RISORSE UMANE

Manuale di sopravvivenza per l’HR ai tempi di Gen-AI

Tommaso Campana

Gennaio 2025

Manuale di sopravvivenza per l’HR ai tempi di Gen-AI

PERCHÉ LE COMPETENZE CONTANO? Ci sono almeno tre motivi per cui chi guida un’azienda o la funzione HR dovrebbe attentamente occuparsi di questo argomento:

  • Le competenze permettono alle organizzazioni di aumentare la produttività, un tema caldo per ogni azionista e management team[1]. Il potenziale di produttività inespresso da un insieme di persone le cui competenze non sono correttamente considerate è superiore ai risultati di qualunque “cost program” proposto da consulenti aziendali specializzati in miglioramento delle performance aziendali. Nessuna direzione delle Risorse Umane dovrebbe farsi sfuggire l’opportunità di occuparsi direttamente del tema della produttività anziché farsi assegnare il compito da attori esterni al contesto.
  • Le competenze fanno parte della nostra dimensione umana[2]. Le persone sviluppano infelicità, frustrazione e solitudine anche, non solo, quando percepiscono distanze significative tra le proprie competenze e quelle dell’attività che svolgono. Guardando il bicchiere mezzo pieno, però, possiamo dire che felicità, soddisfazione e partecipazione aumentano all’aumentare dell’aderenza tra ciò che facciamo e ciò che sappiamo fare (il tema naturalmente si apre in molte proiezioni: basta aggiungere un “ciò che vogliamo fare” per aumentare la profondità del ragionamento e la qualità dei risultati). Quanto costa e quanto è efficace un piano di engagement destinato a durare il battito d’ali di una farfalla[3]?
  • Il sistema complesso di individui, aziende e istituzioni pubbliche è un vero e proprio eco-sistema che richiede interventi organizzati, ovvero politiche attive, per far incontrare domanda e offerta (nel tempo, nello spazio, ecc.) di lavoro. Poiché oggi il lavoro è conoscenza, la domanda e offerta di lavoro è, appunto, domanda e offerta di competenze. Se c’è un imperativo per qualunque azienda grande o piccola che voglia sfruttare meglio le politiche attive nazionali ed europee è quella di saper fare un bel check-up al proprio sistema delle competenze. Troppo vago? Proviamo così: il PNRR mette a disposizione 4,5 miliardi di euro in politiche attive per il lavoro in Italia, in gran parte impostate sull’equazione lavoro-uguale-competenza. Chi è interessato a sfruttarne una parte?

 

Alcune verità scomode

Se le competenze sono così importanti, perché la direzione Risorse Umane di molte aziende non se ne occupa? Il primo problema è che occuparsene comporta adottare un atteggiamento franco e trasparente su una serie di argomenti molto a cuore delle persone. Significa anche conoscere bene la propria organizzazione, il mercato in cui opera, le insidie e le opportunità del contesto e di come questo evolve. Occuparsi di competenze significa affrontare domande come queste:

  • I manager delle unità e divisioni più importanti sanno vedere come evolveranno i compiti e le competenze delle loro aree?
  • Quali compiti concreti sono richiesti e quali competenze sono necessarie?
  • Come si acquisiscono queste competenze, quali università, ITS, altri istituti del territorio sono in grado di fornirle? Conosco e collaboro con queste realtà?
  • La concorrenza è diversa in questo? E in che modo?
  • Quali sono i gap e i surplus di competenza e in quali posizioni? So misurare e comunicare efficacemente il fenomeno?

Un secondo problema è che la comprensione del contesto richiede uno sforzo di impostazione che spesso le funzioni incaricate non sanno fare. Anche solo tentare di rispondere alle domande apre una serie di orizzonti e di possibilità insperate (per gli individui, per l’azienda nel suo complesso, per chi si occupa di risorse umane, eccetera). Tuttavia, per cogliere queste possibilità è necessario aver sviluppato strumenti e metodologie per analizzare i dati, gli spunti e le informazioni raccolte e per organizzare in modo adeguato le azioni utili ai singoli contesti, come ad esempio:

  • Definire in modo comunicabile e confrontabile con l’esterno i lavori e le competenze tecniche e trasversali richiesti dall’azienda
  • Definire il livello di domanda attuale e futuro dei diversi lavori aziendali, collegandola alle strategie aziendali, ai piani di produzione o target di trasformazione, eccetera.
  • Individuare le fonti di alimentazione delle competenze: possono essere fonti interne come la formazione aziendale, esterne come le assunzioni dal mercato o gli accordi con enti di formazione pubblica e privata (università, istituti professionali, scuole di formazione) fino ad accertarsi che il proprio “piano” non sia limitato a dire quante persone dovrò avere (il budget), ma quali fonti assicureranno all’azienda la corretta alimentazione.

