INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Filippo Accettella
Dicembre 2025
“Se si vuole costruire un’organizzazione alimentata dall’intelligenza artificiale (IA), la sfida più grande non è la tecnologia, bensì la cultura” (Fountaine, McCarthy and Saleh, 2019). Così afferma anche McKinsey in un interessante articolo pubblicato su Harvard Business Review. Ma nonostante il prospettarsi di un proficuo futuro grazie all’adozione di tecnologie IA, molte organizzazioni falliscono in questo processo. E questo a causa delle barriere culturali e organizzative.
Se sono più note le barriere culturali e l’impatto che l’introduzione dell’IA produce sulla cultura aziendale (cioè “l’insieme di valori, opinioni e conoscenze che sono condivisi dai membri di un’organizzazione e insegnati ai nuovi membri come la maniera corretta di pensare a comportarsi”), meno scontato è il fenomeno su come le “strutture organizzative” si comportano e gli effetti collaterali (non evidentemente in accezione negativa).
Lo studio “The Cultural Benefits of Artificial Intelligence in the Enterprise” condotto da MIT Sloan Management Review congiuntamente a Boston Consulting Group, ha analizzato il rapporto tra l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, la cultura e i modelli organizzativi, raccogliendo in proposito la testimonianza di circa 2.200 addetti e l’esperienza di una ventina di manager di grandi aziende appartenenti a vari settori (dai media alla finanza ai trasporti, dall’abbigliamento al food & beverage). È uno dei tanti studi embrionali sul tema e, di conseguenza, le conclusioni alle quali si giungerà necessitano di ulteriori analisi prima di poter essere ritenute valide in termini generali. Ma alcuni esempi possono già dare una traiettoria futura.
È abbastanza plausibile che le organizzazioni sfruttino questa tecnologia per migliorare processi già esistenti e per individuare nuove metodologie tramite cui creare valore. E questo può sicuramente spingere le aziende a modificare le modalità con cui misurare le performance, ossia i Key Performance Indicators. A tal proposito, il 64% degli intervistati afferma che l’adozione dell’intelligenza artificiale ha spinto le loro organizzazioni a cambiare gli indicatori chiave di performance e nel 66% dei casi ha anche portato le imprese a dare vita a una vera e propria ristrutturazione organizzativa.
Intendiamoci bene, però, su cosa si intende per struttura organizzativa:
Pertanto, si può ritenere che l’IA determini le modalità tramite cui il lavoro viene diviso, supervisionato e coordinato all’interno di un sistema organizzativo per conseguire specifici obiettivi prefissati. Questo, strategicamente, va a vantaggio, per tutte le organizzazioni, nel lavorare per garantire coerenza tra la struttura organizzativa e il livello di penetrazione apportata dall’IA. Scendendo nel dettaglio, la possibile influenza che questa tecnologia può avere sulla struttura organizzativa impatta su alcune specifiche variabili.
Varietà e ampiezza del lavoro: l’IA non eliminerà le professioni in modo integrale, ma porterà alla rimozione di alcuni compiti dalle attività. Ciò significa che in futuro è presumibile che la varietà dell’attività lavorativa sia destinata a diminuire, perché i singoli lavoratori eseguiranno un numero minore di incarichi, provocando così una riduzione della dimensione orizzontale del lavoro.
Autonomia del lavoro: contestualmente alla riduzione della dimensione orizzontale del lavoro, è ipotizzabile che avvenga un rafforzamento di quella verticale, che consiste in maggiore autonomia e in maggior controllo per ciascun operatore umano. Infatti, le macchine intelligenti sono in grado di svolgere la maggior parte dei compiti di routine, mentre il restante lavoro viene eseguito da collaboratori specializzati. Soltanto garantendo loro un certo grado di libertà si possono trovare delle soluzioni alle problematiche che si presentano.
Span of control e dimensione delle unità organizzative: la tendenza futura sarà caratterizzata da spazi di controllo più ampi e da strutture organizzative più piatte rispetto a quelle attuali. Allo stesso tempo, però, occorre sottolineare che potrebbe non esistere un adattamento ideale all’IA in termini di dimensione delle unità organizzative, in quanto quest’ultima dipende dall’interazione di molteplici fattori contingenti.
Grado di centralizzazione: è possibile che, a livello generale, tutte le innovazioni tecnologiche promuovano una progressiva decentralizzazione del processo decisionale. Si presuppone pertanto che anche l’IA operi in questa direzione. Nello specifico, secondo alcuni studiosi la forma organizzativa protagonista dei prossimi anni sarà “l’organizzazione autonoma decentralizzata”.
