SCENARI

La finanza strategica per l’Italia in un ordine globale che cambia

Claudio Scardovi

Settembre 2025

La finanza strategica per l’Italia in un ordine globale che cambia

HBR staff da Unsplash

 

Le tre grandi ipotesi alla base della visione argomentata da Francis Fukuyama (The end of history and the last man, 1992) rischiano di essere oggi radicalmente confutate dallo sviluppo degli scenari geoeconomici e geopolitici internazionali. Il modello di governance politica, economica e sociale occidentale, basato sul libero mercato e sulla globalizzazione, sulla democrazia liberale e inclusiva e sul dividendo derivato da una pace duratura, appare messo a dura prova dalle tendenze in atto, già ben visibili.

Il protezionismo e la deglobalizzazione (guerre commerciali e disaccoppiamento delle supply chain internazionali), il rigetto dei principi e dei movimenti legati alla sostenibilità (ESG, DEI etc.) e più in generale la prevalenza di sistemi di governo oligarchici e dittatoriali, e infine l’accelerata espansione dei fronti bellici (Ucraina, Medio Oriente, Sudan del Sud, con Taiwan a seguire?) e dei collegati piani di riarmo appaiono piuttosto indicare scenari futuri dominati dal caos, dal conflitto e dalla prevalenza di “verità sociali”: ovvero non-verità supportate da alcuna legittimazione scientifica e totalmente soggettive che emergono spesso sulla base di “fake news” affermandosi quindi, più gravemente, come verità largamente accettate anche a seguito di manipolazioni (queste sì) scientificamente realizzate e spesso guidate da obiettivi economici, politici e anche militari.

Sulla base di un nostro studio delle discontinuità geoeconomica e geopolitica in atto, abbiamo ipotizzato tre ipotesi alternative a quelle di Fukuyama – certamente meno positive e inquadrabili più in uno scenario evolutivo da “storia della fine”, se non indirizzate, gestite attivamente e risolte per tempo.

La prima, si riferisce alla crescente possibilità (se non probabilità) di una escalation bellica globale, motivata dal ciclo del debito e della finanza (i Paesi sviluppati hanno accumulato debiti pubblici importanti, seguiti da monetizzazione, inflazione e possibile consolidamento, mentre altri Paesi emergenti premono oggi per una revisione dei rapporti di potere e un diverso accesso alle risorse scarse disponibili a livello internazionale).

La seconda si riferisce al “ciclo degli imperi” (per come teorizzato ad esempio anche da Ray Dalio, il fondatore e CEO dell’hedge fund Bridgewater - The changing world order, 2023) e al possibile sviluppo di un ordine globale multipolare e non più dominato dagli Stati Uniti d’America. Collegate a questo scenario, due “trappole” rimandano rispettivamente alla prima (già commentato) e terza ipotesi sviluppate:

- La trappola di Tucidide (“La guerra del Peloponneso”, 404 a.C. circa), riferita alla crescente probabilità di guerra tra l’ex impero egemonico e quello nascente, cioè Stati Uniti e Cina;

- La trappola di Kindleberger, riferita all’assenza (o venuta meno) di un “creditore di ultima istanza” nel periodo di interregno, con l’ex impero dominante che non vuole o non può più difendere il ruolo della propria moneta come riserva valutaria globale e del nuovo emergente che non vuole o non può ancora affermare quello della propria come “safe asset” globale, con conseguente caos che può condurre a bancarotte pubbliche e private, a crisi economiche sistemiche ed allo sviluppo di un nuovo sistema finanziario fondato anche su ipotesi alternative di “safe asset” (e.g. il gold standard).

