RISORSE UMANE

Il punto blu: un nuovo strumento per la formazione?

Filippo Accettella

Marzo 2025

Il punto blu: un nuovo strumento per la formazione?

Adobe Stock

Nella società delle immagini il colore informa, come nelle mappe, seduce, come in pubblicità, narra, come al cinema, gerarchizza, come nelle previsioni del tempo, valorizza, come nei cosmetici, distingue, come negli alimenti, oppone, come nella segnaletica stradale, nasconde, come nelle tute mimetiche, si ammira, come nelle opere d’arte. In materia esistono studi psicologici, filosofici, artistici, ma anche scientifici che hanno motivazioni e determinati obiettivi. Ma arriviamo al “punto” e, in particolare, al “punto blu”.

Tra i momenti salienti delle Olimpiadi di Parigi 2024 abbiamo assistito alla straordinaria performance del tiratore turco Yusuf Dikec. Noncurante delle protezioni o dei dispositivi di puntamento, Dikec ha destato interesse perché, con la sua calma e una mano in tasca, si è portato a casa la medaglia d’argento nella pistola da 10 metri ad aria compressa a squadre. La sua concentrazione assoluta, apparentemente senza sforzo, ha indotto molti a chiedersi come facciano gli atleti a raggiungere uno stato di focus mentale così straordinario. Secondo ricerche recenti, tra cui uno studio appena pubblicato su Nature Neuroscience, giocherebbe un ruolo centrale una piccola struttura nel profondo del nostro tronco encefalico nota come “locus coeruleus” (LC) o “punto blu”, per la sua colorazione tendente all’azzurro, dovuta ai granuli di melanina al suo interno.

Il LC è coinvolto nella regolazione di attenzione, ciclo sonno-veglia, processi di apprendimento, percezione del dolore, meccanismi di ansia/stress, regolazione dell’umore e dell’appetito. “Il nostro cervello ha la capacità di concentrarsi, filtrando le distrazioni, per focalizzarsi su un compito singolo”, spiega il neuroscienziato Valerio Zerbi, professore all’Università di Ginevra, che ha coordinato il nuovo studio insieme a Johannes Bohacek del Politecnico di Zurigo. “Questo fenomeno, descritto con il termine in inglese being in the zone (essere nella zona), è una competenza critica non solo per gli atleti, ma per chiunque affronti un compito difficile, che si tratti di un esame, di padroneggiare uno strumento musicale o affrontare le complessità della vita quotidiana”.

Ma cosa consente esattamente al nostro cervello di passare da uno stato di concentrazione intensa a uno di attenzione elevata agli stimoli esterni? Per Zerbi, “Il punto blu gioca un ruolo fondamentale nel modo in cui percepiamo ed elaboriamo il mondo che ci circonda, agisce come un maestro d’orchestra, influenzando quasi ogni parte del cervello rilasciando noradrenalina, un neurotrasmettitore, che aiuta a regolare la nostra attenzione e prontezza. In particolare, abbiamo scoperto che il LC si attiva in modi diversi a seconda di ciò di cui il nostro cervello ha bisogno in un dato momento. In pratica abbiamo visto come i diversi modi di attivazione del LC riescano a riorganizzare l’attività cerebrale per adattarsi alle esigenze del momento”.

Sebbene attrezzature all’avanguardia e allenamenti meticolosi facciano certamente parte del successo olimpico di Yusuf Dikec, il segreto della sua prestazione potrebbe risiedere nella sua padronanza del punto blu. “Affinando l’attività del LC, si riuscirebbe a passare da stati di concentrazione intensa a stati di ampia consapevolezza e reazione rapida, performando al meglio. L’allenamento fisico è certamente necessario per un atleta olimpico, ma a volte a fare la differenza sono le straordinarie capacità di controllo del cervello umano, capacità che stiamo iniziando a comprendere sempre meglio e che magari in futuro impareremo anche ad addestrare” conclude Zerbi.

Trovare il modo di addestrare una competenza critica come questa potrebbe portare a un miglioramento della performance, a evitare infortuni, a trovare soluzioni innovative a problemi molto complessi, a gestire delle situazioni di stress molto elevati. Progettare interventi formativi che servano ad allenare il punto blu per certe professioni potrebbe essere una nuova frontiera e un modo di approcciare specifici percorsi professionali.

In questo possono aiutarci le neuroscienze che stanno orientando sempre di più la formazione più avanzata in tutti gli ambiti. Nel libro Altered Traits di Daniel Goleman e Richard J. Davidson si dice, tra le altre cose, che, in buona sostanza, le metodologie formative strutturate in funzione di “come funziona il cervello” possono essere addirittura misurabili in termini di profitti, poiché agiscono su aspetti che rappresentano un volano per innovazione e produttività, come dimostra l’esperienza di aziende che arrivano a considerare questi investimenti direttamente connessi al core business aziendale.

Molte aziende hanno investito significativamente su questo tipo di formazione e le loro esperienze dimostrano anche che queste scelte incidono in modo estremamente positivo sulla motivazione, l’attivazione personale, l’assunzione di responsabilità e rendono le azioni di apprendimento e di cambiamento più efficaci, con una ricaduta positiva sui costi e sui tempi della formazione.

L’1% di una giornata lavorativa: è la quantità di tempo che un dipendente dedica ad accrescere le proprie competenze secondo lo studio Meet the Modern Learner di Bersin by Deloitte. La ragione risiede nel fatto che, nell’odierna era digitale, la nostra capacità di attenzione sta diminuendo, così come la nostra produttività. In questo panorama, le aziende si trovano di fronte a due sfide: catturare l’attenzione dei propri dipendenti e trovare un modo per trasmettere conoscenze che durino nel tempo e incidano sulla produttività. È qui che entrano in gioco le neuroscienze che, grazie a studi sull’apprendimento, sono in grado di rendere la formazione aziendale più efficace.

