EDITORIALE

Fare i conti con l’imperfezione

Enrico Sassoon

Luglio 2025

Fare i conti con l’imperfezione

 

Far crescere la propria azienda è un imperativo nell’arena competitiva dei mercati. La crescita del fatturato è necessaria per non farsi emarginare dai concorrenti, per diventare appetibili agli occhi degli investitori, per corrispondere alle aspettative degli azionisti, dei dipendenti e del mercato stesso che, a torto o a ragione, considera la dimensione come un punto di riferimento importante. Inoltre, la crescita del fatturato, spesso, non sempre, è la premessa per l’incremento degli utili. Crescendo, l’azienda crea spazio per nuovo lavoro e ricchezza per sé e per la società.

Ma, naturalmente, più aumentano le dimensioni, più aumenta la complessità e occorre evitare che l’azienda resti vittima del proprio successo quando non riesce a contrastare il progressivo ingessamento delle funzioni e delle procedure e la connessa perdita di agilità e rapidità all’interno e all’esterno dell’organizzazione. C’è modo di contrastare questo processo di burocratizzazione e mantenere l’organizzazione agile, flessibile e nello stesso tempo efficiente ed efficace?

A questo quesito fondamentale risponde Andy Jassy, il CEO di Amazon che ha preso il posto del mitico Jeff Bezos, riuscendo a realizzare una straordinaria crescita ed espansione del gigante dell’eCommerce. Come altri prima di lui, Jassy propone un’idea già presente nel pensiero manageriale di oggi: occorre lavorare per far sì che anche nell’azienda più grande resti vivace lo spirito della start-up. Il che significa operare in modo agile e creativo senza temere di prendere iniziative e fallire nel tentativo. Un’idea che molti condividono, anche se naturalmente realizzarla è alquanto difficile. Ma a questa si aggiungono due ulteriori elementi: l’imperfezione e il rischio. O, per meglio dire, l’accettazione dell’imperfezione e del rischio.

Operare in modo agile e, soprattutto, prendere decisioni difficili in velocità è una questione complessa. Molti leader temono di prendere decisioni impegnative se non sono stati analizzati tutti i parametri e le possibili conseguenze delle azioni da intraprendere. In sé il principio è impeccabile, occorre avere le migliori informazioni prima di prendere decisioni. Ma la ricerca della perfezione ostacola inevitabilmente l’efficacia del processo decisionale, per cui il consiglio è di accettare un certo grado di imperfezione per non rinunciare al vantaggio competitivo della velocità e dell’agilità.

Questo comporta, sottolinea Jassy, accettare un certo grado di rischio. Un orientamento che, man mano che le aziende crescono e assumono dimensioni e gradi di complessità maggiori, tende a scomparire. I manager tendono a diventare più prudenti e conservatori e a sviluppare una crescente avversione al rischio. Così l’organizzazione perde occasioni di mercato, rallenta la capacità di innovazione e si trasforma progressivamente in un organismo invecchiato e ingessato. Il contrario, dunque, della formula di Jassy che ha ribaltato nella sua azienda questa inevitabile tendenza, portando Amazon a mietere sempre nuovi successi.

Un altro aspetto della complessità e della crescita dimensionale è il tendenziale aumento dei punti critici all’interno dell’organizzazione. Ne scrive Peter T. Coleman, osservando come, nel sempre più sfidante e disordinato contesto internazionale dei mercati, anche nelle organizzazioni tende ad aumentare la probabilità di conflitti di vario genere. Conflitti che, in linea di massima, i responsabili ai diversi livelli non sono abituati a gestire.

Abbiamo tutti osservato come, anche in Italia, la polarizzazione e la radicalizzazione politiche e ideologiche siano notevolmente salite d’intensità, nella società nel suo insieme e nelle organizzazioni. Ma i dati citati da Coleman sull’attuale realtà statunitense sono veramente impressionanti. Un recente sondaggio condotto su 1.622 lavoratori statunitensi ha infatti mostrato che il 76% ha assistito ad atti di inciviltà nell’ultimo mese, con il 21% che li ha vissuti in prima persona. Quasi la metà ha riferito di averli incrociati settimanalmente e il 13% quotidianamente. Il 44% crede che l’inciviltà peggiorerà nel 2025 e il 26% ha dichiarato di essere propenso a lasciare il lavoro per questo motivo. Con il coinvolgimento dei dipendenti ai minimi storici, si stima che le interazioni conflittuali sul lavoro costino alle aziende oltre due miliardi di dollari al giorno in perdita di produttività e assenteismo.

La soluzione a questo problema non è semplice e molti leader non riescono a gestire le situazioni conflittuali, il che si conclude sempre più spesso con una decisione di abbandono.

Per affrontare questo grave problema, Coleman indica una strada da percorrere, quella che definisce il manager, o leader, “intelligente nei conflitti”. Una dote manageriale che appare sempre più nell’ideale curriculum di un leader e che diventa complemento ai suggerimenti di Jassy sull’imperfezione manageriale e l’accettazione del rischio.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Hbr Italia

Caratteri rimanenti: 400