TALENT MANAGEMENT

Le competenze che servono ai vostri dipendenti per lavorare efficacemente con l’IA

Nada R. Sanders, John D. Wood

Novembre 2023

Le competenze che servono ai vostri dipendenti per lavorare efficacemente con l’IA

Jorg Greuel/Getty Images

In questo momento, il mondo aziendale è nel pieno dell’entusiasmo per l’IA generativa. I manager vengono sommersi da ondate di speculazioni sul potenziale che questa tecnologia ha di trasformare il lavoro. Questo però pone ai leader una serie di problemi completamente nuovi: ora capiscono che il futuro coinvolgerà gli esseri umani che lavorano con l’IA e sentono un’immensa pressione a “fare qualcosa” per implementare le soluzioni più adatte. Ma come integrare effettivamente l’IA con la propria forza lavoro per ottenere buoni risultati aziendali?

Dal momento del lancio di strumenti di IA generativa come ChatGPT nel novembre 2022, e dallo tsunami di altre applicazioni che sono seguite, abbiamo condotto decine di interviste approfondite ai CEO in tutti i settori di business con l’obiettivo di individuare come l’IA generativa abbia cambiato le pratiche delle aziende leader e di trarne insegnamenti per il successo.

Le nostre interviste rivelano un netto spostamento di attenzione rispetto a studi precedenti, sia nostri che di altri ricercatori. Mentre le nostre interviste precedenti mostravano l’importanza di una cultura incentrata sull’uomo, le nostre interviste più recenti segnalano uno spostamento definitivo verso lo sviluppo di competenze umane individuali. L’attuale interesse è incentrato sulle capacità dell’IA, sulle competenze digitali e sulla necessità di gestire il cambiamento organizzativo, ma le conclusioni più recenti rivelano l’importanza di individuare le specifiche capacità umane che portino a un uso efficace dell’IA.

Infatti, è la capacità umana di comprendere il contesto – che manca agli strumenti di IA – a rendere necessarie maggiori competenze umane. Si tratta di un’indicazione importante che può aiutare i leader a capire quali sono gli elementi umani necessari per un utilizzo di successo dell’IA da parte di un’organizzazione.

 

Le competenze di cui le aziende hanno davvero bisogno

Abbiamo osservato due categorie di competenze umane che i leader considerano fondamentali e che le organizzazioni stanno effettivamente insegnando ai loro dipendenti. La prima è quella delle skill interpersonali efficaci, come la risoluzione dei conflitti di base, la comunicazione, la capacità di disconnettersi dalle emozioni e persino le pratiche di mindfulness. In secondo luogo, le competenze di dominio, con particolare attenzione diretta a preservare tali conoscenze nei talenti esperti e a svilupparle tra i giovani lavoratori inesperti.

Mentre l’alfabetizzazione digitale era considerata un dato di fatto dai leader con cui abbiamo parlato, non lo erano le competenze interpersonali, come la capacità di comunicare efficacemente, di impegnarsi in modo significativo con gli altri e di ottenere la collaborazione del team. Le nostre interviste hanno rivelato che, mentre le competenze tecniche sono più pubblicizzate, sono queste competenze unicamente umane quelle di cui le aziende hanno bisogno e che scarseggiano oggi sul mercato. Peter Cameron, CEO di Lenox Group, ha sottolineato che il successo sul posto di lavoro dipende dalla capacità di coltivare relazioni personali, affermando che “nulla sostituisce le relazioni a lungo termine che sono personali – e più lunghe sono le relazioni, meglio è”. Maria Villablanca, cofondatrice e CEO di Future Insight Network, ha indicato le qualità specifiche da ricercare nei talenti: “Persone che possono essere creative e innovative nel modo in cui trovano soluzioni – risolutori di problemi”. Una ricerca più ampia conferma questa tesi: uno studio su 1.700 aziende globali ha rilevato che le aziende che eccellevano nelle metriche del capitale umano avevano una probabilità quattro volte maggiore di ottenere risultati finanziari superiori.

