ORGANIZZAZIONE

La trasformazione strategica dei Supply Chain e Operations Manager

Raffaele Secchi

Luglio 2025

La trasformazione strategica dei Supply Chain e Operations Manager

 

Da alcuni anni le aziende si trovano a operare in contesti segnati da un’instabilità crescente, non più riconducibile a eventi eccezionali o contingenti, ma il risultato dell’interazione continua di quattro driver concorrenti: tensioni geopolitiche, emergenze ambientali, evoluzioni tecnologiche e dinamiche socioeconomiche. Questi fattori agiscono in modo interdipendente, amplificando l’incertezza e alterando alla radice le condizioni di stabilità delle supply chain globali. In questo scenario, le disruption non sono più episodi isolati, ma l’esito ricorrente di pressioni sistemiche che ridefiniscono in profondità le regole del gioco competitivo e mettono in discussione le logiche alla base dei tradizionali modelli di approvvigionamento, produzione e distribuzione.

Sul fronte geopolitico, le guerre e le crisi regionali – come quelle che hanno investito l’Ucraina, il Medio Oriente o il Mar Rosso – hanno colpito duramente nodi strategici delle supply chain mondiali, compromettendo la continuità operativa di intere filiere. Queste tensioni hanno contribuito a innescare una tendenza sempre più evidente verso forme di deglobalizzazione selettiva: molte imprese stanno rivalutando le loro scelte di delocalizzazione, spostando basi di fornitura e poli produttivi in aree meno rischiose attraverso strategie di nearshoring o friendshoring (Wu, 2025). Questa riorganizzazione geografica dei flussi, guidata anche da logiche di sicurezza nazionale e indipendenza tecnologica, è spesso accompagnata da un aumento delle barriere commerciali, come dazi e restrizioni alle esportazioni, che alimentano l'incertezza e rendono più costosa e imprevedibile la gestione delle catene di fornitura globali.

La dimensione ambientale costituisce un’altra fonte strutturale di disruption. L’intensificarsi di eventi climatici estremi danneggia impianti produttivi, infrastrutture logistiche e aree agricole, interrompendo flussi di beni e materie prime. La transizione energetica, pur necessaria, introduce ulteriori elementi di criticità, soprattutto per le imprese che faticano ad adeguarsi ai nuovi standard di sostenibilità imposti dal mercato e dalle istituzioni. La necessità di decarbonizzare le attività logistiche e produttive richiede investimenti ingenti e cambiamenti profondi nella configurazione dei processi, che non tutte le aziende riescono a gestire con sufficiente rapidità.

Sul fronte tecnologico, la rivoluzione digitale che negli ultimi anni ha trasformato molte imprese porta con sé, accanto a nuove opportunità, anche una serie di criticità non trascurabili (Lamarre et. al., 2023). In particolare, l’integrazione dell’IA nei processi di pianificazione e controllo può rendere i processi aziendali meno trasparenti e più difficili da governare, soprattutto se mancano competenze interne adeguate per comprendere e monitorare i processi decisionali affidati ai sistemi di IA (Secchi, 2022; World Economic Forum, 2025). Inoltre, le reti globali digitalizzate sono sempre più esposte a cyberattacchi, che possono paralizzare in pochi minuti sistemi gestionali, piattaforme di trasporto o interi hub logistici.

Infine, i driver sociali e demografici completano il quadro delle forze che minacciano la stabilità delle supply chain. La progressiva rarefazione della manodopera in molti settori, legata all’invecchiamento della popolazione e al calo di attrattività di alcune professioni operative, sta creando deficit strutturali difficili da risolvere nel breve termine.

Tre aspetti definiscono oggi la natura delle disruption generate dall’interazione dei fattori precedentemente descritti:

- la frequenza con cui si manifestano, spesso in sequenze così ravvicinate da impedire il pieno recupero dell’operatività tra un evento e l’altro;

- la velocità con cui si propagano, amplificata dalla connessione globale tra mercati di sbocco e filiere di approvvigionamento;

- l’interdipendenza tra i fenomeni, che genera effetti a catena difficili da isolare o contenere all’interno di un’area geografica circoscritta.