Catena di comando: questa fa riferimento al numero di livelli gerarchici presenti nella struttura organizzativa. In tal senso, la tendenza emergente è quella del “delayering”, ossia il processo mediante il quale si riduce il numero dei livelli gerarchici grazie alla rimozione di alcuni middle managers. Nelle organizzazioni moderne, infatti, un eccessivo numero dei livelli gerarchici viene valutato negativamente, perché determina rigidità, scarsa reattività ai cambiamenti ambientali, problemi di comunicazione e scarsa motivazione. Data la sua capacità di prendere decisioni, si può presupporre che l’IA possa facilitare il processo di delayering, contribuendo così in maniera decisiva al passaggio verso le organizzazioni piatte.
Grado di formalizzazione e di standardizzazione: questo determina la differenza tra strutture organizzative meccaniche e organiche. Le prime hanno un elevato livello sia di standardizzazione che di formalizzazione, mentre le seconde hanno un basso grado per entrambe le variabili considerate. Inoltre, queste varianti dipendono strettamente dal dinamismo che contraddistingue l’ambiente in cui è inserita l’organizzazione. L’IA genera profondi cambiamenti a livello ambientale e aumenta il livello di incertezza. Di conseguenza, si suppone che il forte dinamismo ambientale condurrà a un incremento delle organizzazioni che adottano il modello organico, con un abbassamento sia del livello di standardizzazione che di quello di formalizzazione.
Relativamente a quanto detto poco sopra si possono fornire due esempi pratici. Il primo è rappresentato dal gruppo svedese di abbigliamento H&M, il quale ha sviluppato un modello di intelligenza artificiale per fissare i prezzi di vendita dei prodotti durante il periodo degli sconti di fine stagione. In particolare, si è adottato un metodo secondo cui il prezzo viene determinato sia dall’addetto commerciale che dagli algoritmi per poi giungere ad un compromesso. I dipendenti, secondo i dirigenti dell’azienda, hanno accolto positivamente questa tecnica, in quanto consente loro di prendere decisioni migliori. A livello organizzativo ne hanno beneficiato grado di formalizzazione, catena di comando, grado di centralizzazione e autonomia.
Il secondo è dato dalla società finanziaria Nasdaq, la quale ha introdotto l’intelligenza artificiale per processare rapidamente i documenti. In particolare, mentre in passato gli operatori impiegavano circa 1 ora per analizzare ciascun documento, adesso questa innovazione permette di analizzarne 6.000 ogni tre minuti. Tale soluzione è stata recepita favorevolmente dai dipendenti, in quanto ha consentito loro di non svolgere più la medesima attività ripetitiva a livello quotidiano e di focalizzarsi su operazioni più interessanti e motivanti. Ne hanno beneficiato autonomia, ampiezza del lavoro e span of control.
Quindi, riassumendo, si può affermare che i principali cambiamenti indotti dall’intelligenza artificiale nella struttura organizzativa sono i seguenti: la riduzione della varietà del lavoro e l’incremento dell’autonomia per ciascun lavoratore, la riduzione del grado di centralizzazione del processo decisionale, il passaggio verso strutture organizzative piatte e organiche.
Un recente sondaggio ha riscontrato che quasi tutti i cambiamenti a livello di struttura organizzativa preventivati vengono accolti positivamente dagli intervistati. L’unica modifica che ha lasciato qualche perplessità è rappresentata dalla riduzione della varietà del lavoro.
Alcuni risultati di un’altra ricerca, condotta invece da Accenture, sull’introduzione dell’IA generativa, mi sembrano importanti:
Per concludere, l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle organizzazioni determina notevoli cambiamenti sia a livello strutturale che culturale. Relativamente alla struttura organizzativa, la tendenza principale prevede uno spostamento verso strutture piatte e organiche, capaci di reagire tempestivamente al dinamismo che contraddistingue il moderno contesto competitivo.
Per quanto riguarda invece la cultura aziendale, la ricerca dimostra che vi sia una correlazione positiva con l’intelligenza artificiale e con l’efficacia organizzativa. Al momento, tuttavia, a causa della recente crescita e diffusione dell’intelligenza artificiale, non è ancora possibile stabilire con certezza se tali modifiche saranno vantaggiose o meno. Uno degli errori principali è considerare l’IA come un percorso lineare in cui basta adottare la tecnologia in azienda, accendere l’interruttore, e magicamente riceverne i benefici.
Filippo Accettella, HR Manager, collabora con l’Università La Sapienza di Roma, è autore di vari libri, tra cui Il manager senza qualità.