ORGANIZZAZIONE

Troppe riunioni fanno male all’azienda

Filippo Accettella

Giugno 2025

Troppe riunioni fanno male all’azienda

Ormai non è più un segreto: lamentarsi delle riunioni, e della sensazione di tempo sprecato che comportano, fa parte della vita lavorativa. La maggior parte delle aziende riempie il calendario dei propri dipendenti con riunioni settimanali meticolosamente programmate. Ore e ore di meeting, call e riunioni che molti dipendenti, ormai non più così silenziosamente, ritengono siano una perdita di tempo. Pochi leader si soffermano a riflettere seriamente sull’impatto, in particolare negativo, che queste riunioni hanno sul morale e sulla produttività delle loro squadre. Spesso, le riunioni sono considerate un “male necessario”, senza alcuna considerazione per il disagio che possono causare.

Stop alle riunioni, lo dicono i dati. Un sondaggio condotto da Korn Ferry su 1.945 lavoratori ha rivelato che il 67% degli intervistati ritiene che il numero eccessivo di riunioni impedisca di svolgere la loro mansione nei migliori dei modi. Secondo la MIT Sloan Management Review un dirigente medio dedica ben 23 ore alla settimana alle riunioni, un impegno di tempo notevole che solleva interrogativi sulla loro effettiva produttività. Ma i dati non finiscono qui, uno studio condotto dall’Harvard Business Review ha rivelato che ben il 71% dei partecipanti all’indagine considera le riunioni come attività improduttive e inefficienti, mentre il 64% ritiene che ostacolino il cosiddetto “deep thinking”.

 

Pericolosa sottovalutazione

Nonostante questi dati allarmanti, molti dirigenti sembrano sottovalutare l’importanza di affrontare il problema delle riunioni improduttive. Spesso i dirigenti, quando sacrificano il proprio tempo e benessere per le riunioni, ritengono di fare ciò che è meglio per l’azienda e non vedono i costi effettivi per l’organizzazione. In questo modo, trascurano il danno collettivo provocato da un eccesso di riunioni sulla produttività e sulla concentrazione. Secondo uno studio della Anversa School of Management in Belgio ogni azienda perde 2.500 euro all’anno per ogni dipendente a causa di riunioni inutili. Come fare a spezzare le catene del riunionificio? C’è un motivo vero e univoco per riunirsi? È obbligatorio esserci tutti? È importante cominciare e finire all’ora prefissata? È necessario parlare per forza? Si può anche solo ascoltare, e poi agire? È bene fare il conto del costo orario di ciascun partecipante alla riunione, e valutare se quei soldi non potrebbero essere spesi meglio?

Le riunioni sono lo strumento di leadership più utilizzato, servono per guidare i vari team verso il raggiungimento dei traguardi definiti dalla strategia aziendale e, se questo strumento non è efficiente, non verranno raggiunti gli obiettivi e ciò implicherà frustrazione per tutte le persone coinvolte. Il tempo è una risorsa molto scarsa, e quindi preziosa, e ottenere il massimo da una giornata lavorativa richiede una buona gestione e pianificazione di questa risorsa, anche durante le riunioni. Molti direttori esecutivi e membri del Consiglio di Amministrazione si chiedono come sia possibile che oggigiorno si investa ancora del tempo in riunioni inefficienti e quindi inefficaci. Gli studi dimostrano che le riunioni rappresentano oggi una delle basi sulle quali costruire il successo di un’azienda, ma, negli ultimi 50 anni, queste sono aumentate in numero e durata. I direttori esecutivi dedicano in media 23 ore settimanali del loro tempo alle riunioni, mentre negli anni ’60, ne spendevano appena 10.

 

I costi nascosti

A questo proposito, molti Top Manager si chiedono oggi quante risorse vengano effettivamente investite nelle loro riunioni aziendali. Una riunione settimanale costa ad un’azienda 360 ore di lavoro individuale ogni anno. Utilizzare il tempo in maniera non efficiente ha un costo evidente, ma ce ne sono anche altri impliciti. Se il tempo è una risorsa limitata, ogni minuto speso in riunioni inutili è un minuto perso a scapito del lavoro individuale, che è importante per l’operatività e l’efficienza. Prendiamo ad esempio un’azienda le cui riunioni settimanali durano un’ora e nelle quali sono presenti sette dei suoi dirigenti, che utilizzano sette ore del loro tempo lavorativo per ognuna di queste riunioni. Se moltiplichiamo questo numero per le 52 settimane lavorative, scopriamo che in quest’azienda i dirigenti spendono 360 ore all’anno del loro tempo in riunioni settimanali.

