RISORSE UMANE
Nicholas Pearce
Maggio 2024
HBR Staff/Unsplash
PER LA PRIMA VOLTA nella storia, molti luoghi di lavoro comprendono sei generazioni: dagli ottuagenari della Silent Generation che lavorano ancora – e in molti casi ricoprono ancora ruoli chiave di leadership a livello globale – agli adolescenti dell’emergente Generazione Alpha, che cercano con impazienza i primi lavori estivi e gli stage scolastici. In mezzo ci sono i Baby Boomer, la Generazione X, la Generazione Y (spesso chiamata Millennials) e la Generazione Z.
Di certo, questa gamma senza precedenti di età diverse è in grado di offrire alle organizzazioni opportunità uniche per reimmaginare e riposizionarsi, in modo da assicurare un grado di inclusione e un impatto intergenerazionale sostenibili. Allo stesso tempo, se i dirigenti non sono disposti, o non sono preparati, ad affrontare questa nuova realtà di sei generazioni (6G), si rischia il caos organizzativo e il declino.
Ecco cinque passi che i leader possono compiere per creare organizzazioni 6G sane.
1. Sviluppare una strategia organizzativa 6G
Ogni organizzazione ha bisogno di una strategia organizzativa 6G. Per essere chiari, non si tratta di una speciale “strategia delle sei generazioni” che si distingua dal piano strategico principale dell’organizzazione. Al contrario, lo sviluppo di una strategia organizzativa 6G consiste nel garantire che la disciplina del pensiero 6G sia incorporata nella strategia, negli schemi e nelle scorecard dell’organizzazione e sia evidente in tutti i suoi aspetti. In altre parole, il pensiero strategico 6G può rendere viva la strategia dell’organizzazione.
A prima vista, una strategia di questo tipo potrebbe sembrare di dominio esclusivo della direzione che si occupa della gestione dei talenti. Ma non si tratta solo di reclutare, trattenere e far progredire i talenti di tutte le generazioni. I leader hanno anche il compito di creare le condizioni che incentivino i lavoratori più anziani e quelli più giovani a essere aperti a imparare gli uni dagli altri, condividendo la loro saggezza e il loro know-how senza paura o insicurezza.
Poiché molti Paesi stanno attraversando il cosiddetto “picco dei 65 anni”, per esempio negli Stati Uniti con oltre 4 milioni di persone che raggiungeranno i 65 anni ogni anno fino alla fine del decennio (vale a dire più di 11.000 persone al giorno) un’efficace pianificazione della successione è essenziale per la sostenibilità dell’organizzazione. Pensare in ottica 6G richiede alle organizzazioni di assumersi il difficile compito di capire come diventare datori di lavoro di qualità per ogni generazione (non solo per le più giovani), con un brand convincente che sia autentico e attento alle esigenze e alle preferenze di ogni generazione sul posto di lavoro.
Tuttavia, al di là delle tradizionali questioni interne legate alle persone e alla cultura, vi sono dimensioni critiche che riguardano il mercato per le quali è necessaria una strategia 6G. Questa strategia deve assicurare che le esigenze, i gusti e le preferenze in evoluzione di un consumatore e/o di una base di clienti 6G siano comprese, considerate prioritarie e affrontate mediante i prodotti o i servizi dell’organizzazione. Ad esempio, il processo di pensiero che ha portato Chevrolet a rinnovare la sua iconica Corvette incarna il cuore di questo pensiero. Per ampliare la base di clienti al di là del consumatore medio, che ha un’età media di 61 anni (e oltre), la riprogettazione strategica di Chevrolet e il riposizionamento del marchio hanno raddoppiato le vendite ai giovani della terza generazione. In breve, la strategia con una mentalità 6G – e il coinvolgimento delle voci di tutte e sei le generazioni – è altrettanto importante per l’impatto sul mercato quanto per l’impatto sul posto di lavoro.
2. Gestire sia le differenze d’età che le differenze generazionali
La costruzione di organizzazioni 6G sane implica una comprensione sfumata di due dimensioni, correlate ma distinte, delle differenze umane: quelle basate sull’età e quelle generazionali. Gli effetti dell’età ci danno un’istantanea di come gli individui differiscono in base alla loro posizione nel ciclo di vita (ad esempio, bambino, adulto emergente o nell’ultimo terzo di vita). Le generazioni, invece, sono coorti di individui nati in un periodo simile (spesso nell’arco di 15-20 anni) e la cui visione del mondo è stata plasmata dagli stessi eventi, tendenze e forze sociali nazionali/globali (ad esempio, recessioni economiche, guerre, movimenti sociali, tecnologie rivoluzionarie) negli anni della loro formazione.
