DECISION MAKING

In tempi incerti, fatevi queste domande prima di prendere una decisione

Cheryl Strauss Einhorn

Giugno 2025

In tempi incerti, fatevi queste domande prima di prendere una decisione

Michael Prince/Getty Images

 

Tra instabilità geopolitica, shock climatici, rivoluzione dell’intelligenza artificiale e molto altro, ciò che i leader di oggi affrontano non sono crisi occasionali. Nei fatti, operano in uno stato di crisi permanente. Quando il panorama continua a cambiare, le decisioni basate su vecchi presupposti possono diventare rapidamente obsolete: ciò che ha funzionato in passato, infatti, potrebbe non essere più adeguato.

In questo momento, porre le domande giuste è una delle azioni più efficaci che un leader possa intraprendere. Questo perché le domande giuste non solo aiutano a trovare le risposte, ma aprono la mente e aiutano a vedere le scelte da nuove prospettive.

Le domande tradizionali mirano a ridurre l’ambiguità: qual è il ritorno sull’investimento? Qual è la nostra tempistica? Come determineremo i nostri traguardi chiave? Ma quando la volatilità è la norma, queste domande possono involontariamente restringere troppo presto il campo visivo, portando i team a bloccarsi, a trascurare i cambiamenti sistemici o a ritardare azioni critiche. Sebbene sia naturale concentrarsi su ciò che è familiare quando si è sotto pressione, questo istinto può creare un’illusione di controllo rendendo ciechi ai rischi emergenti, oscurando opportunità preziose o mantenendo bloccati nella logica del passato mentre il mondo va avanti.

In condizioni di incertezza, i leader hanno bisogno di domande che amplino la prospettiva, generino nuove intuizioni e stimolino la creatività. Le domande giuste non solo aiutano a evitare passi falsi, ma aprono anche nuove strade. Io utilizzo le quattro domande che seguono per aiutare i miei clienti a lavorare nell’ambiguità. Le risposte non puntano a prevedere il futuro, ma aiutano a pensare con maggiore chiarezza nel presente, eliminando i rumori di fondo, illuminando i punti ciechi e creando slancio quando ci si sente bloccati.

 

1. Quale decisione presa oggi avrà ancora senso tra un anno?

È facile prendere decisioni che risolvono i problemi immediati ma creano conseguenze a valle. Porre questa domanda costringe i leader a fermarsi e considerare la durata delle loro scelte, introducendo una visione a lungo termine nel caos a breve termine.

Rispondere a questa domanda non richiede una previsione perfetta, ma chiarezza: quale direzione abbiamo davvero deciso di seguire? Quali valori vogliamo che questa decisione rifletta? Quali rischi siamo disposti ad assumerci? La domanda funge da filtro, aiutando a superare il panico o la pressione per prendere decisioni in linea con gli obiettivi che si vogliono raggiungere, piuttosto che limitarsi a rafforzare la posizione corrente. Dà priorità alla resilienza rispetto ai risultati immediati e alla strategia rispetto al rumore.

Alana, senior leader di un marchio globale di consumo, era sotto pressione per ridurre i costi dopo un trimestre deludente. Il suo team finanziario aveva presentato una soluzione semplice: eliminare le iniziative di sostenibilità dell’azienda. La mossa avrebbe prodotto risparmi rapidi con un minimo di interruzione operativa, proprio ciò che sembrava richiedere il rapporto trimestrale. Ma qualcosa nella raccomandazione l’ha fatta riflettere.

Dopo essersi chiesta “Quale decisione presa oggi avrà ancora senso tra un anno?”, Alana ha allargato la prospettiva per considerare le conseguenze a lungo termine di questa mossa. La sostenibilità era diventata una parte fondamentale dell’identità del marchio, soprattutto per la sua base di clienti in più rapida crescita: i consumatori più giovani, molto attenti alla responsabilità ambientale e sociale. Tagliare questi programmi avrebbe potuto aiutare i margini del trimestre, ma avrebbe inviato un segnale sbagliato al mercato e rischiato di danneggiare la fiducia conquistata con tanta fatica.

Invece di tagliare l’intero programma, Alana ha identificato quali iniziative di sostenibilità erano più visibili e apprezzate, ad esempio le partnership per acquisti etici dell’azienda. Questo le ha permesso di preservare ciò che era più importante, sospendendo o ristrutturando le iniziative che avevano un impatto meno diretto sui consumatori. Ha comunicato la decisione in modo trasparente ai dipendenti, rafforzando l’impegno a lungo termine dell’azienda e riconoscendo al contempo i vincoli a breve termine.