Anche le riunioni quotidiane, programmate nel corso della settimana, possono avere un impatto sulla produttività, in quanto interrompono il “lavoro operativo”. Questo, secondo Cal Newport, professore di informatica alla Georgetown University, è un termine usato per descrivere la capacità di concentrarsi senza distrazioni su compiti cognitivi impegnativi. Se queste interruzioni sono troppo numerose, allora le persone sono inclini a orari di lavoro tardivi, o weekend dedicati a compiti che richiedono concentrazione e un ambiente tranquillo.

Se è vero che il tempo è denaro, le riunioni sono un investimento finanziario significativo per le aziende. Infatti, si calcola che il costo stimato delle riunioni improduttive in Europa sia di 32 miliardi di euro all’anno. Senza dubbio, potremmo ottenere di più con una migliore cultura delle riunioni. Le stime indicano che la maggior parte delle organizzazioni destina tra il 7% e il 15% del budget disponibile per l’organizzazione di riunioni, senza considerare i costi salariali.

Se si considerano le riunioni di vertice, i costi monetari sono ancora più evidenti. Se una riunione di direzione dura un’ora e vede la partecipazione di otto persone, ciascuna con uno stipendio annuo medio di 120mila euro, e tenendo conto anche dei costi di viaggio e dei materiali, allora 50 riunioni raggiungerebbero un costo totale di 54.200 euro, di cui 33.600 per gli stipendi, 5.600 per i viaggi e 15mila per i materiali.

La maggior parte dei leader lamenta problemi importanti nei modi in cui le riunioni di management sono organizzate e si svolgono, che sfociano in senso di frustrazione, stress, scarsa motivazione (non misurabili economicamente). La riunione, che impegna fra il 40% e il 50% delle ore di lavoro di un dirigente, è diventata quindi una perdita di tempo, e i dati lo confermano. Ricerche internazionali dedicate riportano che i manager spendono nei meeting ben 23 ore a settimana. Di queste, circa otto sono considerate inutili e improduttive.

Non solo. Michael C. Mankins, manager della Bain & Company di San Francisco, pubblicò qualche anno fa, per la Harvard Business Review, uno studio che riporta questi dati: prendendo una società come caso d’analisi, si è visto che ogni riunione settimanale del comitato esecutivo ha comportato un dispendio di 300.000 ore all’anno in totale. Ciascun dirigente del comitato esecutivo ha speso annualmente 7.000 ore del suo tempo in riunione; una cifra che non include le 20.000 ore in un anno servite per la pianificazione e preparazione di ogni incontro. Infine: 21 team hanno speso un totale di 63.000 ore per supportare le riunioni dei responsabili. Se si considerano le 210.000 ore supplementari che ogni anno sono necessarie per lo svolgimento di riunioni in cui è coinvolto il responsabile, il totale del tempo speso nel “meeting management” tradizionale raggiunge quota 300.000 ore. Si tratta di una cifra che non ha bisogno di commenti.

I manager lamentano un numero esorbitante di riunioni, di durata sproporzionata rispetto alle reali esigenze. Una tendenza la cui pervasività è un dato di fatto. Un sondaggio su scala mondiale condotto da una multinazionale rileva che oltre il 40% del campione intervistato ha trascorso tra le 11 e le 30 ore a settimana in riunione. Meno del 2% del campione ha affermato di voler trascorrere ancora più tempo impegnato in quest’attività. L’informazione non stupisce. Sempre Harvard Business Review ricorda che per l’83% dei manager la gestione delle riunioni è un vero e proprio “time killer”, caratterizzato da attività inefficienti e prive di valore: nella percezione dei partecipanti, più del 25% del tempo sarebbe dedicato a questioni irrilevanti. E ancora: secondo un’indagine di Office Team riportata dall’Institute de Gestion du Temps, il 45% dei manager sostiene che la produttività aziendale aumenterebbe se si bandissero le riunioni per almeno un giorno a settimana.

 

Migliorare l’uso del tempo

Com’è chiaro, tutto questo tempo sprecato potrebbe essere impiegato altrimenti: nel lavoro individuale, nell’aggiornamento personale, nell’ottimizzazione dei processi esistenti, nell’elaborazione di soluzioni creative che necessitano per definizione di spazio dedicato al ragionamento. O anche, perché no: il tempo impiegato in riunioni percepite come “inutili” potrebbe essere orientato alla vita privata, se consideriamo il benessere personale del manager - e non solo - come un requisito fondamentale di qualsiasi attività produttiva. La gestione del tempo può senza dubbio essere considerata come una leva nel work-life balance. Non a caso, molti leader dichiarano di considerare la “frustrazione da meeting” come un motivo di burn-out, col senso di isolamento e di scarsa partecipazione ai processi che ne consegue.

