RISORSE UMANE

Per un work-life balance realmente efficace

di Marcello Russo

Luglio 2024

Per un work-life balance realmente efficace

Freeman Zhou - Unsplash

In queste ultime due settimane, ho avuto la fortuna e l’onore di accompagnare una classe di giovani manager di un Corporate MBA organizzato dalla Bologna Business School in una learning expedition in Cina, visitando le città di Shanghai e Shenzhen, che molti definiscono la Silicon Valley cinese. Siamo entrati in contatto con aziende che stanno ridisegnando il nostro futuro a una velocità impressionante e nei settori più strategici: la mobilità, il sistema dei pagamenti, le telecomunicazioni, l’intelligenza artificiale, la tecnologia e l’ecosistema dei social network che collegano miliardi di persone nel mondo, modificando le nostre modalità di interazione, di consumo e (in molti casi) anche il ritmo della nostra vita.

La velocità di crescita e sviluppo di queste imprese è impressionante, ed è stato naturale per molti di noi interrogare i manager su quale fosse l’approccio aziendale ai temi del welfare, del benessere e del work-life balance. Le risposte, secondo uno script recitato in modo mnemonico, sono state comuni a gran parte delle aziende visitate. I manager hanno immediatamente sottolineato che, nelle loro realtà, si lavora molto duramente ma che il benessere dei dipendenti è un obiettivo strategico a cui il top management dedica grande attenzione.

Queste frasi sono state successivamente seguite da esempi concreti di azioni implementate per favorire il benessere e il work-life balance dei dipendenti: la palestra aziendale, il torneo di calcetto o le classi di yoga che possono essere frequentate gratuitamente dai dipendenti a ogni ora del giorno (e realmente anche a ogni ora della notte). In effetti, visitando gli uffici di ByteDance (azienda che gestisce il social TikTok), il numero di dipendenti presenti in palestra alle 9 del mattino era davvero impressionante.

 

Dalle parole ai fatti

La realtà dei fatti è molto diversa, specialmente se si ambisce a lavorare in un’azienda high-tech, dove la disponibilità a lavorare senza limiti, letteralmente “fino a quando necessario”, è la norma per poter fare carriera. Questo storytelling non è particolarmente nuovo ed è spesso comune anche a molte aziende italiane. Oltre alle attività sportive, spesso in Italia citiamo il sistema dei congedi, gli asili nido o i servizi di counseling per favorire la genitorialità.

Nel mio ultimo libro, In Equilibrio. Un buon work-life balance è possibile (Il Mulino, 2024), definisco queste politiche di conciliazione famiglia-lavoro come “ingabbianti”, poiché riducono la discrezionalità dei lavoratori e aumentano la dipendenza dal datore di lavoro, che assume un ruolo cruciale per assicurare il buon funzionamento dell’azienda chiamata famiglia. Inoltre, frequentare la palestra o l’asilo aziendale riduce drasticamente la possibilità di creare un network di contatti variegato e diverso da quello aziendale (un elemento cruciale, secondo molti, per poter aumentare le proprie capacità di leadership).

 

Fare sul serio

In qualità di studioso e appassionato di questi temi, mi chiedo se saremmo mai in grado di abbandonare questa narrativa, affrontando finalmente il tema del work-life balance e del benessere individuale da una prospettiva organizzativa e scientifica (tentativo che umilmente ho provato a seguire nel mio libro). La mia opinione su questo tema è chiara: per poter affrontare con serietà, etica ed efficacia il tema del work-life balance dei dipendenti è necessario focalizzare l’attenzione sull’organizzazione del lavoro, sui processi lavorativi e sulla cultura aziendale oltre che sulle modalità di gestione dei gruppi di lavoro da parte dei capi.

Le presentazioni dei manager ascoltate in questi giorni evidenziano come la questione di avere o meno un buon work-life balance sia prettamente organizzativa, e che la velocità di crescita e i tanti progetti su cui le persone lavorano in modo simultaneo, spesso con risorse e numero di colleghi limitati, rappresentano l’ostacolo principale al conseguimento di un buon work-life balance. «Qui si lavora molto» ha risposto una manager alla nostra domanda sul work-life balance, cambiando rapidamente discorso, «ci sono tanti progetti fondamentali per la crescita dell’azienda. I nostri target sono molto sfidanti e facciamo il possibile per conseguirli rapidamente».

Sembra quasi di trovarci davanti a un bivio: favorire la crescita aziendale o prediligere il benessere delle persone. In questa visione, il work-life balance sembrerebbe un lusso percorribile soltanto da chi lavora in aziende che hanno una crescita inferiore (qualcuno direbbe «sostenibile») e che si pongono obiettivi meno sfidanti o da conseguire in tempi più ragionevoli.

 

Work-life balance in una visione strategica

Fortunatamente, il nostro Paese è caratterizzato da un numero elevato di imprese che riescono a conciliare efficacemente il perseguimento di obiettivi aziendali sfidanti con il benessere dei lavoratori. Qual è la chiave di questo processo? La capacità di queste aziende di collegare il work-life balance a temi strategici che riguardano l’organizzazione del lavoro, le dinamiche di gruppo, lo stile di leadership dei capi, ponendo attenzione alla cultura organizzativa che troppo spesso penalizza chi confessa senza remore l’intenzione di conseguire un buon work-life balance.

Sono aziende che hanno uno stile di gestione delle persone che potremmo definire sostenibile ma che in realtà è semplicemente rispettoso della vita, delle preferenze e degli obiettivi personali che ogni singolo collaboratore cerca di perseguire simultaneamente a quelli aziendali. La vita in azienda conferma che prestare più attenzione ad aspetti operativi del lavoro, come l’orario di convocazione delle riunioni, le scadenze negoziate con i clienti e il carico di lavoro che grava sui singoli membri di un gruppo (attraverso un confronto di gruppo), è fondamentale per migliorare notevolmente la nostra capacità di conseguire un buon work-life balance e migliorare le dinamiche collaborative interne.

Infine, si tratta di aziende capaci di rispondere in modo convincente a domande che assumono un ruolo strategico nell’attrarre i giovani talenti:

– Qual è il purpose della nostra azienda?

– Qual è la people management vision?

– Quali sono le risorse e i processi che possono favorire la crescita e lo sviluppo delle persone che lavorano con noi (e non per noi)?

Rispondere a queste domande e lavorare sull’organizzazione del lavoro è fondamentale per poter disegnare organizzazioni capaci di conciliare la crescita aziendale con il benessere e il work-life balance dei lavoratori.

 

Marcello Russo, Ordinario di Organizzazione Aziendale, Università di Bologna; Direttore del Global MBA, Bologna Business School.

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