La terza ipotesi si riferisce infatti alla possibilità che le monete cripto (il Bitcoin, e anche altre “stable coin” come Tether, garantite da dollari e anche, apparentemente, da metalli preziosi) si affermino come riserve valutarie globali a fronte della perdita di questo status e “straordinario privilegio” da parte del dollaro e dell’incapacità di altre monete “fiat” (quali ad es. l’euro o il renmimbi) di affermarsi in sua vece. È quindi possibile immaginare una trasformazione radicale del sistema finanziario globale (obiettivo dichiarato dei fondatori delle cripto) e del modello stesso di capitalismo moderno alla base dello sviluppo delle Nazioni.

 

Il cubo di Rubik e le sfide della finanza strategica per il Paese e per le imprese italiane

A fronte degli scenari geoeconomici e geopolitici analizzati e delle tre ipotesi di cambiamento immaginate (possibili, probabili, ma non per questo inevitabili) almeno sei grandi sfide tra loro interconnesse sono identificabili per il Paese e per le imprese italiane, ben rappresentabili (data la complessità nella ricomposizione) dal “Cubo di Rubik” (Figura 1).

 

 

 

Ciclo del debito. Il modello del ciclo degli imperi di Ray Dalio evidenzia il ruolo del debito nel determinare le fortune e le tragedie delle Nazioni. A inizio ciclo, la crescita accelerata è caratterizzata da limitata ricchezza, elevata operosità e coesione sociale; a questa ne segue un’altra con elevata ricchezza e ancor più elevato debito, limitata operosità e tensioni sociali. Oltre il punto di apogeo, l’eccessivo debito si traduce nella monetizzazione e inflazione o nel consolidamento del debito pubblico, seguito da bancarotte private e pubbliche. Esiste tuttavia una terza via d’uscita “virtuosa” dato un utilizzo strategico della finanza, realizzabile con il taglio delle spese non produttive, la valorizzazione e cessione di asset pubblici (tra questi, l’immobiliare) e il realizzo di avanzi primari, senza detrimento del PIL – fattore fondamentale del rapporto “debito pubblico/PIL” e indirizzabile attraverso l’incremento della produttività e dell’R&S.

 

Produttività e R&S. La produttività (guidata dall’innovazione e adozione tecnologica) rappresenta il principale motore della crescita sostenibile e spiega le fasi di sviluppo e decadenza delle Nazioni. La bassa crescita della produttività rappresenta tuttavia il tallone d’Achille della Comunità Europea e, in particolare, del nostro Paese, anche a causa della limitata dimensione media e scarsa patrimonializzazione delle aziende italiane. L’utilizzo strategico della finanza chiama oggi le aziende italiane alla sfida della ricapitalizzazione, consolidamento e internazionalizzazione, con il contributo dei mercati privati (i fondi di private equity che investono con strategie aggregative di M&A “bolt-on”) e anche di quelli pubblici (come l’Euronext-Borsa Italiana, anche come sbocco naturale per le exit dei fondi, con la quotazione delle aziende, una volta realizzate le piattaforma a scala e pronte a divenire ad azionariato diffuso).

 

Ecosistema e risorse naturali. L’ecosistema di riferimento, nella sua più ampia accezione, rappresenta un altro elemento critico a supporto o detrimento delle alterne fortune delle Nazioni. Le sfide legate al cambiamento climatico, che introducono rischi fisici (legati agli eventi atmosferici estremi) e di transizione (legati al cambiamento della domanda) richiedono investimenti molto importanti per contrastare gli eventi catastrofali attesi e per aumentare la resilienza delle nostre aree urbane e rurali. Importanti investimenti nel comparto immobiliare (circa 800 miliardi di euro a fronte di un valore stimato pari a circa 8 miliardi), nelle infrastrutture e anche nel “capitale naturale” del Paese (terreni, sistemi idrici, risorse naturali non rinnovabili) sono richiesti come condizione necessaria a supporto della competitività delle imprese e dell’attrattività delle città italiane, sempre più impegnate in una competizione globale.     