Il risultato è che i sistemi economici diventano al tempo stesso più complessi e più fragili: l’interruzione di un solo nodo critico può generare impatti a cascata su scala globale. Questa combinazione di complessità e fragilità determina profonde ripercussioni su tutte le figure manageriali, influenzando, ad esempio, la definizione delle strategie, le scelte di investimento e le competenze necessarie per operare in contesti in costante evoluzione. Le implicazioni diventano particolarmente rilevanti per chi è responsabile di sistemi e processi aziendali che devono garantire la continuità operativa, assicurando la disponibilità dei prodotti nei tempi previsti e nei luoghi richiesti.

In prima linea, a confrontarsi con queste sollecitazioni sempre più frequenti e imprevedibili, ci sono soprattutto i Supply Chain e gli Operations Manager. Il rischio più concreto per chi opera in queste funzioni è quello di essere risucchiati in una spirale di emergenze quotidiane, intrappolati in una logica di firefighting continuo che impedisce qualsiasi visione di lungo periodo. Quando l’attenzione si concentra esclusivamente sulla gestione operativa del presente, si perde la capacità di anticipare, progettare e guidare il cambiamento. È proprio in questi contesti di instabilità che diventa invece urgente cambiare prospettiva: non limitarsi a contenere le crisi minimizzando i danni, ma cercare di trasformare i processi operativi in potenziali leve per sostenere e, se possibile, accrescere la competitività aziendale.

Per comprendere come le figure manageriali che governano i processi in ambito Supply Chain e Operations possano evolvere verso un ruolo più strategico, ho deciso di analizzare in profondità dieci storie professionali di manager che sono riusciti nel tempo a ritagliarsi un vero e proprio cono di luce all’interno delle loro organizzazioni. Si tratta di figure che hanno saputo trasformare la gestione delle Operations e della Supply Chain in una leva competitiva, conquistando crescenti livelli di visibilità, capacità d’influenza e, in alcuni casi, un ruolo di guida nei processi decisionali a livello aziendale. Il lavoro si è mosso a partire da alcune domande fondamentali: quali sono le condizioni che permettono ai Supply Chain e Operations Manager (d’ora in avanti SCO Manager) di acquisire rilevanza strategica? Quali sono i passaggi critici che caratterizzano questa evoluzione? E, soprattutto, qual è il portafoglio di capacità e competenze che li rende distintivi rispetto ai colleghi rimasti ancorati a un perimetro puramente operativo? Ecco una sintesi delle risposte più significative e meno scontate.

 

Saper influenzare positivamente le relazioni con gli stakeholder

Gli SCO Manager, per il loro ruolo trasversale, si trovano a dialogare con una molteplicità di stakeholder interni ed esterni, i cui interessi sono oggi sempre più complessi e diversificati. Per emergere come interlocutori qualificati e influenti presso i vertici aziendali, gli SCO Manager devono essere in grado di:

- trasformare ogni confronto in un’opportunità concreta per cogliere bisogni e aspettative da tradurre in strategie operative efficaci;

- modulare il proprio approccio relazionale, adattandosi ai diversi stili negoziali;

- trovare un equilibrio tra le istanze spesso divergenti degli stakeholder, costruendo una visione integrata e sostenibile per l’azienda;

- comunicare con chiarezza e trasparenza agli stakeholder le decisioni prese, in particolare quando gli esiti si discostano sensibilmente dalle loro aspettative iniziali.

Per consolidare questo ruolo strategico, diventa cruciale promuovere un continuo confronto tra chi guida l’azienda – CEO e imprenditori – e chi presidia quotidianamente i processi operativi, gli SCO Manager, affinché vision ed execution si alimentino reciprocamente nel perseguimento degli obiettivi aziendali. In questa prospettiva, gli SCO Manager devono trasformarsi da semplici figure tecniche focalizzate sui recuperi di efficienza in veri e propri partner strategici del CEO, capaci di influenzare direttamente la definizione e l’attuazione delle strategie aziendali.

