EDITORIALE
Giugno 2023
I LIBRI E GLI ARTICOLI sulla leadership – di questi ultimi ne ospitiamo parecchi, anche in questo numero – sono ricchi di opinioni e consigli su ciò che significa essere leader o diventarlo. E sono, di norma, ottimi spunti, maturati dall’esperienza di chi li propone o dalle esperienze cumulate di molti leader di aziende di ogni tipo che, nei circa 100 anni di vita della scienza manageriale, si sono succeduti alla guida di aziende eccellenti. Pochi, però, arrivano a essere realmente espliciti su una dote di fondo che i leader devono necessariamente mettere in campo: il coraggio di agire, di prendere decisioni ardue e spesso controintuitive di fronte alle difficoltà. È la dura realtà della “solitudine del manager” messo di frequente nelle condizioni di dover prendere decisioni non del tutto chiare in contesti altamente volatili, incerti e ambigui, con conseguenze potenziali di ampia portata per le sorti dell’azienda.
Una delle decisioni meno scontate è certamente quella di cui parla Gulati nello Speciale di questo numero: risolversi a investire in strategie di crescita e sviluppo in tempi di magra o di vera e propria crisi, evitando di provare a galleggiare sulla base dell’esistente, limitandosi a un “virtuoso” taglio dei costi. Magari anche poco mirato e banalmente trasversale. Scrive, infatti, l’autore che «Di fronte alle disgregazioni competitive e alle crisi di mercato, molti leader e molte aziende si focalizzano istintivamente sulla riduzione dei costi per mantenere la profittabilità. Ma alcuni (…) usano le fasi d’incertezza per identificare delle opportunità e poi le sfruttano con azioni oculate. Si rendono conto che la vera resilienza non consiste solo nel resistere agli effetti delle avversità o nel riprendersi da essi. La vera resilienza sta nella capacità di uscirne ancora più forti».
Le ricerche indicano, però, che sono pochi i leader in grado di promuovere questa forma più sofisticata e complessa di resilienza, meno di uno su 10. Sono coloro che hanno attraversato i periodi di crisi o di recessione per alimentare la crescita delle vendite e dei profitti attraverso il miglioramento dell'efficienza operativa anziché limitarsi semplicemente a tagliare i budget e la forza lavoro; e avendo il coraggio di effettuare investimenti strategici nello sviluppo del mercato e in nuovi asset. Vari studi di follow-up, pubblicati da società di consulenza, hanno confermato che delle condizioni di mercato sfavorevoli separano i vincenti dai perdenti, dando alle aziende resilienti un vantaggio di lungo termine.
Ma c’è un però; le ricerche si sono di norma limitate a considerare le strategie e le tattiche messe in atto, senza esplorare i mindset che permettono ai leader più risoluti, talvolta definiti ambidestri, di adottare al tempo stesso sia strategie protettive sia strategie offensive e di guardare contemporaneamente alle scelte immediate e agli orizzonti prospettici di medio e lungo termine.
Gli psicologi, ricorda Gulati, ci dicono che la maggior parte di noi ha un orientamento naturale all'offesa o alla difesa - giochiamo per vincere o giochiamo per non perdere. Le nostre personalità possono essere audaci, proattive e "focalizzate sulla promozione”, oppure conservatrici, caute e “focalizzate sulla prevenzione”. In contesti avversi e incerti si innescano quasi sempre meccanismi di paura e difensività. Ci possiamo fare qualcosa? Se ci limitassimo a ricordare le parole messe dal Manzoni in bocca a Don Abbondio si dovrebbe dire di no: il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare, piagnucolava quel grande.
Ma se vogliamo essere leoni e non gazzelle, possiamo prendere per buoni i suggerimenti di Gulati che invita leader e organizzazioni a superare i timori difensivi promuovendo un mindset diverso, basato su tre atteggiamenti critici: ricerca di significato, etica di razionalizzazione delle risorse e impegno a bilanciare gli interessi degli stakeholder. I leader che adottano questi modi di pensare sono in grado di tracciare una rotta per il futuro anche quando le prospettive appaiono particolarmente fosche. Vale la pena provarci.