Età e generazione sono spesso confuse. Alcune dinamiche del posto di lavoro 6G che vengono attribuite all’età sono in realtà dovute a differenze generazionali. E viceversa, ci sono altre differenze attitudinali e comportamentali (ad esempio, la tolleranza al rischio d’investimento e la partecipazione al voto) che hanno meno a che fare con la generazione d’appartenenza che con la diversità di età e di fase della vita.
Certo, gli sforzi per capire meglio le diversità, rinforzare i processi d’inclusione e istituzionalizzare un approccio improntato all’equità (DEI) sono fonte di contestazioni e controversie in molte organizzazioni. Tuttavia, è importante notare che la diversity va oltre le differenze umane basate su sesso/genere, razza/etnia, classe socioeconomica, orientamento sessuale, disabilità e/o identità religiosa. Mentre molte di queste dimensioni della diversità variano nella loro rilevanza da cultura a cultura, le differenze di età e generazionali hanno un impatto su ogni organizzazione in ogni cultura del mondo.
La scienza è chiara: la diversità può rendere i nostri team e le nostre organizzazioni più intelligenti, creativi, innovativi e redditizi. Poiché l’aspettativa di vita a livello mondiale continua ad aumentare e molte organizzazioni sono alle prese con l’obbligo di pensionamento per i dirigenti e i membri dei consigli di amministrazione, le differenze d’età e generazionali assumono un nuovo significato. Può essere difficile garantire che le condizioni di gioco dell’organizzazione siano uniformi per consentire a persone di tutte le età/generazioni di prosperare. Può essere difficile garantire che i candidati al lavoro e i dipendenti non si sentano costretti a nascondere la loro età o a scusarsi per il fatto di appartenere alla loro generazione solo per avere accesso alle opportunità della vostra organizzazione. In breve, i leader delle organizzazioni 6G devono essere preparati a gestire le sfide create dalla diversità generazionale e da quelle basata sull’età.
3. Considerare le generazioni come culture
I team multigenerazionali spesso sperimentano significative tensioni interpersonali nella collaborazione tra generazioni: differenze nelle abitudini nell’uso della tecnologia, nelle norme di comunicazione nel dare e ricevere feedback, nella percezione dell’aspetto del “duro lavoro” e della “buona leadership”, solo per citarne alcune. Di fronte a queste tensioni, molte persone – di tutte le generazioni – ricorrono a stereotipi, giudizi e tentativi di “aggiustare” le altre generazioni. Tuttavia, le differenze non devono necessariamente dividere. Invece di considerare le differenze generazionali come problemi da risolvere, i leader farebbero meglio a considerarle come fonti di ricchezza e vivacità da comprendere, apprezzare e persino sfruttare.
La cultura informa un modo di pensare comune che motiva un modo di fare anch’esso comune tra coorti di individui. Le culture danno un’idea della provenienza delle persone, così come le generazioni. Proprio come le differenze culturali, le differenze generazionali possono distinguere i compagni di squadra gli uni dagli altri senza dividerli.
Considerare le generazioni come culture può aiutare i leader a promuovere ambienti inclusivi di rispetto reciproco, onore e inclusione, in cui ognuno può dare il meglio di sé ogni giorno. La stessa dote di agilità interculturale, che consente alle persone di navigare saggiamente attraverso le linee di differenza culturale con umiltà, curiosità e flessibilità, può aiutare i compagni di squadra di generazioni diverse a impegnarsi produttivamente gli uni con gli altri senza un senso di superiorità culturale o generazionale.
4. Reimmaginare la pipeline dei talenti 6G
Un’altra sfida importante che i leader devono affrontare è la crescente congestione della pipeline dei talenti. A un’estremità c’è spesso un collo di bottiglia di lavoratori più esperti in posizioni di vertice che, avvicinandosi all’”età della pensione”, non sono finanziariamente in grado o non sono disposti psicologicamente ad andare in pensione, e non hanno nessun altro punto della pipeline dei talenti in cui avanzare. All’altra estremità ci sono spesso i talenti più giovani che aspettano impazientemente il loro turno per progredire in ruoli più impegnativi perché la pipeline è intasata. Nel mezzo ci sono le cosiddette “generazioni sandwich”, frustrate perché le regole non scritte del gioco cambiano sotto i loro occhi. Sebbene queste sfide non siano del tutto nuove, la nuova realtà di lavoro 6G le esaspera.
