House di Milano da Harvard Business Review Italia e Microsoft Italia, dal titolo “Lavoro ibrido e nuovi orizzonti: intelligenza artificiale e innovazione digitale al servizio delle persone e delle organizzazioni”, cui hanno preso parte esperti di McKinsey, Microsoft, Enel, Maire Tecnimont, Unicredit e Fater. Un’occasione importante per fare il punto non solo delle problematiche legate alle nuove organizzazioni del lavoro nelle principali imprese, ma anche per una verifica dello stato dell’arte delle tecnologie più avanzate, tra cui emerge l’intelligenza artificiale che - come ha messo in evidenza Luba Manolova, Direttrice Divisione Modern Work e CyberSecurity di Microsoft Italia - è ormai incorporata negli strumenti di lavoro quotidiani, dove spicca il recente rilascio di Copilot, uno strumento avanzato di lavoro collaborativo immerso nella diffusissima suite Microsoft 365.

Per Federico Marafante, partner di McKinsey, per quanto riguarda la natura e i modi del lavorare ci troviamo di fronte alla più grande disruption dalla Rivoluzione Industriale. Il lavoro flessibile è un elemento fondante per tutte le organizzazioni e cambia dinamicamente l’assetto dei luoghi fisici. Ma la chiave per affrontare i cambiamenti è soprattutto la quantità di dati senza precedenti generati dalle tecnologie digitali. Le aziende rispondono a questa richiesta in modi diversi e con combinazioni diverse di lavoro in presenza e da remoto, con l’obiettivo di realizzare un risultato virtuoso fatto di coinvolgimento e collaborazione per cogliere l’obiettivo dell’efficienza e della produttività.

Al centro dei nuovi assetti del lavoro c’è l’incrocio virtuoso tra le persone e la tecnologia, ha sottolineato Luba Manolova, secondo cui con l’intelligenza artificiale si arricchisce in misura esponenziale la capacità e la soddisfazione del lavoro. La tecnologia può portare le organizzazioni a nuove frontiere di produttività, mantenendo al centro le persone. Per centrare l’obiettivo, le aziende devono concentrarsi su empowerment, engagement ed employability e Microsoft ha lanciato i suoi strumenti più avanzati per arrivare al miglior bilanciamento del rapporto benessere/produttività. Più chiaramente si definiscono gli obiettivi, infatti, più le persone si sentono coinvolte nel raggiungere un risultato. Da oggi, inoltre, cresce l’importanza dell’IA, specie nella forma basata sul linguaggio naturale, che è in grado di trasformare il modo in cui si lavora.

Dalla tavola rotonda, cui hanno preso parte alti rappresentanti di Unicredit, Enel, Maire Tecnimont e Fater è poi emersa una precisa indicazione: per realizzare al meglio l’equilibrio richiesto dalle diverse forme di lavoro ibrido occorre fare un salto culturale non indifferente, che parta da vertice e middle management ma coinvolga tutti i dipendenti. Un salto che richiede coinvolgimento e utilizzo di strumenti tecnologici avanzati, ma soprattutto che si basi su un rapporto di fiducia che costituisce la precondizione per raggiungere i risultati.

Come ha sottolineato Monica Rancati (Head of Group Functions People&Culture Strategic Partner, Unicredit), la collaborazione efficace in un nuovo contesto lavorativo diversificato richiede consapevolezza e condivisione, alla base delle quali si pone necessariamente il trust. I primi mesi della pandemia avevano colto molte organizzazioni alla sprovvista, ma oggi la situazione è molto cambiata ed è possibile calibrare i rapporti di lavoro equilibrando presenza fisica e relazione digitale in modo crescentemente efficace. Occorre sempre tenere presenti ambiti e contesti legislativi e normativi di riferimento, ma di certo la flessibilità ha diverse forme in cui venire realizzata se vi è orientamento alla collaborazione. Opportuno, ma in realtà sempre più indispensabile, l’utilizzo di tecnologie avanzate con cui realizzare realmente le relazioni collaborative che consentono un efficace connubio tra lavoro in presenza e in remoto. Una condizione, quella tecnologica, non più opzionale ma abilitante.

La pandemia è stata certamente un fattore di discontinuità e, nella visione di Franco Ghiringhelli (Group Human Resources, Ict, Organization & Procurement Senior Vice President, Maire Tecnimont) il peggior nemico dei modelli di lavoro ibrido è stato proprio il Covid, che ha lanciato i messaggi sbagliati, inducendo molte organizzazioni a scelte improvvisate di smart working. Al contrario, il lavoro ibrido può essere soddisfacente e produttivo ma solo se correttamente concepito e organizzato. Ed è un compito dei capi impostare in modo efficace e condiviso l’organizzazione del lavoro, incoraggiando i dipendenti e motivandoli verso una collaborazione che può portare a maggiore soddisfazione del lavoro svolto, in un buon bilanciamento tra fisico e digitale.

Per Giulio Natali, CHRO di Fater, alla base delle scelte da compiere nel nuovo contesto emerge al primo posto il fattore fiducia. Su questo pilastro si appoggiamo le scelte sia dell’azienda sia delle persone, in un nuovo modello collaborativo che prevede crescente autonomia e capacità di giudizio. Un empowerment che abbraccia non solo le scelte di lavoro, ma anche il benessere dei dipendenti. In Fater si praticano forme molto flessibili di lavoro, che comprendono una elevata libertà nella scelta del mix fisico/digitale ma anche nella fissazione dei periodi di riposo e di ferie. Il risultato è virtuoso perché incentiva scelte responsabili che portano a risultati misurabili e apprezzabili, che definiscono un nuovo modello d’impresa in costante evoluzione.

Fiducia e accountability sono al centro anche del modello che da tempo Enel sta sviluppando, ha confermato Carlo Albini, Head of People and Organization Staff & Services. In Enel le cose hanno preso a cambiare fin dal 2014, quando era subentrato l’attuale amministratore delegato, e la strategia aziendale ha preso a privilegiare scelte innovative e sostenibili di energia. In parallelo, ha iniziato a evolvere un modello di accentuato cambiamento culturale e organizzativo, che ha poi subito l’accelerazione dell’ultimo triennio. In un quadro di intenso cambiamento i capi hanno imparato ad assumersi maggiori responsabilità nel rapporto coi dipendenti e hanno sviluppato una maggiore proattività nell’organizzare il lavoro basandosi su nuovi rapporti di fiducia. E questo ha pagato, ricorda Albini, perché l’esperimento ha avuto successo anche grazie a una nuova concezione della leadership che ha consentito un change management culturale e organizzativo virtuoso, dove hanno potuto emergere concetti e azioni basate su idee di caring, motivazione, benessere e risultato.

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