STRATEGIA

Il gergo aziendale che danneggia la tua strategia

Andrea Belk Olson

Novembre 2025

Il gergo aziendale che danneggia la tua strategia

Paul Linse/Getty Images

Le strategie aziendali sono spesso redatte con le migliori intenzioni. I leader vogliono ispirare, stimolare e allineare. Tuttavia, troppo spesso, il linguaggio della strategia, pieno di concetti astratti come “innovazione”, “eccellenza” e “agilità”, diventa più un ostacolo che un incentivo. Invece di chiarire la strada da seguire, le stesse parole che dovrebbero unificare i team seminano fraintendimenti, confusione e deriva.

Il problema non è l’ambizione. È che il linguaggio aziendale, quando è troppo vago, funziona più come un test di Rorschach che come una roadmap. Ogni persona vede ciò che vuole vedere e quando migliaia di dipendenti danno interpretazioni diverse l’esecuzione inevitabilmente devia dalla rotta.

Questo problema è sia psicologico che culturale. La psicologia ci dice che gli esseri umani interpretano le astrazioni attraverso il filtro dell’esperienza personale. La cultura ci dice che la stessa parola può significare cose molto diverse a seconda del contesto sociale e organizzativo. Il risultato? I leader possono pensare di aver comunicato una visione chiara, mentre i dipendenti lottano silenziosamente con il suo significato.

Per attivare la strategia in modo efficace, le organizzazioni devono padroneggiare l’arte di bilanciare chiarezza e specificità senza diventare prescrittive o limitanti. Nella mia vasta esperienza nell’adozione del cambiamento e nell’attuazione delle strategie, ho scoperto che l’implementazione ha successo quando l’intento strategico generale viene tradotto in comportamenti tangibili e specifici per il contesto che le persone possono vedere, comprendere e mettere in atto nel loro lavoro quotidiano.

 

La psicologia dell’interpretazione

Il linguaggio ha potere perché comprime grandi idee in frasi concise. Ma il cervello non memorizza le parole in modo isolato. Le associa a modelli mentali plasmati dall’esperienza personale.

Prendiamo la parola “customer-first” (il cliente al primo posto). Per un ingegnere di prodotto, può evocare un design intuitivo. Per un team di marketing, potrebbe significare messaggi più personalizzati. Per un addetto al servizio clienti, potrebbe tradursi in tempi di chiamata più brevi. Ogni interpretazione è logica. Ma senza un punto di riferimento comune, ogni reparto opera in parallelo anziché all’unisono.

Questo fenomeno, che io chiamo “deriva nell’esecuzione”, emerge quando il linguaggio astratto crea divari tra le intenzioni della leadership e le azioni dei dipendenti. Nel tempo, la strategia perde la sua forza non perché fosse sbagliata, ma perché è stata interpretata in modo diverso.

 

Le parole viaggiano male attraverso culture diverse

Le organizzazioni globali affrontano una sfida complessa. Quando il linguaggio aziendale attraversa culture internazionali, i significati cambiano in modi imprevisti. Negli Stati Uniti, “innovazione” può evocare una rapida sperimentazione e un’audace assunzione di rischi. In Germania, la stessa parola può essere interpretata come rigore ingegneristico e perfezione. In Giappone, invece, può suggerire un miglioramento incrementale (kaizen) piuttosto che una rivoluzione radicale.

La parola in sé non è cambiata, ma è cambiata la lente culturale. E senza riconoscere queste lenti, i leader rischiano di presumere un allineamento che non esiste. Quello che sembra un linguaggio condiviso a livello aziendale si frammenta in interpretazioni localizzate e talvolta contraddittorie sul campo.

 

Il miraggio delle astrazioni strategiche

I documenti strategici sono pieni di quello che potremmo chiamare “linguaggio miraggio”: frasi che sembrano stimolanti sulla carta, ma che svaniscono sotto un esame più attento. Prendiamo ad esempio “diventeremo leader di mercato nell’esperienza del cliente”. Significa ottenere i punteggi di soddisfazione più alti? La consegna più veloce? Il servizio più personalizzato?

Oppure “Stiamo costruendo un’organizzazione agile”. Agile nel senso di flessibile? Agile nel senso di un processo decisionale più rapido? O agile nel senso di adottare una metodologia di processo specifica?

Tali astrazioni creano ciò che gli psicologi chiamano “latitudine semantica”, un ampio margine di interpretazione. Sebbene questa flessibilità sembri utile ai leader (“non vogliamo limitare eccessivamente i nostri team”), spesso si traduce in disallineamenti e sprechi di energie.

 

Tre passaggi pratici per stabilire un terreno comune

Le organizzazioni non devono abbandonare un linguaggio ambizioso. Devono invece dargli un fondamento. I leader devono compiere tre passaggi deliberati per trasformare la retorica in un’attivazione allineata.

 

  1. Creare illustrazioni delle definizioni

Invece di dare per scontata una comprensione condivisa, i leader dovrebbero dimostrare come si traducono in pratica le frasi strategiche. Non si tratta di creare un glossario, ma di fornire illustrazioni concrete, basate su esempi che mostrano come la strategia prende vita, collegando termini astratti a pratiche tangibili ma flessibili.