Questa trasformazione richiede lo sviluppo di competenze chiave che vanno ben oltre la gestione operativa. In primo luogo, è fondamentale che gli SCO Manager acquisiscano una solida visione strategica e un orientamento al business, comprendendo come le loro attività possano impattare sulla competitività e sulla crescita dell’azienda nel lungo termine. Non si tratta più solo di ottimizzare costi e processi, ma di tradurre gli obiettivi strategici in azioni concrete che creino valore sostenibile.

Parallelamente, emerge la necessità di una spinta all’innovazione, non solo nei processi ma anche nei modelli di business, con un approccio proattivo volto a esplorare nuove modalità operative che differenzino l’azienda nel mercato. Inoltre, la gestione dei rischi e la capacità di aumentare la resilienza della supply chain sono competenze imprescindibili in un contesto sempre più complesso e volatile. Gli SCO Manager devono saper individuare criticità e definire strategie efficaci per proteggere la continuità del business.

Il tema del supply chain risk management è particolarmente sentito da Gianluca Sperone, attuale VP Supply Chain Global Brake Disc di Brembo, tanto che nelle sue esperienze ha sempre cercato di sviluppare e integrare competenze e strutture specificatamente dedicate al risk management all’interno delle unità organizzative di Supply Chain Management che ha guidato. «La difficoltà a investire in quest’area è fondamentalmente di natura culturale: di fatto si tratta di un’assicurazione, ma non essendo obbligatoria, difficile trovare chi sia disposto a pagare per qualcosa che potrebbe anche non succedere. Però bisogna perseverare, perché la magnitudo di questi fenomeni si sta amplificando e può mettere in crisi anche le imprese più solide e strutturate. Inoltre, la velocità con cui si riesce a riprendere l’operatività della supply chain può costituire un fattore differenziale rispetto ai competitor».

 

Essere business partner delle altre funzioni aziendali

Gli SCO Manager devono superare la tradizionale immagine di figure focalizzate solo sull’operatività e sulla gestione delle emergenze, dimostrando invece un approccio orientato al servizio verso le altre funzioni aziendali che valorizzi il loro contributo e favorisca una collaborazione efficace. Ad esempio, gli SCO Manager possono impegnarsi per superare le barriere, prevalentemente culturali, che spesso limitano la collaborazione con i team di marketing e sales, promuovendo iniziative di confronto e lavoro congiunto che favoriscano una visione condivisa delle dinamiche di mercato.

Un esempio molto interessante emerge dall’esperienza di Federica Ferrario, attuale Direttore Supply Chain di Rovagnati. In una delle aziende in cui ha lavorato come planner, i team di pianificazione si incontravano con i colleghi delle aree commerciali solo durante i Sales & Operations meeting; poi si ritiravano nei loro uffici, stabiliti in base alle categorie merceologiche, per elaborare report da presentare al successivo incontro. Per facilitare la collaborazione, si è andati verso isole di lavoro dedicate alle singole categorie merceologiche in cui collocare in modo permanente le persone delle varie Funzioni. I planner si sono così ritrovati a lavorare fianco a fianco con i category manager, i product manager e i trade marketing manager. Richiamando le parole di Ferrario, «il cambio di passo è stato pazzesco, imparavamo moltissimo a stare continuamente a contatto con loro, respiravamo business costantemente. Abbiamo iniziato a lavorare insieme su progetti di collaborazione con i clienti, siamo diventati una fucina di idee proponendo, insieme a commerciale e marketing, una serie di progetti cross funzionali. Ci ha permesso di uscire dal nostro territorio e vedere che esiste anche il resto dell’azienda».

 

Saper leggere le evoluzioni dei mercati di vendita e di approvvigionamento

Per ricoprire un ruolo strategico e ampliare la propria influenza all’interno dell’organizzazione, gli SCO Manager devono sviluppare una comprensione approfondita dei mercati in cui opera l’azienda, sul fronte sia delle vendite che degli approvvigionamenti. Non è necessario che diventino esperti di analisi di mercato o scenario planning, competenze tipiche delle funzioni commerciali e marketing, ma è sostanziale che sappiano interpretare l’impatto delle variabili esterne sulle strategie aziendali e sulle decisioni operative relative alla supply chain e alle operations.