L’apprendimento è uno dei processi mentali più studiati di sempre. Le neuroscienze sono sempre più applicate al suo studio con l’obiettivo di individuare le parti del cervello coinvolte nel processo formativo e di apprendimento. Una parte importante del processo di apprendimento è rappresentata dalle emozioni. Il sistema emotivo, secondo le neuroscienze, consente di associare a una determinata situazione, ad esempio l’acquisizione di nuove informazioni, uno stato emotivo positivo o negativo. Le conoscenze e le pratiche delle neuroscienze hanno quindi l’obiettivo di analizzare i processi irrazionali che influiscono inconsapevolmente sulle decisioni e sul coinvolgimento emotivo nelle situazioni più complesse. Anche la realtà aumentata, che si porta dietro degli studi di neuroscienze molto raffinati, è sempre più considerata una valida soluzione per insegnare ai dipendenti a reagire prontamente a diverse situazioni.

Infine, le neuroscienze permettono non solo di acquisire nuove conoscenze, ma anche di saperle mobilitare al momento giusto. Abbinate alla conoscenza che abbiamo di come si attiva il cervello in certe situazioni, il punto blu per esempio del tiratore turco, avrebbero un potenziale elevatissimo e potrebbero essere calate sulla singola persona e sulla singola situazione. Think and act like a Dikec, think and act like a CEO, think and act like in the NBA Final, il tutto studiando percorsi formativi basati sulle neuroscienze che attivano il punto blu del nostro cervello al momento giusto.

Quando si svolgono attività mentalmente molto complesse il LC produce la noradrenalina che protegge i neuroni da un eccessivo stato infiammatorio, contrastando la proteina tossica “tau”, preservando la “riserva cognitiva”. Secondo un recente studio, il morbo di Alzheimer ha inizio proprio nel LC anni e anni prima della comparsa dei sintomi. Questo punto blu ha un ruolo essenziale per proteggere le funzioni cognitive in età avanzata. Lo studio è stato condotto dall’università della California del Sud ed è stato pubblicato sulla rivista Trends in Cognitive Science. Quindi l’addestramento di questo punto potrebbe servire anche a contrastare questa deriva insita nel nostro cervello.

C’è un altro esperimento che dobbiamo tenere in considerazione e che possiamo legare a questi studi. Spesso ci capita di avere la sensazione, durante un momento di calma, che tutto sia perfetto e, proprio per questo, pensiamo che qualcosa presto andrà male. Si tratta del “fenomeno del punto blu”, o Blue Dot Effect, che prende il nome da una ricerca compiuta ad Harvard durante la quale a diverse persone vennero mostrati dei punti colorati su uno schermo. I loro colori variavano dal blu al viola. Nelle prime fasi del test i colori blu erano facilmente individuabili mentre man mano che l’esperimento procedeva il loro numero complessivo diminuiva progressivamente. L’aspetto curioso era che le persone continuavano a vedere molti più punti blu di quanti ve ne fossero davvero, arrivando a sostenere con convinzione che molti di quelli viola in realtà fossero blu.

Quello che era successo era che il loro cervello li stava ingannando, esattamente come inganna chiunque quando lo porta a credere che esistano problemi dove non ve ne sono o dove non ve ne sono molti. Tutti siamo condizionati dalla percezione di negatività anche quando le cose generalmente vanno molto meglio di una volta. Il paradosso, per tornare all’esperimento di Harvard, è che meno punti blu ci sono, più ne vediamo, assegnando quel colore pure a quelli che blu non sono.

Tornando al tiratore turco, sicuramente si era preparato al meglio alla gara. Era tranquillo e soddisfatto: aveva rispettato il programma. Tutto avrebbe dovuto funzionare alla perfezione perché tutto sarebbe andato secondo i piani. Come è infatti andata la gara, ma il dubbio si insinuerà sempre, proprio quando tutto ti dice il contrario. Non ci si può fare molto, se non capire che, appunto, si tratta di un condizionamento psicologico dato da un meccanismo mentale molto naturale e antichissimo. Conoscerlo e, grazie a una formazione basata sulle neuroscienze, isolarlo, gestirlo e dargli il giusto peso permetterebbe di modificare esitazioni nella presa di decisioni aumentando la produttività, migliorare il clima aziendale, creare team più affiatati, attivare l’imprenditorialità delle persone decretandone il successo personale e professionale.

Neuroscienze applicate all’addestramento e all’apprendimento e ricerca scientifica possono aprire a nuovi orizzonti per un maggior controllo del nostro cervello, rendendolo più vicino alle capacità di ognuno di noi o personalizzandolo in base alle varie situazioni che l’individuo deve affrontare, con effetti positivi anche sulla maggiore efficacia degli investimenti in formazione, un vestito su misura per aumentare motivazione e produttività.

A volte il colore, in questo caso il blu del nostro “punto” del cervello, apre in modo inaspettato a nuove strade e nuove frontiere da esplorare, che si insinuano nelle pieghe di una realtà ancora tutta da scoprire. Dietro un colore c’è molto di più. Il pittore Yves Klein dedicò tutta la sua vita alla ricerca di un colore non esistente in natura. Tentativi, prove, ricerche, esperimenti. Oggi nella scala dei blu troverete IKB International Klein Blue. Trovò quello che cercava, il suo pezzetto di mondo, la sua famosa tela IKB 82, dipinta pochi anni prima di morire, si può ammirare oggi al Guggenheim Museum di New York.

 

Filippo Accettella, Head of People Empowerment Enel Italia.

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