La lista può facilmente allungarsi per portare a risultati ancora migliori: l’importante è che si indirizzino almeno queste dimensioni fondamentali.

La terza verità scomoda è che realizzare le azioni stabilite richiede di superare l’inerzia dello status quo e il tabù della “tecnologia-che-spaventa”:

  • Affrontare seriamente l’organizzazione delle informazioni, dei dati, delle azioni in modo tecnologicamente evoluto soprattutto da parte della funzione HR e riconoscere che per farlo non è necessario un budget milionario ma solo competenza e la volontà di superare lo status quo.
  • Comunicare ai dipendenti una serie di dati quali le competenze su cui l’azienda punta, i gap e i surplus esistenti, le risorse disponibili individualmente e collettivamente per mitigare il mismatch

 

Un’organizzazione basata sulle competenze: manuale d’uso pratico

Affrontare le verità scomode (capire, impostare, agire) significa adottare un’organizzazione basata sulle competenze e sulla loro pianificazione strategica, varando un sistema strutturato per anticipare i futuri fabbisogni, basandosi su analisi predittive e la formulazione di scenari strategici.

 

  1. Come realizzare una piattaforma skill-based e di pianificazione strategica delle competenze. Ogni soluzione dipenderà fortemente dall’azienda e dalla diversa sensibilità rispetto agli obiettivi prefissati. Alcuni elementi, però, riconoscibili alle diverse configurazioni, ne costituiscono una dorsale con validità trasversale ai diversi settori e mercati.

STRATEGIA AZIENDALE - tradurre e collegare direttamente gli obiettivi di business in azioni HR

Esempio: di quali profili abbiamo bisogno per supportare le crescite nei settori strategici previste dal piano industriale?

MODELLI PREDITTIVI - basati sul benchmarking, anticipazione dei trend, analisi di scenario

Esempio: cosa fanno i competitor? Che effetti hanno le nuove tecnologie sui lavori esistenti? Qual è investimento in change management?

MAPPATURA COMPETENZE - Identificazione delle capacità attuali e future

Esempio: quali saranno le competenze chiave per abilitare nuovi modelli di interazione con la clientela o nuove tecnologie? Chi le detiene in azienda?

ALLINEAMENTO - al ciclo di pianificazione e ai processi core HR

Esempio: sono in grado di quantificare gli investimenti in assunzioni e formazione organicamente allo sviluppo del piano finanziario? Come sfruttare la leva incentivante per migliorare le performance?

 

  1. Fattori abilitanti

Lo sviluppo di tali elementi richiederà alle direzioni delle Risorse Umane di investire nei propri strumenti e modelli di governance. Si tratta di un percorso le cui tappe possono essere raggiunte progressivamente.

Come la mappa è un’approssimazione del territorio, così i modelli HR approssimano le pratiche gestionali. Essi potranno essere oggetto di progressiva affinatura, partendo da soluzioni essenziali (“minimum viable product”) fino a raggiungere più alti livelli di sofisticazione. Maggiore è la condivisione con gli stakeholder principali, maggiore sarà il valore aggiunto e la sostenibilità della soluzione, come dimostrano i casi aziendali nei quali la concertazione con le rappresentanze dei lavoratori ha giocato un ruolo centrale.

  • Catalogo dei lavori/mestieri
  • Inventario delle competenze richieste da ciascun mestiere
  • Soluzioni applicative per il matching tra i mestieri e work-force
  • Soluzioni di condivisione (data visualization, interrogazione delle informazioni, ecc)
  • Integrazione delle competenze nei principali processi HR

Un’ulteriore dimensione da prendere in considerazione è quella della tecnologia, ricordando sempre che questa è strumento e non fine e che quindi la domanda da porsi è “come può aiutare in questa attività” e non “quali attività si prestano per introdurre nuove tecnologie in azienda”.