Ad esempio, focalizzando l’attenzione verso la parte upstream delle supply chain, l’analisi dei mercati di approvvigionamento diventa un’occasione per gli SCO Manager di guidare l’innovazione e stimolare la crescita aziendale, andando oltre la semplice ricerca di risparmi economici. È l’esperienza diretta di Maurizio Bossi, attuale COO di Cellularline Group, che ha potuto apprezzare quanto sia rilevante per chi gestisce una funzione Supply Chain avere responsabilità dirette anche sui processi di acquisto. Il vero valore di chi presidia i mercati di fornitura non risiede solo nella possibilità di condurre negoziazioni esasperate con i fornitori, con l’obiettivo di ottenere sostanziali savings con impatti diretti sul conto economico, ma anche nell’opportunità di rendere la funzione Supply Chain un potenziale propulsore di business, aprendo canali privilegiati a chi (Marketing e R&S) lavora sul prodotto ed è alla continua ricerca di innovazioni radicali o incrementali. Un messaggio molto interessante per chi, a capo di funzioni Operations e Supply Chain, si interroga su come contribuire al successo competitivo della propria impresa.

 

Saper indirizzare il (ri)disegno organizzativo

La progettazione organizzativa di un’unità di Operations e Supply Chain Management rappresenta un compito complesso poiché coinvolge molteplici fattori interconnessi che non possono essere ridotti a schemi rigidi o procedure standardizzate. Questa complessità, però, non deve diventare un alibi per relegare esclusivamente alla funzione HR scelte che hanno rilevanti implicazioni strategiche. Gli SCO Manager devono assumere un ruolo proattivo nell’indirizzare le possibili direzioni di sviluppo organizzativo, allineandole alle evoluzioni strategiche previste per l’azienda e per i processi di supply chain e operations ad essa collegati.

Come sottolinea Angelo Casero, in virtù della sua trentennale esperienza in ambito operations e supply chain, maturata sia in medie realtà italiane che in grandi multinazionali, una collocazione organizzativa della funzione Supply Chain alle dirette dipendenze di una delle altre tre funzioni core – Acquisti, Commerciale, Operations – determina precisi orientamenti.  «Una supply chain sotto gli Acquisti rischia di essere troppo supply-oriented, quindi di porre una forte enfasi sui risparmi e sugli acquisti speculativi piuttosto che sul contenimento degli stock e la riduzione del capitale circolante. Una collocazione a diretto riporto della funzione Commerciale favorisce un orientamento eccessivamente customer-driven, che tende a non considerare l’inevitabile esigenza di efficienza e sostenibilità espressa da qualsiasi organizzazione, soprattutto quando si tratta di realtà manifatturiere. Posizionare la funzione Supply Chain sotto le Operations la rende troppo manufacturing-oriented. Obiettivi di produttività e di stabilità produttiva conducono a massimizzare la saturazione delle risorse produttive indipendentemente da come si muove realmente la domanda, generando così muda significativi in termini di over production e over stock. La supply chain dovrebbe avere una collocazione super partes, essere intesa come un tessuto connettivo che fa interagire le diverse unità organizzative. La sua forza è quella di riuscire a farle parlare, farle convergere verso obiettivi comuni. La sua leva principale è data dalla capacità di vedere trasversalmente i flussi, identificando tutte quelle aree grigie dove i flussi fisici e informativi si interrompono e si creano inefficienze. In questa prospettiva, è probabile che si riescano a coniugare profili di performance sulla carta in antitesi, come la riduzione del capitale circolante, l’aumento del livello di servizio, l’ottimizzazione dei costi interni».

 

Prepararsi al futuro

Per giocare un ruolo realmente strategico all’interno dell’organizzazione e incidere sulle scelte di lungo periodo, gli SCO Manager devono andare oltre la gestione operativa e il problem solving quotidiano. Una prospettiva di lungo respiro è ciò che distingue il manager focalizzato sull’efficienza operativa dal leader capace di guidare il cambiamento e influenzare le scelte strategiche. Dall’analisi delle evidenze raccolte nelle interviste emergono due ambiti prioritari nei quali gli SCO Manager devono rafforzare le proprie competenze, se vogliono assumere un ruolo centrale.

