VENDITE E MARKETING

Il futuro del marketing è intergenerazionale

Mauro F. Guillén

Febbraio 2024

Il futuro del marketing è intergenerazionale

HBR Staff; Mike Harrington/Getty Images; Unsplash

I POLITICI, I DATORI DI LAVORO E I MARKETER hanno tradizionalmente concentrato la loro attenzione sulle persone di 20, 30 e 40 anni. Dopotutto, sono stati questi i gruppi d’età più numerosi, più spendaccioni, creatori di tendenze e – così si pensava – incarnazione del futuro dei consumi.

Oggi i più anziani svolgono un ruolo sempre più importante nei mercati dei consumi. Per esempio, in America nel 2021, le persone di età superiore ai 60 anni erano leggermente più numerose di quelle di età compresa tra i 20 e i 34, e il reddito, al netto delle imposte degli over 60, era inferiore solo del 20% circa rispetto a quello degli americani di età inferiore. Una proiezione lineare di queste tendenze indica che in non più di cinque o sei anni gli americani sopra i 60 anni diventeranno un gruppo di consumatori più numeroso in termini di reddito rispetto ai 20-34enni.

Ciò significa che, per rimanere competitivi, le aziende e i marchi devono smettere di considerare i consumatori più anziani come un elemento secondario.

Tuttavia, gli esperti di marketing devono resistere alla tentazione di spostare semplicemente l’attenzione da una generazione all’altra. Le aziende devono anche riconoscere che le caratterizzazioni generazionali generiche hanno perso da tempo il loro fascino; l’ossessione per le generazioni è un’abitudine tipicamente americana che ha avuto senso quando si è confrontata la Greatest Generation, cresciuta durante la Depressione e che ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, con i Baby Boomers, nati nel benessere. Un contrasto così grande è assente quando si confrontano i Millennial e la generazione Z.

Soprattutto, le generazioni esistono solo nella nostra immaginazione. L’ampia ricerca condotta da esperti di marketing e scienziati sociali, esaminata dai ricercatori delle università Wayne State, DePaul, George Washington e Leipzig, dimostra che i confini tra le generazioni sono sfumati, se non addirittura arbitrari. Altre ricerche dimostrano che è sempre stato difficile ignorare lo sconcertante grado di variabilità tra gli individui all’interno della stessa generazione: basti pensare alle differenze tra un Millennial che vive a Brooklyn e uno che vive a Des Moines.

Infine, il pensiero generazionale è assurdo in un momento in cui la rivoluzione dei dati in tempo reale provenienti da smartphone e piattaforme digitali offre modi più accurati di prevedere e modellare il comportamento dei singoli consumatori.

Eppure, le aziende continuano a posizionare i loro brand come se il grosso del mercato fosse costituito da persone di età inferiore ai 40 anni. Si pensi alle automobili: secondo uno studio della Federal Reserve, l’età media degli acquirenti di auto nuove è passata da meno di 45 anni nel 2000 a più di 53 anni nel 2014. Quasi la metà di tutti gli acquisti di auto nuove viene effettuata da persone di età superiore ai 50 anni, ma quando è stata l’ultima volta che avete visto una persona di quell’età in uno spot televisivo?

 

Cosa dovrebbero fare i marchi

Una delle ragioni dell’incapacità di molti marchi di adattarsi a questa nuova situazione ha a che fare con chi crea il loro branding e marketing. Secondo il Bureau of Labor Statistics, circa il 64% delle persone che lavorano nella pubblicità, nel marketing e nelle pubbliche relazioni in America ha meno di 45 anni. Un primo passo per gli addetti al marketing è quello di creare un marchio “senza età”, che enfatizzi i valori comuni alle diverse fasce d’età. Ma la meta finale dev’essere la costruzione di un marchio “post-generazionale”.

Per iniziare, le aziende dovrebbero fare le seguenti cose.

 

Spostare la narrativa

Pensare ai consumatori come individui, non come membri di una generazione (immaginaria). Sempre più spesso le persone preferiscono essere trattate come individui. Per cui occorre evitare di pensare che l’età sia uguale allo stile di vita. I consumatori di oggi vogliono seguire il loro stile di vita preferito indipendentemente dall’età. A sua volta, uno stile di vita attivo tende a prolungarsi. Un sessantenne o settantenne di oggi è molto più in forma fisicamente e mentalmente di una persona della stessa età, ad esempio, nel 1980. Ciò significa che le persone considerate relativamente “anziane” hanno spesso uno stile di vita che definiremmo “giovanile”.

 

Sfruttare i dati

Un tempo le aziende dovevano condurre costosi sondaggi tra i consumatori e attendere i risultati per settimane. Oggi i dati in tempo reale sugli acquisti individuali sono disponibili immediatamente, e con un livello di dettaglio sorprendente.

 

Sfruttare l’influenza intergenerazionale

Sempre più spesso i consumatori più giovani vengono influenzati dai loro genitori o nonni, e dai cosiddetti “granfluencer”. I brand devono partire dal presupposto che l’influenza intergenerazionale sta crescendo più rapidamente di quella intragenerazionale.

 

Identificare i punti di contatto tra le generazioni

I marchi possono trarre vantaggio dalla creazione di ponti piuttosto che dalla segmentazione delle generazioni. Creare un messaggio edificante che unisca le persone.

 

Pianificare in modo che i prodotti o i servizi rimangano rilevanti anche quando le persone invecchiano.

Le esigenze delle persone cambiano con l’avanzare dell’età. Ma i prodotti possono essere progettati in modo da soddisfare le esigenze di un ampio spettro di gruppi di età.

 

I MARCHI VINCENTI saranno quelli che saranno molto più che agnostici o neutrali rispetto all’età. Stiamo già assistendo a un cambiamento in questa direzione. Aziende come Mercedes-Benz, con la sua “Grow Up Campaign”, Nike con il suo blitz di marketing “Unlimited Youth”, incentrato su Madonna Buder, la triatleta di 93 anni nota come “Iron Nun”, e Progressive Insurance con il concetto di “parentmorphosis” stanno superando gli stereotipi generazionali e sfruttando la comprensione e l’influenza post-generazionale. Questi approcci combinano l’umorismo con un messaggio edificante e una battuta sorprendente.

È tempo che i marketer si liberino dei vecchi modi di pensare e riallineino le loro priorità. Un primo passo è quello di diventare un marchio “senza età”, che enfatizzi i valori comuni alle diverse fasce d’età. Ma la meta deve essere quella di costruire marchi “post-generazionali”, cioè di creare una narrazione che permetta alle generazioni di influenzare le preferenze e gli acquisti reciproci attraverso la loro interazione. Come sottolineo nel mio libro, The Perennials: The Megatrends Creating a Postgenerational Society, le persone oggi vorrebbero giocare, imparare, lavorare e riposare a qualsiasi età si sentano di farlo, non necessariamente quando la tradizione dice che è “appropriato”.

 

Mauro F. Guillén è vicepreside della Wharton School e autore del nuovo libro The Perennials: The Megatrends Creating a Postgenerational Society.

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