Inoltre, se da un lato essa offre opportunità di automatizzazione, standardizzazione, velocità di esecuzione, dall’altro può porre temi di accessibilità. Solitamente la scala aziendale rappresenta una buona approssimazione del livello di complessità da dover gestire; incrociando con il livello di diffusione attesa, è possibile ricorrere alle soluzioni di cui in tabella.

 

Quest’approccio aiuta a superare i timori legati alla tecnologia e inoltre consente di inserire solo gli strumenti davvero necessari e sempre ponendo attenzione ai protocolli del cd AI Act per assicurare una gestione etica e sostenibile delle automazioni[4].

 

  1. Principali player

Nonostante l’approccio modulare alla tecnologia e ai modelli di governance, non stupisce se finora queste pratiche HR siano state appannaggio di grandi aziende ed enti pubblici, più sensibili agli effetti trasformativi del mondo del lavoro e meglio equipaggiate per fare da apripista. Alcuni esempi molto robusti:

  • Talent-Match Novartis: marketplace con raccomandazioni personalizzate sulla base delle competenze
  • Reskilling-UniCredit: ecosistema di tecnologia e framework basati sulle competenze, a supporto dei processi della University, pianificazione strategica e ottimizzazione dell’allocazione del personale
  • SIISL (Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa): engine di match tra domanda e offerta di lavoro, basato sull’intelligenza artificiale

Soluzioni come la piattaforma Reskilling-Unicredit o l’esperienza di Novartis con il sistema operativo agile Talent Match dimostrano come l’integrazione tra tecnologia e pratiche HR può portare benefici tangibili, come una maggiore agilità organizzativa e una riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Tuttavia, il successo di tali iniziative richiede un cambio di paradigma: l’adozione di una visione integrata dove i dati guidano le decisioni strategiche e operative.

La stessa filosofia è stata di recente adottata anche dal pubblico, per tramite di uno dei propri enti più importanti: INPS – Istituto Nazionale Previdenza Sociale

 

  1. La sfida dell’integrazione in azienda Le esperienze aziendali dimostrano come, nonostante le potenzialità, il successo di tali pratiche HR dipenda dalla capacità delle aziende di adeguarlo ed integrarlo efficacemente nei propri processi aziendali.

A livello aziendale, status quo e tabù richiedono una spinta iniziale, che nelle realtà complesse può essere favorita dalla creazione di un team HR dedicato e istituito anche su base progettuale, al quale affidare lo sviluppo della practice; oppure affidarsi a realtà esterne che sono in grado di guidare l’azienda nell’impianto (senza creare dipendenze future!).

Un’ultima considerazione, con un occhio al sistema Paese e alle opportunità poste dal PNRR. Cosa succederebbe se aziende ed enti pubblici rinnovassero un’alleanza tecnica per il lavoro, in modo che i dati relativi alle competenze richieste diventino uno standard per facilitare i processi di formazione, riqualificazione, crescita, a beneficio delle persone, delle imprese e del sistema Italia? La risposta la si attende sul piano tecnologico, come il modello informativo SIISL di INPS lascia pensare, o sul piano della Governance, come gli esperti più qualificati indicano? La risposta, naturalmente, è entrambe le cose.

Tommaso Campana, esperto nell’ottimizzazione dei modelli operativi e nella trasformazione digitale, con un percorso dedicato al miglioramento dell’efficienza e alla crescita delle competenze.

[1] Sulla correlazione tra competenze, coinvolgimento e produttività si vedano i casi riportati da https://www.aihr.com/blog/hr-analytics-case-studies/

[2] Di competenze si è scritto e si continua a scrivere molto. Per una introduzione E. Morin, I 7 saperi, Raffaello Cortina editore e Le competenze, Il Mulino. Tra le nuove impostazioni, anche di carattere applicativo, spicca il lavoro di R. Zezza sulla trasferibilità delle competenze tra sfera personale e professionale.

[3] Come mostrato da E. Bernstein (“Employee experience: dove sbagliano le aziende”, HBR Italia, dicembre 2024), tra le principali forze che spingono a cambiare lavoro, rientra il “ritrovare una consonanza con le proprie competenze”. 

[4] Una analisi accurata dell’AI Act nelle Risorse Umane si trova in “Risorse umane e intelligenza artificiale

alla luce del regolamento (UE) 2024/1689, tra norme legali, etica e codici di condotta”, S. Ciucciovino, in Diritto delle relazioni industriali, Giuffré Francis Lefebvre.

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