Per creare organizzazioni 6G sane, i leader devono ripensare completamente le loro pipeline di talenti: una delle opportunità più urgenti per decongestionarla è quella di creare opportunità significative per i talenti senior così che possano rimanere impegnati in ruoli post-esecutivi. Queste posizioni devono includere qualcosa di più di titoli onorifici, essere presentate come un passo avanti positivo invece che come un passo indietro, e avere un valore reale nel trasferimento di conoscenze, nella condivisione di esperienze e competenze e nel tutoraggio di colleghi più giovani senza il peso e l’impegno di tempo di una responsabilità di livello esecutivo. Un ottimo esempio è il programma “Reserves at the Ready” di Mitre Corporation, che utilizza i dipendenti in pensione con una preziosa esperienza tecnica e di assistenza clienti nel partecipare periodicamente a progetti di staff come mentori dei lavoratori più giovani.
Quando si creano più posti di lavoro all’inizio della pipeline, questo movimento consente di realizzare il secondo elemento chiave della reimmaginazione della pipeline stessa: coinvolgere e trattenere i talenti più giovani disegnando in modo più intenzionale il percorso di avanzamento. L’approccio “stai calmo e aspetta il tuo turno” all’avanzamento dei talenti è un modo infallibile per perdere i migliori giovani.
I leader possono prendere spunto dal manuale del pronto soccorso degli ospedali e sfruttare la teoria delle code per gestire le esperienze di carriera dei loro dipendenti. In sintesi, il tempo di attesa delle persone, che si tratti della fila alla cassa di un supermercato, di un parco a tema o del pronto soccorso di un ospedale, dipende dal valore percepito di ciò che si spera di ottenere e dalla qualità dell’esperienza di attesa. Per esempio, le persone aspettano volentieri per ore di accedere alle attrazioni dei loro parchi a tema preferiti, sia per l’eccitazione che possono vedere e sentire da chi li precede, sia perché durante l’attesa ci si può anche divertire. In coda, si scambiano idee e battute e informazioni sulla durata dell’attesa e sulle cause di eventuali ritardi. I datori di lavoro possono creare lo stesso senso di disponibilità ad aspettare gamificando il percorso di carriera: mostrando alle persone come possono avanzare anticipando – e lavorando verso – il “livello successivo”. Costruendo un’architettura della pipeline dei talenti 6G, le aziende possono garantire che le persone possano avanzare in modo più consapevole e trasparente nel loro percorso di carriera, per non parlare della soddisfazione e forse anche dell’impegno nei confronti dell’organizzazione.
5. Centrare lo scopo come grande unificatore intergenerazionale
Le tensioni tra lavoratori anziani e giovani non sono nuove. Ora, alcuni futurologi che studiano i trend del capitale umano ritengono che ci stiamo avviando verso un ambiente di lavoro post-generazionale, un paradigma che suggerisce che il percorso da seguire potrebbe essere quello di trascendere le differenze generazionali invece di concentrarsi troppo su di esse. L’indagine 2020 Global Human Capital Trends di Deloitte suggerisce che la forza lavoro post-pandemia potrebbe essere caratterizzata da un maggiore allineamento intergenerazionale riguardo a ciò che le persone desiderano dal lavoro (come significato, scopo e crescita). Ciò significa che i leader hanno l’opportunità di capitalizzare su questo allineamento intergenerazionale progettando la vita organizzativa intorno all’importanza del purpose.
La centralità dello scopo personale e organizzativo rappresenta un’opportunità critica per i leader che cercano di costruire organizzazioni 6G sostenibili. Non sono solo i membri delle nuove generazioni a essere motivati dal purpose, preferendo lavorare per organizzazioni che fanno la differenza. McKinsey riferisce che i dipendenti a tutti i livelli vogliono uno scopo per la loro vita. L’abbracciare questa comunanza d’intenti porta più in alto la conversazione sul purpose dell’azienda, sul motivo per cui è importante, su come viene vissuto da colleghi, clienti e committenti. Per fare questo, i leader devono andare oltre le logiche di marketing e impegnarsi ad aiutare i colleghi a capire come lavorare nella loro organizzazione possa aiutarli ad attivare il loro personale senso di scopo e, allo stesso tempo, a collaborare con gli altri per realizzare i fini dell’organizzazione.
OGNUNO DI QUESTI CINQUE PASSI può aiutare i leader a costruire organizzazioni 6G sane, progettate per aumentare la sostenibilità intergenerazionale sul posto di lavoro e sul mercato. Dare a ogni generazione – e, soprattutto, a ogni individuo – l’opportunità di essere visto, compreso, valorizzato e utilizzato sul posto di lavoro nel corso della sua carriera è essenziale per il benessere personale, sociale e persino della collettività.
Nicholas Pearce è professore associato di Gestione e organizzazioni presso la Kellogg School of Management della Northwestern University. È anche amministratore delegato di The Vocati Group, una società di consulenza globale per dirigenti. Seguitelo su X @napphd.