Il professor Steven Rogelberg della UNC Charlotte sottolinea che circa il 90% dei manager ammette di utilizzare spesso il tempo dei meeting per completare altri lavori e che nel corso delle 55 milioni di riunioni che ogni giorno hanno luogo solo negli Stati Uniti, un partecipante su dieci ammette di “pensare ad altro”. Un altro problema che le figure manageriali rilevano è che la gestione delle informazioni è spesso improvvisata e farraginosa, anche e soprattutto nella fase preparatoria dell’incontro. Si è costretti a gestire processi disordinati, in cui ci si confonde facilmente.

Com’è possibile che le riunioni siano mediamente oceaniche? Sia prima che durante il meeting, l’agenda degli argomenti da affrontare è confusa e non permette ai partecipanti di prepararsi a dovere, concentrandosi sugli “hot topics” ed evitando di disperdersi in questioni secondarie. Troppo spesso “si perde il filo”. E dopo l’incontro è difficile avere una visione completa delle questioni affrontate, perché le informazioni sono “nascoste” in lunghi verbali e in documenti difficili da reperire.

Alla luce di queste carenze, prendere buone decisioni diventa un’impresa faticosa. L’iter decisionale è rallentato e appesantito, creando la necessità di richieste, chiarimenti, attese, ripetute revisioni e approvazioni di documenti, che rimbalzano fra soggetti poco connessi fra loro. O di ulteriori riunioni. Sembra incredibile che una così conclamata e diffusa perdita di controllo sull’organizzazione dei meeting non venga gestita con mezzi appropriati, in grado di rendere agile ciò che è ancora inutilmente rigido, lento e non funzionale. Una “cultura agile” del management applicata ai meeting può far risparmiare tempo prezioso. Ma come?

 

Preparare meglio i meeting

Per evitare che la riunione diventi una perdita di tempo, la preparazione individuale del manager è fondamentale. Sono necessari alcuni accorgimenti: rendere chiari gli scopi dell’incontro, che devono essere condivisi con tutti i partecipanti già prima della riunione, organizzare in anticipo i punti in agenda, sintetici e focalizzati sugli “hot topics” principali, per ciascun tema deve essere stabilito un tempo massimo entro cui la discussione deve risolversi, è importante che documenti e verbali siano selezionati e di facile accesso, già prima che il meeting abbia luogo. Un buon meeting deve essere in grado di coinvolgere e mantenere attenti tutti i partecipanti, evitando di generare distrazione e alienazione, i documenti devono essere digitalizzati e raccolti in un unico ambiente virtuale per venire gestiti in modo rapido, ordinato e partecipato, è importante che vengano discussi solo i temi in agenda, gestendo in modo ordinato feedback e commenti. Mai chiudere il meeting senza un recap finale dei risultati, in modo da allineare i partecipanti sulle decisioni prese e rendere fluido il passaggio alla fase successiva.

Non c’è dubbio che prendere buone decisioni costituisca uno dei principali obiettivi di ogni meeting. Ecco perché è necessario arrivare a decisioni chiare, veloci e condivise, l’arco di approvazione delle decisioni dovrebbe essere gestito attraverso strumenti digitali dedicati, in grado di offrire una visione olistica delle discussioni e dei materiali, permettendo di passare rapidamente dalla decisione all’azione, evitando quindi attese, dilatazioni e rimandi. Al giorno d’oggi, i successi dei meeting sono determinati dalla valorizzazione dell’armonia fra gli individui che vi partecipano, stimolando la loro presenza e partecipazione nelle diverse fasi dell’incontro, scongiurando cali di motivazione e controproducenti sensazioni di isolamento.

La (buona) relazione fra i partecipanti diventa quindi uno degli strumenti più importanti di salute e sviluppo degli iter decisionali. Le riunioni, per definizione, sono situazioni di connessione fra persone. Per questo è fondamentale che ogni loro fase possa arricchirsi del contributo di ciascun partecipante. Quindi bisogna scegliere bene anche chi farvi partecipare.

Secondo un sondaggio condotto su oltre 10.000 impiegati in Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Germania, Francia e Australia le troppe riunioni giornaliere rappresentano per la maggior parte delle persone un enorme spreco di tempo, che sottrae energie al lavoro quotidiano. Per oltre metà dei dirigenti e per il 27% degli impiegati il tempo trascorso in riunione è eccessivo e sottrae energie ai compiti quotidiani. Secondo altre ricerche le grandi organizzazioni sprecano 100 milioni di dollari all'anno in riunioni non necessarie. Il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo e riempire la giornata con tante riunioni rischia di far perdere troppo tempo con un evidente impatto sulla produttività. Le riunioni inefficaci sono la prima causa di ostacolo alla produttività secondo il Work Trend Index e fare troppe riunioni è al terzo posto. Rompere il circolo vizioso si può, basta volerlo e lavorarci. Non dedicandoci troppe riunioni, però.

 

Filippo Accettella, Head of People Empowerment Enel Italia.

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