DELUSIONI PROFESSIONALI

Quando il lavoro ti spezza il cuore

Gretchen Gavett

Marzo 2025

Quando il lavoro ti spezza il cuore

We Are/Getty Images

Nel corso della nostra carriera, ci capita di provare delusione o frustrazione. Si tratta spesso di contrattempi superficiali: una scadenza mancata o una promozione sfumata. In genere, riusciamo a trovare una soluzione o un piano d’azione senza lasciarci sopraffare dagli eventi.

Poi, però, ci sono momenti che cambiano tutto. Momenti in cui si perde qualcosa di profondamente significativo per la nostra carriera. Come ha scritto Morra Aarons-Mele, autrice e conduttrice del podcast The Anxious Achiever, in un post su LinkedIn:

“A volte si tratta della morte di un sogno, come possedere un’attività propria. Altre volte, è la perdita della propria identità a causa di un licenziamento o della fine di un impiego. E, in certi casi, è il dolore di non ottenere qualcosa che si desiderava con tutto il cuore.”

Volevo approfondire questo concetto di “crepacuore professionale”, capire come si manifesta e come possiamo affrontarlo. Per questo motivo, ho discusso l’argomento con Aarons-Mele con un documento che abbiamo condiviso via e-mail. Ecco una versione in sintesi della nostra conversazione.

 

Un cuore spezzato professionale: che cos’è?

Cuore spezzato o crepacuore professionale è la perdita di qualcosa legato al lavoro che colpisce in modo profondo, come una ferita personale, simile al dolore per una perdita nella vita privata. Può derivare da un evento che va contro i tuoi valori più profondi, lasciandoti con un senso di ferita morale. Può essere la fine di qualcosa che amavi, come la tua azienda o un impiego di lunga data. Oppure la perdita dell’identità professionale che hai costruito negli anni. Talvolta, è il tradimento da parte di un collega, di un capo o di un cliente di cui ti fidavi.

Indipendentemente dalla causa, il crepacuore professionale scatena emozioni intense.

Mi è venuto in mente un esempio quando, un paio di estati fa, ho letto un articolo della giornalista Taffy Brodesser-Akner sul New York Times. Parlava della canzone di Taylor Swift My Tears Ricochet, descrivendola come un brano che si presenta come una canzone d’amore, ma che in realtà racconta un dolore di natura diversa.

La canzone sembra parlare del dolore di un amante per la morte di un ex, ma i fan di Swift sanno che il suo vero significato è un altro: il crepacuore professionale. Per anni, i master originali delle sue canzoni sono stati di proprietà di un uomo che lei considerava un mentore e una figura paterna. Senza avvertirla, lui li ha venduti a una persona che Swift considerava moralmente discutibile. Ha tentato di riacquistarli senza successo e così ha deciso di registrare nuovamente i suoi album, riappropriandosi della sua arte.

Per Brodesser-Akner, questa vicenda ha fatto riaffiorare il proprio dolore professionale. Ha scoperto di essere pagata un terzo rispetto ai suoi colleghi uomini per un lavoro che amava. Ha raccontato al podcast The Daily: “Mi volevano bene, e anch’io li amavo. Li amavo tantissimo. E quando sento questa canzone, piango. È stato un tradimento nei miei confronti. Ed è stato un tradimento dell’idea che avevo di me stessa.”

Un dolore devastante.

 

Hai mai vissuto un crepacuore professionale? Come ti sei sentita?

Ne ho affrontato uno nel 2022, dopo aver venduto l’azienda che avevo avviato durante il congedo di maternità nel 2009. La vendita si è rivelata l’opposto di ciò che speravo, sia per me che per il mio team e i miei clienti. Mi sono sentita responsabile e ho provato un dolore profondo. Con il senno di poi, so che vendere un’azienda è quasi sempre una sfida per il fondatore e che molte acquisizioni non vanno come previsto. Eppure, in quel momento, ho vissuto la crisi di salute mentale più grave degli ultimi 13 anni. La mia ansia e la mia depressione erano paralizzanti.

