COLLABORAZIONE E TEAMWORK

La forza emotiva necessaria per guidare il cambiamento

Ron Carucci

Novembre 2025

La forza emotiva necessaria per guidare il cambiamento

okeyphotos/Getty Images

 

“NON SO PER QUANTO TEMPO ancora potrò resistere”, mi ha detto la mia cliente Amanda durante il nostro incontro periodico, con voce rotta dall’emozione. Per mesi era stata il volto di una trasformazione digitale pluriennale all’interno della sua azienda, motivando i team, prendendo decisioni difficili e assorbendo le continue reazioni negative derivanti dallo smuovere sistemi consolidati. Credeva profondamente in quella visione perché aveva lottato duramente per ottenerla e l’aveva difesa lungo tutto il percorso.

Eppure, ha confessato: “Ogni giorno mi sveglio pronta a scalare la montagna. E ogni sera mi chiedo se non sia io la sciocca che ci sta portando verso il precipizio”.

Le parole di Amanda catturano una realtà che raramente nominiamo: il prezzo che pagano coloro che guidano il cambiamento. Ho scritto molto sulla stanchezza da cambiamento nelle organizzazioni: il disimpegno dei dipendenti, gli errori causati dalla disattenzione, il calo di produttività e l’erosione del morale che accompagnano le trasformazioni prolungate. Abbiamo citato così spesso la triste realtà del fallimento del cambiamento che ormai la recitiamo come un mantra: quasi due terzi delle trasformazioni falliscono. Ma concentrarsi solo sui risultati organizzativi significa tralasciare un aspetto fondamentale: il lavoro emotivo che i leader devono svolgere e il danno che subiscono quando sono i principali artefici del cambiamento.

Se sei un leader della trasformazione, potresti sentirti come se fossi costantemente diviso tra agency (ossia, la capacità di prendere iniziative e agire) che alimenta l’azione e ambivalence (in italiano, “lotta o contrasto interiore”) che genera esitazione. Ad esempio, la capacità di agire di Amanda le ha dato la volontà di lottare per la sua visione, mentre la sua lotta interiore l’ha mantenuta in sintonia con i rischi e le realtà che avrebbero potuto portare al fallimento del progetto.

Questo conflitto non è un difetto, ma è proprio la tensione che consente di guidare il cambiamento trasformazionale. Tuttavia, se non gestito, può consumarti. Anche se “vinci” il cambiamento, potresti ritrovarti esausto, isolato e meno efficace per la prossima sfida. Il costo umano in termini di giudizio, resistenza, fiducia e benessere è spesso invisibile, finché non emerge.

 

Le cinque dimensioni del conflitto interiore di un leader del cambiamento

Nel corso di decenni trascorsi affiancando centinaia di leader del cambiamento organizzativo, ho osservato costantemente cinque dimensioni che i leader trasformazionali apportano al loro lavoro. Quando si bilanciano tutte e cinque le dimensioni, esse alimentano assieme il cambiamento. Ma quando sono sbilanciate, ciascuna dimensione da sola può facilmente far deragliare il cambiamento quando ti spinge troppo verso l’azione o l’ambivalenza.

I leader raramente mantengono queste cinque dimensioni in equilibrio costante, né dovrebbero cercare di farlo. Le circostanze cambiano ogni giorno: la resistenza aumenta, le crisi esplodono, arrivano le vittorie e subentra la stanchezza. Una leadership efficace nel cambiamento non consiste nel risolvere la tensione tra agency e ambivalence, ma nell’imparare a gestirla.

I leader che hanno successo nella trasformazione sono quelli che riescono a convivere con la tensione, a leggere le condizioni e a ricalibrare ripetutamente quel mix senza lasciarsi sopraffare da nessuno dei due estremi. Ecco come riconoscere le dimensioni e individuare i segnali che indicano uno squilibrio:

 

Tono di voce: la capacità di articolare un futuro convincente

L’equilibrio più sano del tono di voce si ottiene quando un leader è in grado di ispirare gli altri con un’immagine vivida del futuro, invitando al dialogo e al dissenso. Mantenere questo equilibrio significa verificare periodicamente se la visione è ancora percepita, non solo ascoltata.

I segnali interni di deriva sono eloquenti: potreste sentirvi irritati quando le persone vi pongono domande a cui avete già risposto, o forse sentite il bisogno di “vincere” in ogni conversazione. Esternamente, potreste notare che i colleghi ripetono le vostre parole senza energia, trasmettendo un senso di conformità invece che di convinzione.

Quando siete troppo spinti verso l’azione, soprattutto dopo aver affrontato ripetute resistenze o battaglie politiche, potreste credere che parlare a voce più alta e con più forza vi farà prevalere. Il risultato è una voce che diventa stridula, persino aggressiva, allontanando così gli alleati e rafforzando l’opposizione. D’altra parte, una resistenza prolungata, la perdita di copertura politica o la pura e semplice stanchezza possono spingere verso un contrasto interiore, facendovi tacere. La vostra visione, un tempo vivida, diventa smorzata e indifesa, e questo porta lo slancio a dissiparsi.