 

Indipendenza e democrazia. La stessa indipendenza sovrana e la sopravvivenza del modello di democrazia liberale del Paese, basato sui valori e cultura millenarie sono oggi messi a rischio dall’incremento della bellicosità: commerciale, informatica-informativa (ossia, basata su attacchi cyber e sulla diffusione di fake-news e di non-verità strumentalmente utilizzate per scopi destabilizzanti) e infine militare, con focolai di guerra che si diffondono dall’Ucraina al Medio Oriente, all’Africa del nord e sub-sahariana, all’Asia Indo-Cinese e sul confine Pacifico. Allo spettro di una guerra paneuropea o globale si somma quello legato a ondate migratorie massive causate anche dal cambiamento climatico. A fronte di questo, l’investimento in infrastrutture della Difesa (anche se a titolo dissuasivo) risulta oggi un’impellente necessità realizzabile solo attraverso l’utilizzo strategico della finanza (cioè con fondi sovrani e iniziative in PPP).

 

Intelligenza artificiale e singolarità. Nell’ambito dell’innovazione tecnologica, il “game changer” dei prossimi anni appare oggi lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generale (IAG). Questa tecnologia promette di realizzare “esplosioni di intelligenza”, momenti di singolarità dell’IAG capaci di superare l’intelletto umano in tutti i campi e per tutte le applicazioni possibili, contemporaneamente. Oltre ai rischi di perdita di controllo della IAG, altri si riferiscono al suo impatto economico e sociale, con cambiamenti radicali nel mondo del lavoro, nei modelli di governo politico e di gestione della coesione sociale – con possibile ulteriore polarizzazione delle fortune, a favore di pochi Stati, aziende (e persone). La sfida per il Paese e per le aziende è duplice: non perdere il passo su tempi ed efficacia di adozione della IAG da parte dei concorrenti, evitando al contempo di perderne il controllo nel senso ultimo e direzione di marcia.

 

Inverno demografico ed “ereditocrazia”. Lo scenario d’inverno demografico dell’Italia è caratterizzato da un tasso di natalità al di sotto del livello di mantenimento e dall’incremento della speranza di vita, con un sistema pensionistico pubblico difficilmente sostenibile. L’opportunità legata al “passaggio generazionale”, per larga parte delle PMI nate durante il “miracolo economico”, rischia peraltro di essere limitata dalla “ereditocrazia”, con ricchezze accumulate che vengono ereditate ogni anno per circa il 15-20% del PIL (la quota più elevata a livello globale e con la più alta accelerazione). Se l’ereditocrazia non assicura la riallocazione ottimale del capitale, la scarsa “meritocrazia” del Paese si traduce in ulteriori “fughe di cervelli”. L’utilizzo della finanza strategica, con lo sviluppo di sistemi pensionistici privati e la democratizzazione degli investimenti in private equity e real asset rappresentano possibili soluzioni su cui fare leva.

 

Finanza strategica per il futuro

Le tre ipotesi o previsioni descritte da Fukuyama rischiano oggi di essere soppiantate da altre molto più preoccupanti, con rischi di conflitti bellici globali, un nuovo ciclo degli imperi contraddistinto da caos, opacità e altri cambiamenti dirompenti e, infine, il possibile sovvertimento di molti dei paradigmi dell’attuale sistema finanziario globale. A fronte di questi scenari, il Paese e le imprese italiane si trovano ad affrontare sfide cruciali che richiedono “big ideas” e anche una visione e utilizzo degli strumenti della finanza sempre più strategici e coerenti con obiettivi di sostenibilità totale (economica, sociale e ambientale). Rispetto alle domande ricorrenti su “quale futuro della finanza? e “quale finanza del futuro?”, la riflessione più importante ci appare piuttosto essere, per la competitività del Paese, delle sue aziende e per il benessere dei cittadini: “quale finanza strategica può aiutarci a costruire un futuro migliore?”.

 

Claudio Scardovi, Senior Executive Fellow SDA Bocconi e docente “Strategic Finance” Executive Master in Finance.

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