In primo luogo, un focus sull’intelligenza artificiale, che sta diventando sempre più rilevante sia per promuovere recuperi di efficienza nelle attività di supply chain management, sia, e forse soprattutto, per supportare i processi decisionali con insight che possono permettere ai manager di prendere decisioni in modo più consapevole e mirato.  Gli SCO Manager non possono restare ai margini di questo cambiamento: è fondamentale che sviluppino una solida comprensione delle tecnologie emergenti per guidare le scelte in modo consapevole.

In secondo luogo, il tema della resilienza delle supply chain offre un altro ambito in cui gli SCO Manager potrebbero esprimere il loro contributo strategico. Una supply chain resiliente è in grado di affrontare e superare eventi imprevisti, garantendo continuità operativa (World Economic Forum, 2023). Alcuni propongono di andare oltre, puntando all’antifragilità: non solo resistere agli shock, ma trarne vantaggio e migliorare. Per farlo, gli SCO Manager devono rafforzare le proprie competenze in gestione del rischio, utilizzare tecnologie come digital twin (Tozanli & Saénz, 2022), IoT e IA per una visibilità end-to end della supply chain, e promuovere relazioni collaborative con i partner.

 

Una ricetta per diventare protagonisti

Perché gli SCO Manager possano assumere un ruolo da veri protagonisti nella vita aziendale, serve un cambiamento profondo nei loro approcci e nel modo con cui comunicano il valore delle proprie azioni. Serve una nuova ricetta manageriale, che combini sei ingredienti fondamentali.

1. Affiancare alla tradizionale attenzione ai costi una maggiore capacità di leggere e governare i dati economico-finanziari, sviluppando forecast, controllando budget, contribuendo direttamente alla generazione di margini e cash flow.

2. Svincolarsi dal pregiudizio che relega gli SCO Manager a ruoli di puro supporto, dimostrando con il proprio business acumen di poter orientare le scelte strategiche dell’azienda.

3. Abbandonare una prospettiva esclusivamente interna per estendere lo sguardo verso l’esterno, per portare la voce della supply chain sul mercato e costruire relazioni con i diversi stakeholder aziendali.

4. Non focalizzarsi unicamente su processi e vincoli, ma favorire l’adozione di nuovi business model e farsi parte attiva nella generazione di opportunità di sviluppo.

5. Imparare a connettere processi, tecnologie e competenze con i risultati aziendali, superando il linguaggio dei soli KPI operativi.

6. Sollecitare l’apertura delle funzioni Operations e Supply chain verso l’esterno, portando dentro stimoli, idee e innovazioni che nascono fuori dai confini aziendali.

Solo attraverso questo insieme integrato di cambiamenti, che coinvolgono processi di operations e supply chain, così come le persone e le tecnologie di riferimento, gli SCO Manager potranno assumere un ruolo strategico e contribuire in modo concreto al successo sostenibile delle proprie aziende.

 

Raffaele Secchi, Professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, LIUC - Università Cattaneo e Università Bocconi e Direttore del Supply ChAIn Lab.

 

Bibliografia

Lamarre, E., Smaje, K., & Zemmel, R. (2023). Rewired: the McKinsey Guide to Outcompeting in the Age of Digital and AI. John Wiley & Sons.

Secchi R., (2022), (a cura di), Supply Chain Management e Intelligenza Artificiale. Migliorare i processi e la competitività aziendale, Università Cattaneo Libri, Guerini Next, Milano.

Tozanli, Ö., & Saénz, M. J. (2022). Unlocking the potential of digital twins in supply chains. MIT Sloan Management Review, 63(4).

World Economic Forum (2023). The Future of Industrial Strategies: Five Grand Challenges for Resilient Manufacturing. White Paper.

World Economic Forum (2025). AI in Action: Beyond Experimentation to Transform Industry. White Paper.

Wu, J. (2025). The Trend of Deglobalization: Reshoring, Friend-Shoring, and Regionalization. In Global Trends in Manufacturing Supply Chains (pp. 93-111). Singapore: Springer Nature Singapore.

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