 

Idee: la capacità di riformulare le possibilità

Un equilibrio sano consiste nel dare vita a idee non convenzionali e ben strutturate in modi che cambiano la prospettiva e uniscono gli altri. I leader che mantengono questo equilibrio spesso conservano un “deposito delle idee” per catturare i concetti emergenti senza far deragliare il lavoro in corso. In questo modo, vengono conservati in modo sicuro per opportunità future, aiutando i leader a resistere alla tentazione di perseguire ogni nuova idea che salta fuori e al fascino della novità in sostituzione del progresso.

Internamente, un segno che stai perdendo equilibrio è quando l’emozione di una nuova idea sembra più gratificante del compito di portarla a termine. Esternamente, il tuo team potrebbe aspettare in silenzio per vedere quale idea sopravvive prima di impegnare le proprie energie.

Se avete una mente irrequieta, potreste tendere all’eccesso di iniziativa, soprattutto quando i primi successi sono scarsi. Potreste generare costantemente nuovi concetti o apportare modifiche infinite ai piani esistenti, creando instabilità e sopraffacendo i team. All’estremo opposto, la paura del ridicolo, il rischio politico o il ricordo di idee fallite in passato possono attivare un’eccessiva incertezza, portandovi ad abbandonare prematuramente concetti promettenti o ad autocensurarvi prima che le idee abbiano la possibilità di maturare.

 

Passione: il carburante emotivo per sostenere la causa

Nella sua forma più sana, la passione è condivisa, non imposta. I leader con equilibrio trasmettono il motivo per cui il lavoro è importante per loro, poi lasciano spazio agli altri per articolare le proprie ragioni di impegno. Fanno un passo indietro per lasciare che siano gli altri a guidare parti della storia.

Internamente, scivolare in un eccesso di iniziativa può produrre una sofferenza personale se gli altri non dimostrano la vostra stessa intensità. Un segno che state scivolando nell’ambivalence è il disimpegno dalle riunioni che un tempo attendevate con entusiasmo. Esternamente, entrambi gli estremi possono riflettersi in un ritiro degli altri, perché magari si sentono soffocati, oppure perché percepiscono che il fuoco si è spento.

La passione può sfociare in eccesso di iniziativa quando ci si sente profondamente legati alla causa e insicuri riguardo all’impegno degli altri. L’istinto è quello di compensare eccessivamente: guidare con più forza, parlare più a lungo, vendere con più insistenza e spingere oltre in modi che possono sembrare coercitivi e creare adesione passiva senza un vero coinvolgimento. Il contrasto può emergere quando il lavoro continua senza vittorie visibili, aggravato dalla stanchezza, o quando lo scopo del cambiamento non è più in linea con i propri valori (o, peggio, con la strategia dell’organizzazione). In quei momenti, la passione può tradursi in apatia, segnalando agli altri che la causa potrebbe non valere lo sforzo.

 

Insoddisfazione: l’irrequietezza che rifiuta lo status quo

L’equilibrio produttivo dell’insoddisfazione la inquadra in termini di curiosità: “Cosa servirebbe per migliorare la situazione?” piuttosto che “Perché non riescono a farlo bene?”. È possibile mantenere questo equilibrio concentrandosi regolarmente sul risultato desiderato piuttosto che sugli ostacoli che si frappongono.

Internamente, fate attenzione a un cambiamento nel vostro dialogo interiore da “Come possiamo?” a “Perché non lo fanno?”. Esternamente, notate se le persone evitano il vostro contributo fino all’ultimo momento possibile, segno che potrebbero prepararsi a fare delle critiche invece di cercare il vostro punto di vista.

Un eccesso di iniziativa in una fase di malcontento deriva spesso dalla frustrazione ripetuta nei confronti di sistemi radicati o di un’opposizione ostinata. Il malcontento si trasforma in disprezzo, erodendo la fiducia e rendendo quasi impossibile la persuasione. Dall’altro lato, dopo molteplici tentativi falliti di creare un cambiamento o la consapevolezza che l’insoddisfazione non si tradurrà mai in azione, si può scivolare nell’indifferenza, una rassegnazione che si arrende allo stato delle cose.

 

Convinzione: la certezza che le cose possano e debbano cambiare

Una sana convinzione stabilisce standard elevati, consentendo al contempo agli altri di contribuire a plasmare il percorso per raggiungerli. I leader che mantengono questo equilibrio sono chiari sui loro punti non negoziabili, il “perché”, ma flessibili sul “come”. Cercano punti di vista opposti prima di finalizzare le decisioni.

Internamente, un atteggiamento difensivo nei confronti di approcci alternativi è un segnale di una possibile inclinazione al dogmatismo; aver timore di pensare al prossimo traguardo è un segno che forse state perdendo la speranza. Esternamente, questo si manifesta quando i partner chiave smettono di offrire nuove idee, perché presumono che abbiate già deciso o perché credono che abbiate già rinunciato.

