ECONOMIA COMPORTAMENTALE
Evan Polman, Sam J. Maglio
Maggio 2024
Christoph Martin/Getty Images
Dalla pubblicazione dell’innovativo libro Nudge (spinta, pungolo) di Richard Thaler e Cass Sunstein nel 2008 (ed. it. Nudge, La spinta gentile, Feltrinelli), il concetto di economia comportamentale ha influenzato vari aspetti della società, rimodellando il modo in cui le organizzazioni influenzano le decisioni delle persone. Sfruttando le intuizioni della scienza comportamentale, aziende e Governi hanno adottato i nudge: piccoli interventi progettati per indirizzare sottilmente gli individui verso i comportamenti desiderati, dall’iscrizione a piani di risparmio per la pensione alla scelta di alimenti più sani.
Hanno ricevuto molta attenzione per influenzare decisioni una tantum, come l’iscrizione come donatori di organi e la scelta di un fornitore di energia rinnovabile. Ma mentre i nudge influenzano chiaramente le scelte, le persone continuerebbero a farle autonomamente, come rimanere abbonati o utilizzare prodotti o servizi, anche con il passare del tempo? Abbiamo condotto una ricerca per cercare di rispondere a questa domanda. I nostri risultati, pubblicati sul Journal of Consumer Research dicono che, sebbene i nudge rendano effettivamente più probabile la scelta dell’opzione mirata, le persone la utilizzano meno spesso e per meno tempo rispetto a chi ha fatto la scelta senza spinta. Questo utilizzo limitato ha implicazioni per gli scienziati comportamentali e per i responsabili delle politiche coinvolti nella progettazione di programmi che utilizzano i nudge.
Un sospetto confermato
Prima di intraprendere la nostra ricerca, avevamo motivo di sospettare che i nudge potessero non avere un impatto duraturo, ovvero che non riuscissero a mantenere le persone in carreggiata oltre la spinta iniziale. Nel 2012, un team di ricercatori ha cercato di aumentare le scelte di spuntini sani da parte delle persone posizionando strategicamente frutta e verdura in punti facilmente raggiungibili. Come riportato nello stesso studio, tuttavia, gli spuntini sani finivano assai spesso nella spazzatura. Le persone magari sceglievano la frutta e la verdura, ma non la mangiavano, anzi la buttavano via.
Lo studio del 2012 suggerisce che le spinte possono rendere più probabile una certa scelta (scegliere una mela), ma non il comportamento successivo (mangiarla). Si trattava di un caso unico o di un modello più ampio? Per scoprirlo, abbiamo condotto degli studi su alcuni dei nudge più diffusi: la preselezione di un’opzione come predefinita, a meno che non si cambi con un’altra, l’offerta di un’”esca” (un’opzione deliberatamente insoddisfacente che fa risaltare un’altra opzione) e un’opzione di compromesso che rappresenta un’alternativa alle opzioni estreme. Ne è emersa una comprensione sfumata di come queste spinte modellino le scelte iniziali senza necessariamente tradursi in un cambiamento duraturo del comportamento.
In un esperimento, abbiamo offerto a 323 partecipanti diversi piani di iscrizione al “fact-of-the-day” tra cui scegliere. I piani promettevano di fornire divertenti curiosità tutte le volte in cui i partecipanti visitavano il sito web relativo. Prima di scegliere i piani, li abbiamo indotti a preselezionarne uno come opzione predefinita. Come dimostrato da centinaia di studi, i partecipanti scelgono le opzioni predefinite più di quelle identiche non predefinite. I nostri risultati hanno seguito la norma. Sebbene i piani fossero stati progettati per essere ugualmente attraenti, un numero maggiore di partecipanti ha scelto il piano predefinito.
Poi è arrivata la parte importante. Nell’arco di otto mesi, abbiamo misurato la frequenza con cui i partecipanti allo studio hanno utilizzato la loro iscrizione. La nostra previsione è stata confermata. Coloro che sono stati spinti a scegliere il piano predefinito lo hanno visitato il 42% in meno rispetto a coloro che hanno scelto un piano identico senza stimolo.
Questo vale anche per le persone indotte a scegliere un’esca. Quando a 99 adulti è stato proposto “Trivia Expert for Kids”, praticamente tutti hanno evitato quel piano e si sono orientati verso il piano “Trivia Expert”. Poi, come in precedenza, hanno smesso di visitare il sito nell’arco di otto mesi. In effetti, sfruttare gli effetti di default e di esca ha avuto un impatto positivo sulla scelta, ma ha anche accelerato la rinuncia. I partecipanti hanno usato meno il programma quando li abbiamo spinti a farlo.
Il nostro terzo test ha presentato a 400 adulti un’altra spinta, nota come effetto compromesso. Considerate la storia di Riccioli d’oro che sceglie il letto in cui dormire: un letto era troppo duro, l’altro troppo morbido e il terzo era giusto. Gli esperti di nudge sanno che, al di fuori delle favole, le persone fanno le stesse scelte, preferendo evitare gli estremi e scegliendo il compromesso, di solito una via di mezzo.
Abbiamo inventato un’opzione di compromesso descrivendo tre diverse piante (non troppo appariscenti, né troppo esigenti) che abbiamo regalato nell’ambito di uno studio sul campo. Come nel sito web del Trivia, tutti hanno finito per ricevere la stessa pianta. Ma le persone che si sono ritrovate con la stessa pianta grazie all’effetto compromesso hanno lasciato che la loro morisse molto prima, del 16% in nove mesi, rispetto a coloro che hanno scelto senza l’opzione di compromesso.
Sebbene i nudge possano essere una leva potente per aumentare le adesioni, i nostri risultati indicano che i responsabili dei programmi non dovrebbero confondere il numero di utenti (quota di scelta) con l’utilizzo e il coinvolgimento. Come dimostrano i nostri studi, i nudge possono aumentare il primo ma diminuire il secondo nel tempo.
Implicazioni
I governi di Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno creato “unità di nudge”. Allo stesso modo, le organizzazioni di diversi settori, tra cui la finanza, la sanità, l’istruzione e la sostenibilità, stanno impiegando più scienziati comportamentali che mai. Questi architetti della scelta hanno mandati chiari: fare nudge per il bene e in modo efficace.
Tuttavia, le nostre scoperte – che i nudge che influenzano con successo le decisioni iniziali possono perdere forza nel tempo – hanno implicazioni significative per i programmi volti a promuovere la salute, il benessere finanziario e il benessere della società. Le organizzazioni che si occupano di questi programmi devono valutare se le spinte che mettono in atto sono efficaci nel tempo e, in caso contrario, quali ulteriori azioni devono intraprendere.
Evan Polman è professore associato di Marketing e professore di Business presso la Wisconsin School of Business dell’Università del Wisconsin-Madison. Sam J. Maglio è professore di Marketing e Psicologia presso l’Università di Toronto.