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Margarethe Wiersema, Marie Louise Mors
Dicembre 2023
HBR Staff/Stewart Cohen/Getty Images
NEL NOVEMBRE 2022, l’Unione Europea ha approvato un regolamento che richiede alle aziende degli Stati membri dell’UE di impegnarsi per raggiungere un nuovo obiettivo: le donne dovranno costituire il 40% degli amministratori non esecutivi nei consigli di amministrazione delle aziende quotate in borsa entro il 2026. Gli obiettivi dell’UE nell’approvare il regolamento sono “garantire che l’equilibrio di genere nei CdA delle grandi società quotate dell’UE sia assicurato in tutta l’UE, che le nomine alle cariche siano trasparenti e che i candidati siano valutati obiettivamente in base ai loro meriti individuali, indipendentemente dal sesso”.
Ma la presenza di donne nei consigli di amministrazione cambierà concretamente il funzionamento dei consigli stessi? Sebbene sia opinione comune che la presenza di donne in CdA ne migliori l’efficacia, non sappiamo bene cosa succeda effettivamente, viste le difficoltà che comporta un esame reale. La natura confidenziale delle riunioni di consiglio e la riluttanza degli amministratori a comunicare ciò che accade in sala ci impedisce di comprendere appieno se e come la presenza delle donne influenzi le dinamiche del consiglio e i risultati dell’impresa.
Nel tentativo di colmare questa lacuna empirica, abbiamo condotto interviste approfondite con amministratori uomini e donne che hanno svolto questo compito in oltre 200 società quotate nelle principali Borse negli Stati Uniti e in Europa. Abbiamo utilizzato interviste semi-strutturate con domande aperte per consentire ai nostri intervistati di raccontare le proprie storie e per far luce sul comportamento e sulle discussioni in seno al consiglio di amministrazione quando le donne ne sono membri. I risultati del nostro studio forniscono indicazioni fondamentali su come la presenza delle donne influenzi i consigli, alcune delle quali sono sorprendenti.
In primo luogo, è emerso che le donne consigliere arrivano alle riunioni ben preparate e attente alla responsabilità. Come ha osservato una donna, “le donne sono le api operaie, quelle super preparate e pronte a fare il lavoro”. Un direttore uomo le ha fatto eco: “Le donne sono direttori più attenti, più preparati e più competenti”. Il risultato è che le donne arrivano alle riunioni del consiglio armate di domande che influenzano le decisioni.
In secondo luogo, le donne si comportano in modo non conforme alle norme tradizionali. I consigli di amministrazione sono stati spesso descritti come club esclusivi in cui è considerata una cattiva condotta “agitare le acque”. Abbiamo riscontrato che le donne direttrici non sono timide nel riconoscere quando non sanno qualcosa, sono più disposte a fare domande approfondite e cercano di mettere le cose sul tavolo. Come ha osservato un altro partecipante, “le donne non hanno paura di chiedere e di mostrare che ci sono cose che non sanno”. Un altro, che ha fatto parte di oltre 20 consigli di amministrazione nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Germania, ci ha detto: “Non mi sono mai seduto in un consiglio di amministrazione in cui una donna non dicesse nulla. Invece ho partecipato a consigli in cui gli uomini non dicevano nulla”.
Le donne in CdA migliorano la qualità delle discussioni in altri modi. Come ha commentato un direttore, “i dirigenti... ora devono essere pronti a impegnarsi di più” nelle riunioni del consiglio. Inoltre, la loro presenza depoliticizza il dialogo. Come ha commentato una direttrice, “l’atmosfera è diversa quando ci sono donne in sala... Gli uomini diventano meno competitivi e le donne creano un’atmosfera più aperta. Questo lascia spazio alla discussione di argomenti che altrimenti non sarebbero stati affrontati”. Non era la sola a pensarlo. Un’altra intervistata ha commentato: “I presidenti mi hanno detto che sentono che il rischio è minore quando prendono una decisione, perché è stata considerata con più attenzione, mentre in passato, quando erano tutti uomini, si limitavano a guardare le componenti finanziarie”.
In definitiva, la presenza delle donne sembra ridurre il problema dell’”ignoranza pluralistica”, quando gli individui di un gruppo sottovalutano la misura in cui gli altri possono condividere le loro preoccupazioni. Sebbene i direttori uomini desiderino maggiori informazioni sulle questioni che il consiglio deve affrontare, sono le donne a essere pronte ad ammettere di non avere le informazioni necessarie per comprendere tali questioni. Con la loro presenza, le donne rendono possibili discussioni più sfumate e profonde. Anche se la natura qualitativa del nostro studio non ci consente di misurare gli effetti sulla performance, i risultati suggeriscono che la presenza delle donne può effettivamente migliorare la governance aziendale e portare a un migliore processo decisionale.
Il nostro studio mette anche in discussione le opinioni prevalenti sulle donne in azienda. Il fatto che le donne parte dei consigli di amministrazione siano disposte a porre domande approfondite e a confrontarsi con le questioni riflette sia l’autonomia che la razionalità, attributi che una visione stereotipata spesso non riconosce alle donne sul posto di lavoro. Allo stesso modo, mentre le teorie del comportamento di gruppo prevedono che le donne consigliere cerchino di far parte del club elitario del consiglio di amministrazione, senza quindi distinguersi o discostarsi dalla norma, i nostri risultati mostrano che le donne consigliere sembrano essere meno preoccupate di come vengono percepite e meno propense ad aderire alle norme del consiglio. Vogliono invece che il CdA prenda le migliori decisioni possibili, punto e basta.
Margarethe Wiersema è docente di Gestione strategica presso la Paul Merage School of Business dell’Università della California, Irvine. Marie Louise Mors è docente di Gestione strategica internazionale presso la Copenhagen Business School (CBS) ed è stata anche docente presso la London Business School.
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