Uno dei maggiori valori dei lavoratori esperti è la competenza di dominio, ovvero la conoscenza approfondita del proprio ambiente. Man mano che l’IA si fa carico di un maggior numero di compiti, c’è il rischio significativo di vedere atrofizzare le competenze e di perdere questo tipo di conoscenza. John Sicard, presidente e amministratore delegato della società di gestione della supply chain Kinaxis, ha sottolineato che la conoscenza del dominio è essenziale per aiutare un’azienda a navigare in tempi turbolenti. Ha fatto l’analogia, osservando che quando un aereo sperimenta qualcosa di insolito, il pilota automatico viene immediatamente disattivato e i piloti prendono il controllo, e a quel punto sono loro a dover sapere cosa fare. Sviluppare e mantenere queste competenze è essenziale.

Inoltre, è dimostrato che l’IA generativa è più utile come copilota per i dipendenti senior, che sono in grado di vagliare le “allucinazioni” dell’IA (informazioni imprecise presentate come dati di fatto) e di prendere i risultati come un aiuto. I dipendenti inesperti, invece, potrebbero non essere abbastanza perspicaci e necessitano di un percorso per sviluppare questa conoscenza. Questo sentimento è stato ripreso da Ted English, ex CEO di TJX Companies e attuale presidente esecutivo di Bob’s Discount Furniture, che ci ha detto che la leadership richiede “molto istinto, esperienza e conoscenza. Alcune di queste doti non si possono trovare in una macchina. La tecnologia rafforza e permette di prendere decisioni più sicure”.

Sebbene si sia scritto molto sulla necessità di combinare gli esseri umani con l’IA, il vero problema è come implementare tutto ciò nella pratica. Ecco cosa devono fare le aziende.

 

Più di una semplice combinazione di umani e IA

Nel 2020 abbiamo pubblicato il nostro quadro di riferimento delle “Quattro I” per l’utilizzo dell’IA, che prevede la creazione di un’organizzazione incentrata sull’uomo. A seguito delle nostre attuali scoperte, abbiamo modificato i descrittori del nostro quadro originale, rendendolo più specifico nei suoi mandati. Questo offre un confronto diretto – e un cambiamento – tra l’uso dell’IA nell’ambiente aziendale post-pandemia.

Il primo livello del quadro è l’intenzionalità. In questo contesto, intendiamo dire che il modello di business di un’azienda dovrebbe essere progettato intenzionalmente intorno alla capacità dell’IA, piuttosto che limitarsi ad applicare l’IA ai processi esistenti. Spencer Fung, presidente e CEO di Li & Fung, un’azienda globale di logistica e supply-chain, ci ha fornito un’analogia: “Le aziende che acquisiscono l’IA senza un nuovo modello di business sono come un’azienda che digitalizza un cavallo e una carrozza, mentre la concorrenza ha creato un’automobile digitale”. Ha citato come esempio l’azienda di abbigliamento Shein: un’azienda che è diventata leader nel settore del fast-fashion grazie a un modello di business incentrato su una piattaforma di e-commerce senza soluzione di continuità che sfrutta un approccio basato sui dati.

Poi viene l’integrazione tra tutte le funzioni dell’azienda, con la comunicazione orizzontale e l’IA come substrato abilitante – in altre parole, l’eliminazione dei silos. Ad esempio, Ekaterra, la più grande azienda di thè al mondo, ha investito in una piattaforma IA unificata per creare una connettività orizzontale completa, integrazione e visibilità in tempo reale.

La vera sfida, tuttavia, è l’implementazione. Garry Kasparov, ex campione mondiale di scacchi, ha scritto che le prestazioni vincenti non derivano dalla combinazione della migliore tecnologia con le migliori persone, ma dal miglior processo combinatorio. Per ottenere questo risultato, i talenti devono conoscere le capacità dell’IA e sapere come utilizzarle al meglio.

