INNOVAZIONE

Il nuovo paradigma dell’intelligenza artificiale: gli agenti di IA

Marco Giletta

Dicembre 2024

Il nuovo paradigma dell’intelligenza artificiale: gli agenti di IA

Oggi si parla diffusamente di intelligenza artificiale (IA), ma forse non è noto a tutti che la storia dell’IA è un percorso estremamente affascinante e intrigante che affonda le sue radici oltre 70 anni fa. Ripercorriamone rapidamente le tappe principali, per concentrarci poi sui possibili sviluppi futuri di questa straordinaria tecnologia.

Pionieri come Warren McCulloch e Walter Pitts proposero nel 1943 il primo modello matematico delle reti neurali, ispirandosi al funzionamento del cervello umano. Da qui prese forma l’idea di creare macchine “pensanti”, in grado di sostituire parzialmente il pensiero umano. Nel 1950, Alan Turing, con il suo celebre articolo “Computing Machinery and Intelligence”, propose il noto test che prende il suo nome, ovvero una prova della capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente equivalente o indistinguibile da quello di un essere umano.

La nascita ufficiale dell’intelligenza artificiale come disciplina scientifica viene fatta risalire al 1956. John McCarthy, durante la conferenza di Dartmouth, ne coniò il termine, delineando una visione ambiziosa: costruire macchine capaci di simulare il ragionamento umano. Questo periodo iniziale fu caratterizzato da entusiasmo e ottimismo, con i primi programmi software in grado di risolvere problemi specifici e l’idea che l’IA potesse presto eguagliare – se non addirittura superare – l’intelligenza umana.

Tuttavia, gli anni ’70 segnarono una brusca battuta d’arresto. Le difficoltà tecniche e i limiti di capacità elaborativa dei computer dell’epoca portarono a quello che venne chiamato il “primo inverno dell’IA”, un periodo di ridotto finanziamento e fiducia nel settore. Fu solo negli anni ‘80, grazie alla reintroduzione delle reti neurali e allo sviluppo dei sistemi esperti, che l’intelligenza artificiale riprese il suo vigore e slancio. In questo periodo iniziarono a emergere alcune applicazioni pratiche, come la diagnostica medica e i sistemi di supporto decisionale (i cosiddetti DSS) per le imprese.

Un momento iconico nella storia dell’IA arrivò nel 1997, quando il supercomputer Deep Blue di IBM sconfisse l’allora campione mondiale di scacchi, Garry Kasparov. Questo evento dimostrò al mondo le capacità strategiche dell’IA, ma evidenziò anche il suo carattere specialistico: Deep Blue era infatti eccezionale negli scacchi, ma incapace di eseguire altre attività. Durante gli anni ‘90 e 2000, la potenza crescente dei computer e la disponibilità di enormi quantità di dati permisero all’IA di avere impatti crescenti, con applicazioni che andavano dal riconoscimento vocale alla visione artificiale o aumentata.

Il 2016 segnò un’altra pietra miliare con il trionfo di AlphaGo, sviluppato da DeepMind, che batté il campione mondiale di Go, Lee Sedol. Questo risultato fu straordinario considerando la complessità del gioco, che ha un numero di combinazioni possibili superiore a quello degli atomi nell’universo. AlphaGo dimostrò che le tecnologie di deep learning, o apprendimento profondo, possono affrontare sfide impensabili, aprendo la strada a numerose applicazioni in settori diversi.

Più di recente – ed è storia di questi giorni, per la precisione, del novembre 2022 – si è fatto un ulteriore passo avanti, con l’introduzione di strumenti come ChatGPT da parte di OpenAI. Questo modello di linguaggio ha rivoluzionato le interazioni uomo-macchina, essendo in grado di generare testi coerenti e contestualmente pertinenti e trovando applicazione in vari ambiti, dall’assistenza clienti alla scrittura creativa, e rendendo l’IA accessibile a un pubblico sempre più ampio ed esteso. Da qui il massiccio interesse per questa tecnologia, diventata oggi facilmente usufruibile da un numero sempre crescente di utilizzatori.

Oggi assistiamo a una nuova, grande ondata di innovazione con l’emergere degli agenti di IA (AI Agents), programmi software che presentano 3 caratterisiche principali: sono in grado di comprendere e interagire con l’ambiente circostante (fisico o digitale); sono capaci di compiere determinate attività in modo autonomo (“task”); infine, sono in grado di svolgere attività rispettando una serie di regole predefinite. Un esempio tipico di agente IA è un sistema di guida autonoma (ADAS): tale sistema, oggi già ampiamente diffuso in alcuni Stati americani, è in grado di comprendere l’ambiente esterno (automobili che si trovano davanti, condizioni metereologiche della strada, pedoni che attraversano all’improvviso un incrocio, ecc) e di muovere l’autovettura da un punto A a un punto B (svolgimento di task), rispettando il regolamento del codice della strada e le relative prescrizioni (segnaletica, limiti di velocità, precedenze).