La domanda ha aiutato Alana a resistere a una decisione reattiva e a sceglierne invece una che bilanciava le esigenze immediate con il posizionamento a lungo termine.

 

2. Se tra un anno questa decisione fosse utilizzata come esempio della nostra leadership, cosa insegnerebbe?

In tempi incerti, quando i dati sono incompleti e i risultati sembrano imprevedibili, questa domanda aiuta i leader a passare da una risoluzione reattiva dei problemi a una costruzione intenzionale di significato. Ed è più di una domanda di riflessione: è uno strumento di riformulazione. Chiede: che tipo di storia stiamo scrivendo con questa decisione? Cosa imparerebbero gli altri, non solo su ciò che abbiamo fatto, ma su come ci siamo comportati?

A differenza di una domanda che si concentra sul fatto che una decisione resisterà alla prova del tempo, questa domanda riguarda ciò che le vostre decisioni dicono di voi: le vostre priorità, il vostro coraggio e la vostra chiarezza. È strategica perché spinge i leader ad allargare la loro visione e a considerare come le loro scelte riflettono la cultura che stanno costruendo e l’esempio che stanno dando.

Prendiamo Raj, vicepresidente di un’azienda tecnologica in rapida crescita, che stava guidando il lancio di un prodotto ad alto rischio. Un membro del team ha sollevato preoccupazioni etiche sul fatto che i dati degli utenti potessero non rimanere anonimi. Sebbene il team legale avesse dato il via libera, rimaneva una zona grigia. Ritardare il lancio avrebbe significato perdere un importante traguardo per gli investitori. Il team era diviso.

Chiedersi “Se tra un anno questa decisione fosse utilizzata come esempio della nostra leadership, cosa insegnerebbe?” ha cambiato il tono della conversazione. Non si trattava più solo di tempistiche o rischi, ma di carattere. Quale lezione volevano dare? Cosa volevano che il loro team e i loro utenti ricordassero? Raj ha deciso di ritardare il lancio di due settimane per implementare protezioni dei dati più solide e spiegare pubblicamente il cambiamento.

Il risultato: l’azienda ha mancato l’obiettivo, ma ha conquistato la fiducia all’interno, il rispetto all’esterno e la stima degli investitori. E un anno dopo, quella decisione è stata citata come esempio lampante di leadership integra.

 

3. E se questa non fosse una tempesta, ma il clima?

Questa domanda ribalta il modo in cui i leader solitamente inquadrano i cambiamenti radicali. Anziché considerare la volatilità come una tempesta temporanea e aspettare che passi, ti chiede di considerare: e se questa fosse la nuova normalità? Questo cambiamento è più che semantico: è strategico. Sfida l’istinto di ritardare, rinviare o progettare un ritorno immaginario alla stabilità e invita a smettere di ottimizzare le azioni in attesa di una ripresa, invitando, invece, a iniziare a prepararsi a una situazione di persistenza e a costruire per resistere. Incoraggia gli investimenti in sistemi, cultura e capacità che possano flettersi sotto pressione, senza spezzarsi. Affrontando l’incertezza con decisione, i leader passano da un atteggiamento reattivo a uno resiliente, facendo scelte che non solo consentono di sopravvivere al momento presente, ma anche di prosperare in qualunque situazione si possa presentare in futuro.

Darryl, COO di un’azienda di beni di consumo, era alle prese con un importante fornitore di imballaggi. Le consegne erano in ritardo. La qualità stava peggiorando. Ma cambiare fornitore sembrava rischioso: quello attuale lavorava con loro da anni, conosceva le loro specifiche e offriva prezzi competitivi. Darryl ha quindi continuato a sollecitare soluzioni, sperando che i problemi fossero temporanei.

Poi, durante una riunione con il suo team su questioni relative alla catena di fornitura, il responsabile degli acquisti gli ha chiesto: “E se questa non fosse una tempesta, ma il clima?”

La domanda ha ribaltato la conversazione. Invece di considerare i problemi del fornitore come una turbolenza a breve termine, Darryl ha iniziato a vedere uno schema più profondo: sebbene il rapporto avesse funzionato per diversi anni, nell’ultimo anno non aveva funzionato, e si trattava di un periodo in cui l’azienda di Darryl si era molto allargata sui mercati internazionali. Forse Darryl non vedeva dei problemi; forse il team vedeva un fornitore che non era più in grado di soddisfare le loro esigenze in espansione. Il rischio non stava nel cambiare, ma nel rimanere fedeli a un rapporto che non serviva più all’azienda.