Tuttavia, l’IA è una tecnologia in evoluzione e ciò richiede che l’azienda assicuri un ampio margine di manovra al sistema per consentire l’apprendimento. Uno degli autori ha imparato questo concetto in un precedente progetto con Lockheed Martin sull’F-22 Raptor, in cui era stato necessario introdurre tempi di inattività per consentire ai lavoratori di familiarizzare con nuovi strumenti e tecnologie. Con una tecnologia in evoluzione, il nuovo apprendimento può anche causare una temporanea perdita di produttività, che però alla fine sarà più che recuperata: è il proverbiale “posare un’ascia per imparare a usare una motosega”.

L’implementazione richiede anche una differenziazione tra “lavoro profondo” e “lavoro superficiale”, con quest’ultimo assegnato all’IA. Il lavoro profondo, tuttavia, richiede la formazione dei lavoratori per sviluppare l’alfabetizzazione dei talenti. Ad esempio, un’azienda prevede sessioni di 90 minuti come parte della normale settimana lavorativa.

L’ultima parte del quadro è data dagli indicatori, o misuratori delle prestazioni. Dimenticate le misure di performance tradizionali o l’insensato dibattito sul lavoro dall’ufficio o da casa. Cercate di sviluppare nuove metriche legate direttamente all’intenzionalità del vostro modello aziendale utilizzando l’intelligenza artificiale generativa. Le organizzazioni, da Google a Schneider Electric, stanno utilizzando l’IA per ridefinire cosa misurare, come misurare e migliorare le prestazioni.

 

Umani con competenze migliorate “nel circuito”

Il vantaggio competitivo non può essere raggiunto senza la presenza di persone nel circuito. Affrettarsi a sostituire i talenti con l’IA è un grave errore. Perché?

Innanzitutto, l’IA è copiabile; le cose non copiabili sono un modello aziendale unico, i processi e un’attenta integrazione degli esseri umani.

In secondo luogo, l’IA si basa su dati storici che potrebbero non essere validi in un ambiente aziendale globale e volatile. Sicard di Kinaxis ha sottolineato che “ogni modello basato sulla matematica è crollato quando è arrivata la pandemia. Nessuno dei parametri ipotizzati poteva essere attendibile. Non si tratta di un’accusa alla scienza... ma di un’accusa alla convinzione che queste tecnologie eliminino la necessità di essere agili”. Le decisioni aziendali non vengono prese nel vuoto, separate dalle questioni legate al lavoro, all’inflazione e alla geopolitica, ed è qui che l’esperienza di dominio delle persone è essenziale. Nelle nostre interviste ai dirigenti abbiamo sentito ripetutamente che il nuovo vantaggio competitivo è “la mente umana”, “il pensiero critico umano” e “l’intelligenza decisionale umana”.

In terzo luogo, l’IA è soggetta ad allucinazioni e “derive”, in cui i risultati sono fabbricati dall’IA o semplicemente imprecisi. Affidare le redini all’IA comporta grandi rischi in termini di decisioni imprecise e persino di responsabilità legale.

L’IA è ancora uno strumento. Al centro ci sono le persone, ma con una maggiore alfabetizzazione umana, un modello aziendale ben congegnato e processi eccellenti che integrano gli esseri umani con i loro copiloti dell’IA.

 

Nada R. Sanders, PhD, è Distinguished Professor presso la D’Amore McKim School of Business della Northeastern University e Fellow del Decision Sciences Institute. È coautrice di The Humachine: Humankind, Machines, and the Future of Enterprise. John D. Wood è avvocato, autore, educatore, imprenditore, produttore esecutivo e socio dello studio legale Green Klein Wood and Jones. Le sue ricerche sono state pubblicate sul NYU Environmental Law Journal, sul NYU Journal of Law and Liberty, sulla Harvard Business Review, sull’Environmental Law Reporter e sulle riviste di diritto assicurativo delle associazioni degli avvocati del Texas e dello Stato di New York. È coautore di Foundations of Sustainable Business: Theory, Function, and Strategy e The Humachine: Humankind, Artificial Intelligence, and the Future of Enterprise.

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