Dall’esempio citato ci si rende immediatamente conto della portata e della pervasività dell’innovazione. Gli agenti di IA rappresentano infatti l’evoluzione più recente e radicale nel panorama dell’intelligenza artificiale, una rivoluzione che promette di ridefinire il nostro rapporto con la tecnologia. Se finora l’IA si è infatti comportata come un sistema passivo, utile a rispondere a domande o a completare compiti su richiesta, gli agenti rappresentano un salto qualitativo: sono capaci di agire in modo autonomo, proattivo e contestuale, aprendoci a scenari del tutto nuovi.

Ciò che li rende così rivoluzionari è la combinazione di alcune caratteristiche fondamentali: la proattività, l’autonomia e la capacità di collaborare con l’essere umano. Queste qualità li rendono adatti a un mondo sempre più complesso e in rapida evoluzione. La loro proattività permette di anticipare problemi e proporre soluzioni prima che siano esplicitamente richieste. L’autonomia riduce il carico cognitivo degli utenti, delegando alle macchine i compiti più ripetitivi o analitici ma lasciando l’ultima parola all’utente stesso. La collaborazione uomo-macchina segna quindi un nuovo modo di lavorare: gli agenti non sostituiscono le persone, ma le affiancano, potenziandole e liberandole da attività a basso valore aggiunto.

Così come le principali multinazionali tecnologiche, anche Oracle è particolarmente attiva in questo campo, sfruttando la sua posizione storica di leadership nel campo della gestione dei dati (la “materia prima” per addestrare questi sofisticati algoritmi di calcolo). All’ultimo evento mondiale, CloudWorld 2024, tenutosi a settembre a Las Vegas, Oracle ha infatti lanciato oltre 50 agenti IA, basati su diversi ruoli aziendali e integrati nativamente nella suite Oracle Fusion Cloud Applications, che possono aiutare dipendenti e manager a svolgere con successo attività frequenti e/o ripetitive. Gli agenti spaziano su varie funzioni aziendali, dalla gestione del personale (Human Capital Management, HCM), alla gestione dei clienti (Customer Experience, CX) al Supply Chain Management (SCM) fino all’ERP e alla Pianificazione Finanziaria.

Qualche esempio pratico? Troviamo agenti IA in grado di aiutare le organizzazioni a creare, gestire e ottimizzare i programmi di turnazione dei dipendenti, tenendo conto delle preferenze dei singoli e aiutando a rispettare le norme di conformità; oppure in grado di aiutare le aziende a migliorare l’esperienza del cliente fornendo approfondimenti e consigli personalizzati e contestuali per la gestione delle richieste d’ordine; o, ancora, a supporto delle riconciliazioni contabili, in grado cioè di identificare eccezioni e anomalie nei dati delle transazioni, monitorare e analizzare in modo efficiente i saldi dei conti, e fornire dettagli di supporto dai sottoconti con un’analisi contabile in linguaggio naturale basata su prompt.

 

Un altro ambito di grande interesse per l’applicazione degli agenti IA è quello sanitario, in cui sono disponibili agenti in grado di migliorare le interazioni paziente-operatore sanitario, combinando un’intelligenza clinica completa con un’interfaccia utente vocale e multimodale. Per esempio, il “Clinical AI Agent” di Oracle può migliorare la produttività dei medici acquisendo e arricchendo gli scambi con i pazienti, ottimizzando l’accuratezza della documentazione e semplificando il processo di cura. Tramite dispositivi voce e schermo, l’agente “partecipa” alla visita del paziente, prendendo appunti in modo automatico e proponendo azioni successive sensibili al contesto (come raccomandare farmaci ed esami di laboratorio) o prendendo appuntamenti di follow-up. Il tutto interagendo con i comandi vocali degli operatori sanitari, che possono porre domande in linguaggio naturale (del tipo “mostrami gli ultimi risultati della risonanza magnetica del paziente”) oppure cercare informazioni nella cartella clinica elettronica del paziente stesso.

 

Gli esempi, insomma, sono molteplici. Ciò che è certo è che i benefici offerti dagli agenti IA sono notevoli. Automatizzando compiti ripetitivi, liberano tempo per occuparsi di attività più strategiche e, grazie alla loro capacità di analizzare enormi volumi di dati, permettono di prendere decisioni più informate e accurate.

In conclusione, la storia dell’IA non è solo un susseguirsi di innovazioni tecnologiche, ma il riflesso di un sogno umano, quello di comprendere e potenzialmente replicare (o addirittura “aumentare”, come si dice ora) la nostra intelligenza. Oggi stiamo assistendo a una vera e propria “disruption” del paradigma dell’IA, foriera di grandi benefici ed evoluzioni. Gli agenti di IA rappresentano, infatti, molto più di un progresso tecnologico: sono una nuova era dell’intelligenza artificiale, paragonabile per impatto all’avvento dei personal computer o degli smartphone. La loro capacità di agire autonomamente e di adattarsi ai contesti li rende strumenti straordinariamente potenti. Non è più una questione di “se” cambieranno il mondo, ma di quanto rapidamente lo faranno. E siamo solo all’inizio di questo affascinante viaggio.

 

Marco Giletta, Vice President Oracle.

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