Darryl ha avviato un piano su due fronti: inserire un secondo fornitore e concedere a quello attuale un periodo di 90 giorni per migliorare, con chiari parametri di riferimento. Se i problemi fossero continuati, Darryl sarebbe stato pronto a cambiare fornitore.

Il risultato: meno ritardi, un migliore controllo della qualità e una posizione più forte nei confronti dei rivenditori. La domanda del responsabile degli acquisti ha impedito all’azienda di aspettare che le cose “tornassero come prima”. La domanda non offriva una previsione, ma imponeva un nuovo quadro di riferimento. E questo nuovo quadro ha portato all’azione.

 

4. Qual è il costo di restare ad attendere?

In una crisi, l’istinto di fermarsi, di aspettare ulteriori dati, maggiori certezze, che la nebbia si diradi, può sembrare responsabile e prudente. Ai leader viene insegnato a evitare di affrettarsi, a ridurre i rischi e a basare le decisioni su prove concrete.

Ma in contesti instabili, la ricerca di una chiarezza perfetta spesso ha un costo nascosto: il costo dell’inazione. È questo che rende questa domanda così strategica. Obbliga i leader a confrontarsi non solo con il rischio di agire troppo presto, ma anche con il rischio altrettanto pericoloso di agire troppo tardi. Questa domanda sposta l’asse dell’attenzione dalla paura che genera ritardo all’azione orientata alle opportunità. Incoraggia i leader a esaminare ciò che si può perdere esitando: la posizione sul mercato, lo slancio, il morale del team, le finestre di innovazione o la possibilità di guidare invece che inseguire. Non si tratta di ignorare la cautela, ma di soppesarla rispetto a ciò che è in gioco se il momento passa. In caso di crisi, spesso il tempismo è più importante della precisione e aspettare un quadro più completo può significare perdere l’occasione per la mossa migliore.

Monica, responsabile della strategia in una piccola società di servizi finanziari, si è trovata di fronte a una decisione difficile: assumere un responsabile marketing senior in un momento di incertezza economica e di volatilità del mercato azionario. Il suo istinto era quello di aspettare: altri sei mesi per raccogliere dati, forse un mercato più stabile e investitori interessati a nuovi prodotti finanziari. Ma, durante una riunione di vertice, ha chiesto: “Che costo avrà attendere?”. Discutendo la questione, il team ha individuato alcuni rischi reali: non riuscire a far conoscere il brand e il prodotto ai potenziali investitori, non raggiungere i clienti che avrebbero potuto trarre vantaggio dal prodotto, perdere terreno rispetto alla concorrenza e compromettere lo slancio interno dopo mesi di lavoro. Si sono resi conto che aspettare un mercato più stabile avrebbe probabilmente significato gettare via i curriculum di alto livello che Monica aveva sulla scrivania. Ribaltando il pregiudizio dalla paura di agire alla consapevolezza dell’inazione, hanno preso una decisione che bilanciava coraggio e cautela. Hanno portato avanti le assunzioni e ripensato la struttura retributiva per premiare l’acquisizione di nuove risorse. La domanda non ha eliminato l’incertezza, ma ha aiutato il team ad andare avanti comunque, con gli occhi ben aperti.

 

Passare dall’esitazione all’azione significativa

Nel mondo di oggi, in perenne crisi, aspettare la stabilità è come aspettare un treno che non arriva mai. Quando tutto intorno a voi sembra instabile, utilizzare queste quattro domande come strumenti strategici può consentirvi di analizzare meglio la situazione, riformulare i rischi e rafforzare la vostra capacità decisionale.

Non è necessaria una previsione perfetta per guidare bene in tempi di incertezza, ma porre le domande giuste può determinare il modo in cui reagite. Esse rivelano ipotesi errate, mettono in luce opportunità nascoste e vi aiutano a concentrarvi su ciò che è sotto il vostro controllo. Il processo decisionale strategico non consiste nell’avere tutte le risposte, ma nel porre le domande che vi portano a risultati più saggi e resilienti.

 

Cheryl Strauss Einhorn è fondatrice e CEO di Decisive, un’azienda di scienze decisionali che utilizza il suo sistema decisionale AREA Method per aiutare a risolvere problemi complessi. Insegna alla Columbia Business School e alla Cornell. È autrice di due libri sulla risoluzione di problemi complessi, Problem Solved per le decisioni personali e professionali e Investing In Financial Research sulle decisioni aziendali, finanziarie e di investimento. Il suo nuovo libro, Problem Solver, tratta della psicologia del processo decisionale personale e dei profili dei problem solver.

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