Ad esempio, “agile” potrebbe essere illustrato come testare i concetti con clienti reali prima del lancio completo per garantire che le funzionalità risolvano i problemi effettivi ed evitare sprechi di energie di sviluppo. “Il cliente al primo posto” potrebbe essere illustrato come semplificare le politiche e i processi di approvazione per consentire risoluzioni più rapide e ridurre la frustrazione da entrambe le parti. Questo tipo di illustrazioni creano ancore mentali che aiutano i dipendenti a vedere, in termini reali, come l’intento della leadership si traduce in esecuzione.

 

  1. Applicare il linguaggio in modo contestuale

Una frase che risuona a livello di dirigenti può perdere rapidamente significato se non viene tradotta nella realtà dei diversi reparti. Il linguaggio strategico come “crescita” o “eccellenza” può essere fonte di ispirazione, ma senza contesto diventa troppo astratto per i team incaricati dell’esecuzione. I leader devono collegare in modo esplicito queste aspirazioni generali alle funzioni e alle responsabilità specifiche dei diversi gruppi.

Ad esempio, in ambito finanziario, “crescita” potrebbe significare la creazione di pool di finanziamento flessibili che consentano ai team di perseguire rapidamente nuove opportunità di mercato. Nelle operazioni, potrebbe comportare la riprogettazione dei processi della catena di fornitura per gestire l’aumento della domanda senza compromettere l’efficienza. Per le risorse umane, la crescita può tradursi nell’espansione dei canali di reclutamento per costruire una base di talenti più diversificata che alimenti le capacità future.

Quando si parla di “eccellenza”, il significato varia a seconda delle funzioni. Nel settore finanziario, eccellenza potrebbe significare sviluppare modelli di previsione più accurati che riducano la varianza di bilancio. Nel settore operativo, potrebbe significare migliorare gli standard di controllo della qualità per superare costantemente le aspettative dei clienti. Per le risorse umane, eccellenza potrebbe significare creare programmi di sviluppo della leadership che rafforzino le prestazioni manageriali in tutta l’organizzazione. Inquadrando questi termini nel contesto, i leader aiutano i dipartimenti a capire come le ambizioni a livello aziendale si colleghino direttamente al lavoro che svolgono ogni giorno.

 

  1. Stabilire comportamenti osservabili e misurabili

In definitiva, il linguaggio strategico deve essere tradotto in comportamenti quotidiani dei dipendenti. Senza questo passo, le parole rimangono ideali astratti. I leader svolgono un ruolo fondamentale nel chiarire come si concretizzano questi termini quando vengono messi in pratica, identificando azioni specifiche, osservabili e misurabili che incarnano l’intento strategico.

Ad esempio, “collaborazione” potrebbe significare condividere in modo proattivo le frustrazioni osservate dai clienti, anche se esulano dal ruolo di un singolo individuo, per consentire soluzioni più rapide che migliorino l’esperienza del cliente. “Innovazione” potrebbe significare chiedersi se un processo esiste perché serve a noi o al cliente, per identificare opportunità di semplificazione e miglioramento dell’esperienza.

Questi comportamenti fungono da tessuto connettivo tra ambizione ed esecuzione. Garantiscono che i dipendenti non si limitino ad annuire a parole altisonanti come “esperienza del cliente”, ma le mettano attivamente in pratica. In questo modo, le organizzazioni trasformano la strategia in una pratica viva, definita non dalle aspirazioni, ma dalle azioni quotidiane che sono più preziose per distinguere l’organizzazione agli occhi dei clienti.

 

Costruire un lessico condiviso per la strategia

Le organizzazioni che prosperano non rifuggono dall’utilizzare un linguaggio ambizioso. Lo perfezionano. Integrando i termini astratti con illustrazioni delle definizioni, applicazioni contestuali e punti di riferimento comportamentali, creano un lessico condiviso, che è allo stesso tempo stimolante e attuabile.

I leader possono porsi tre semplici domande quando redigono dichiarazioni strategiche:

  1. Ho illustrato come si traduce questa frase nella pratica?
  2. Ogni unità può tradurre questa frase nel proprio contesto?
  3. Quali comportamenti quotidiani dimostrerebbero che questa strategia è allineata in tutta l’organizzazione?

Quando i leader rispondono a queste domande, le parole smettono di essere semplici decorazioni aziendali e diventano il tessuto connettivo dell’esecuzione.

La strategia non fallisce per mancanza di ambizione. Fallisce quando le parole che dovrebbero unificare invece dividono. L’obbligo della leadership è garantire che il linguaggio funga da ponte tra la visione e l’esecuzione. Ciò significa trattare le parole come un’infrastruttura, l’impalcatura che sostiene ogni decisione, azione e comportamento all’interno dell’organizzazione.

Quando i leader scelgono la chiarezza piuttosto che l’astrazione, riducono il rischio di deriva. Quando traducono l’ambizione in illustrazioni, contesto e comportamenti, danno ai dipendenti qualcosa di concreto a cui aggrapparsi. E quando allineano il linguaggio all’azione, trasformano la strategia da un insieme di dichiarazioni altisonanti in una guida viva e pulsante. In definitiva, la vera prova della strategia è quanto fedelmente viene vissuta in tutta l’organizzazione.

 

Andrea Belk Olson si occupa di strategie di differenziazione. È relatrice, autrice ed esperta di customer centricity. È CEO di Pragmadik, un’agenzia di cambiamento basata sulle scienze comportamentali, e ha lavorato come consulente esterna per EY e McKinsey. È autrice di 3 libri, ha vinto 4 volte il premio ADDY® e collabora con Entrepreneur Magazine, Rotman Management Magazine, Chief Executive Magazine e Customer Experience Magazine.

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