La convinzione porta a eccedere nell’iniziativa quando i primi successi o le pressioni esterne vi inducono ad aggrapparvi rigidamente al vostro piano originale. Il dogma sostituisce l’adattabilità e chi ha opinioni diverse si sente escluso. L’eccessiva incertezza attecchisce quando successive battute d’arresto, perdite politiche o dubbi personali minano la convinzione che il cambiamento sia ancora possibile, portando a una spirale di disperazione del tipo “Che senso ha?”.

 

Linee guida per mantenere l’equilibrio come leader del cambiamento

Le seguenti strategie possono aiutarvi a raggiungere e mantenere l’equilibrio tra le cinque dimensioni e a diventare leader del cambiamento più stabili:

 

Restate ancorati alla comunità.

Evitate il pericoloso isolamento della leadership del cambiamento creando un “gabinetto informale” di colleghi fidati che offrono feedback onesti e prospettive senza filtri. Mantenete le amicizie al di fuori del lavoro e assicuratevi di godere del sostegno di legami profondi.

 

Investite nella cura olistica di voi stessi.

Le esigenze fisiche, emotive, psicologiche e spirituali della leadership del cambiamento sono realtà non negoziabili, che rendono la cura proattiva di sé una necessità operativa. Più che coccolarvi (cosa comunque importante), non dovreste trascurare cose come controlli sanitari regolari, andare in palestra o mangiare bene. Vale anche la pena considerare azioni proattive per la salute mentale per aiutarvi a gestire il previsto impatto emotivo.

 

Rimanete insaziabilmente curiosi.

I leader che continuano ad apprendere mantengono la prospettiva, l’adattabilità e l’umiltà, antidoti sia al dogmatismo che alla disperazione. Seguite corsi su interessi esterni o nuove tecnologie. Amanda si è iscritta a una scuola di cucina per tutta la durata della sua leadership di trasformazione e questo ha cambiato le carte in tavola. Aveva un interesse esterno che le ha ringiovanito l’anima e ha dato alla sua mente una pausa dalle pressioni del cambiamento che stava guidando.

 

Tenete sempre a mente la visione di ciò che verrà con la trasformazione.

Un cambiamento sostenibile richiede un legame costante con ciò che state costruendo. Create simboli, immagini o storie che rendano tangibile la destinazione: una “sceneggiatura” dello “stato futuro” nell’ufficio, un oggetto fisico che rappresenti il successo o un’immagine ricorrente nelle vostre presentazioni. Rendete la visione facile da vedere e difficile da dimenticare, così nei momenti di battuta d’arresto potrete riagganciarvi all’obiettivo finale.

 

Mantenete il senso dell’umorismo.

La risata non è una distrazione dal lavoro serio, ma una fonte di resilienza. Una battuta condivisa o un momento di spensieratezza possono resettare la prospettiva, alleviare la tensione e ricordare alle persone che, sebbene la posta in gioco sia alta, non rappresenta tutta la vita. I leader che ridono e invitano alla risata creano uno spazio psicologico che aiuta i loro team a rimanere concentrati sul lavoro più a lungo.

 

Praticate l’autocontrollo.

Una leadership efficace nel cambiamento richiede un sistema nervoso ben calibrato. Imparate a capire come si manifestano nel corpo l’azione o l’incertezza: un battito accelerato, la mascella serrata nello sforzo dell’azione, o la pesantezza e la lentezza di una profonda incertezza. Usate, per ricalibrarvi, pratiche semplici come la respirazione profonda, la consapevolezza, le brevi passeggiate e gli esercizi di radicamento. Nei momenti cruciali, un solo respiro profondo prima di parlare può fare la differenza tra una scelta che fa avanzare il cambiamento e una che lo rallenta.

Qualche settimana dopo la mia conversazione con Amanda, mi ha detto che aveva iniziato a condividere la sua tensione interiore con il suo gruppo dirigente. Anziché diminuire la sua credibilità, questo ha rafforzato la fiducia. I membri del suo team si sono uniti non solo attorno al cambiamento, ma anche attorno a lei e tra di loro, assumendosi la responsabilità collettiva di sostenere la loro energia e determinazione.

 

FINCHÉ ESISTERANNO le organizzazioni, ci sarà la necessità di modificarle per adattarle alle esigenze competitive e ai progressi tecnologici. Misuriamo il ROI di tale cambiamento in termini di quota di mercato, efficienza, redditività e innovazione. Dovremmo, però, misurarlo anche in termini di resilienza di coloro che la guidano. Perché, per quanto buona sia la strategia o l’esecuzione, la trasformazione non può avere successo senza il leader che la guida.

 

Ron Carucci è cofondatore e managing partner di Navalent, dove lavora con CEO e dirigenti che perseguono un cambiamento trasformazionale. È autore di 10 libri di successo, tra cui To Be Honest: Lead with the Power of Trust, Justice and Purpose (Kogan Page, 2021).

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