La parte più difficile? Nessuno intorno a me riusciva a comprendere il mio dolore. Sulla carta, avevo venduto un’azienda con successo e guadagnato dei soldi. Non è forse il sogno di tutti? Perché ero così devastata? Mi vergognavo del fatto che il lavoro avesse avuto un impatto così forte sulla mia vita personale. Eppure, il dolore professionale è reale. In questo momento, molte persone stanno perdendo il lavoro. E per loro è una perdita, una sofferenza.

Molti di noi mettono anima e corpo nel proprio lavoro. Eppure, quando soffriamo per un’esperienza lavorativa, le persone a cui vogliamo bene spesso minimizzano il nostro dolore. Ci dicono: “È solo un lavoro”. Ma per chi ha costruito un’attività o svolge un lavoro significativo, l’identità personale e professionale sono intrecciate. Inoltre, il lavoro è spesso un luogo di relazioni autentiche: avere amici in ufficio ci dà un senso di appartenenza e gratificazione.

Negare questi sentimenti non li fa scomparire. Anzi, peggiora la situazione.

 

Come si può guarire da un crepacuore professionale?

Quando il dolore professionale colpisce, il nostro critico interiore si fa sentire. Dopo la vendita della mia azienda, la mia mente era piena di rimproveri per me stessa: “Hai agito d’impulso. Hai preso una decisione sbagliata. Sei stata imprudente.”

Il problema è che, se lasciamo spazio a questa voce critica senza contrastarla, finiamo per infliggerci un’autentica violenza psicologica. Lo psicologo David Bedrick spiega che questi pensieri non nascono dal nulla: emergono da insicurezze radicate in noi. Per superare il dolore, dobbiamo esprimere queste emozioni. Dirle ad alta voce o scriverle ci aiuta a dargli una forma e a ridurne il potere. Il processo di guarigione richiede compassione verso noi stessi.

Un altro aspetto importante è prendersi il tempo per elaborare il lutto. Amy Shoenthal, scrittrice, ha descritto il ritorno al lavoro dopo il congedo di maternità come una delle esperienze più difficili della sua carriera. Ha capito che cercare di resistere al dolore non aiuta: “Piangi. Superalo. Potresti scoprire che ti porta su un percorso migliore di quello che immaginavi.”

Infine, è fondamentale accettare ciò che non si può cambiare e concentrarsi su ciò che è possibile trasformare. Tori Rhoades, ingegnere, è stata licenziata durante la pandemia. Per superare la crisi, ha deciso di tornare a scuola a 45 anni. Da allora ha conseguito tre diplomi e ha ritrovato fiducia in sé stessa. “Quel licenziamento che mi sembrava una perdita si è trasformato in un’opportunità di crescita.”

 

C’è qualche messaggio che vorresti lasciare a chi sta attraversando un momento di sconforto professionale, soprattutto se è agli inizi?

Non sei solo e quello che provi non è strano! Se riesci a lasciarti andare ai tuoi sentimenti senza giudicarli, sarà più facile andare avanti e ti sentirai meglio. Concediti il tempo di elaborare il lutto e, se lo stai facendo mentre lavori a tempo pieno e vivi la tua vita, ritagliati un po' di tempo durante la giornata per esprimere i tuoi sentimenti. Nasconderli non funziona, devono essere elaborati.

Quando ti senti pronto a ripartire, è davvero importante dedicare un po' di tempo a pensare a cosa ti aiuterà a prendere slancio mentre vai avanti o cerchi una nuova opportunità. Sei il tipo di persona a cui piace creare un piano, bloccare il tempo e creare un senso di slancio attraverso l'azione? O hai bisogno di un po' di tempo per provare qualcosa di totalmente nuovo nella tua vita e sperimentare? Fai il punto sulla tua situazione economico-finanziaria, cerca di capire quali sono le tue esigenze di tempo ed energia e cerca di creare un percorso che ti permetta di guardare avanti ed emozionarti, invece di guardare indietro con rimpianto e rimuginare. Anche questo passerà e un giorno potresti persino considerarlo un'esperienza di apprendimento.

Gretchen Gavett è redattrice senior presso la Harvard Business Review.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Hbr Italia

Caratteri rimanenti: 400