NUOVI EQUILIBRI GLOBALI

L’intelligenza artificiale e la nuova guerra fredda digitale

Hemant Taneja, Fareed Zakaria

Settembre 2023

L’intelligenza artificiale e la nuova guerra fredda digitale

HBR Staff/Unsplash

Stiamo entrando in un nuovo ordine mondiale, caratterizzato da un crescente nazionalismo e da una maggiore competizione geopolitica. Anche se alcuni Paesi ci proveranno, non riusciranno ad annullare tutti i sistemi economici globali che hanno preso piede nell’era dell’unipolarismo americano degli ultimi 30 anni, anche se alcuni settori critici saranno disaccoppiati in un processo che abbiamo in altre sedi definito “ri-globalizzazione”.

In particolare, l’ecosistema tecnologico si dividerà in due sfere dettate dalle due potenze economiche mondiali, gli Stati Uniti e la Cina. Gli altri Stati dovranno decidere di quale sfera vogliono far parte, facendo pressione sulle due superpotenze perché arrivino a superare il rivale e a stabilire il proprio predominio tecnologico. Davanti a noi si sta delineando una forma di competizione economica intensificata che definiamo “guerra fredda digitale”.

Questa sarà una guerra economica, in cui le innovazioni tecnologiche determineranno sempre più il potere geopolitico. L’intelligenza artificiale, (IA) con la sua capacità di trasformare rapidamente e radicalmente la società, sarà la tecnologia più decisiva in questa sfida. L’IA si nutre di informazioni e i suoi casi d’uso più potenti emergeranno attraverso le sue applicazioni nei settori pubblico e privato. Affinché il mondo democratico possa fare un passo avanti, le aziende e i Paesi devono adottare un nuovo approccio che dia priorità alla collaborazione e alla trasformazione piuttosto che alla competizione e alla disgregazione.

 

Una nuova era di coordinamento democratico

Ovunque si sente dire che “la globalizzazione è morta”. Queste dichiarazioni sono fondamentalmente fuorvianti. Il sistema verso cui ci stiamo muovendo è più complicato di un ribaltamento delle interconnessioni globali. In molti casi, il commercio viene semplicemente reindirizzato piuttosto che interrotto. La maggior parte dei settori industriali rimarrà aperta e globale, ma alcuni settori critici si rivolgeranno verso l’interno, verso catene di fornitura localizzate.

Questa tendenza non è iniziata con le politiche avviate dagli Stati Uniti, ma piuttosto da Xi Jinping e il suo piano Made in China del 2015, che ha chiarito che il governo cinese ha iniziato a dare priorità alla resilienza nazionale rispetto all’efficienza del mercato. Xi ha delineato un piano per superare la concorrenza degli Stati Uniti e di altre potenze globali nelle aree prioritarie dell’economia, soprattutto nell’alta tecnologia. In effetti, la Cina continua a marciare verso il suo obiettivo di autosufficienza del 70% in tecnologie critiche entro il 2025. Da allora, gli Stati Uniti hanno risposto con una serie di misure ambiziose per mantenere la supremazia tecnologica. Questa realtà ci porta verso un futuro bipolare dell’alta tecnologia.

Per quanto riguarda l’IA – probabilmente la tecnologia più decisiva in questa contesa globale – ci stiamo dirigendo verso due ecosistemi ermeticamente sigillati: uno che sostiene i sistemi aperti ed è anche associato alla democrazia, alla privacy e ai diritti individuali; e uno che sostiene il controllo statale, la restrizione del flusso di informazioni e limiti politicamente imposti al grado di apertura. Per quanto si possa sperare che il modello politico cinese si evolva e che la sua tecnologia sia soggetta a un feedback democratico, è meglio evitare ingenuità: non è questa la traiettoria che sta percorrendo. Affinché prevalga un futuro che premi l’apertura e i diritti individuali, le nazioni democratiche devono essere leader di mercato nell’IA. L’unico modo per garantirlo è promuovere la collaborazione internazionale, soprattutto tra le democrazie e gli altri difensori di un ordine basato sulle regole.

Nell’era precedente, gli Stati Uniti potevano innovare una tecnologia certi che gli altri Paesi l’avrebbero semplicemente adottata. Quando i leader tecnologici americani hanno fatto progressi rivoluzionari con i personal computer e Internet, hanno operato partendo dal presupposto che le aziende americane potessero lavorare in isolamento e diffondere poi le loro tecnologie in tutto il mondo in modo top-down. La rivoluzione del cloud ha amplificato ulteriormente questo concetto: Amazon, Microsoft e Google detengono il 65% del mercato globale del cloud computing. Questa strategia poteva funzionare quando le tecnologie erano destinate essenzialmente alle disruption dei mercati. L’IA, invece, è orientata alla trasformazione della società e questo richiede un nuovo tipo di collaborazione tra le parti interessate.

Oltre alle capacità di calcolo, la potenza dell’IA si basa sulla quantità di dati aggregati che le vengono forniti. Ciò significa che gli Stati Uniti, o qualsiasi altro Paese, lavorando in isolamento con flussi di dati limitati, non riusciranno a massimizzare il potenziale della propria tecnologia. Eppure dal 2017 al 2021 le politiche di localizzazione dei dati sono raddoppiate in tutto il mondo, ostacolando ulteriormente la collaborazione transfrontaliera. La somma delle conoscenze e delle capacità umane non è isolata in nessun Paese o cultura; persino la base di conoscenza di Wikipedia è solo per l’11% in lingua inglese. Affinché l’intelligenza artificiale sia in grado di aiutarci a risolvere i problemi più difficili, dobbiamo sbloccare le potenzialità del mondo intero, dagli scienziati nucleari francesi ai filosofi coreani, dai ricercatori indiani agli artisti kenioti, fino ai ricercatori cinesi che scelgono di lasciare la Cina per lavorare e vivere in Occidente.

Inoltre, il fabbisogno di capitale per gli investimenti nel settore è attualmente così elevato che pochi mercati nazionali sono sufficientemente grandi per avere successo con l’IA da soli. Si pensi, ad esempio, agli investimenti nei semiconduttori, un fattore chiave per il progresso dell’IA. Il piano per l’IA annunciato di recente dal Regno Unito, pari a 100 milioni di sterline, e l’investimento nei semiconduttori, pari a 1 miliardo di sterline, impallidiscono rispetto ai 280 miliardi di dollari degli Stati Uniti e ai 43 miliardi di euro dell’UE per i chip, e anche questi pacchetti sono limitati rispetto all’entità degli investimenti necessari per sviluppare pienamente queste tecnologie. Di certo, pochi investitori a livello globale sono in grado di sostenere round di raccolta fondi per start-up come quello da 1,3 miliardi di dollari di Inflection AI.

Al centro di tutto questo, un approccio disomogeneo, con quadri normativi diversi in tutto l’Occidente, danneggerà ogni capacità di competere e vincere contro i sistemi di IA cinesi. Non si tratta solo di una funzione di popolazione, ma di una funzione di punti dati. La società cinese, con una popolazione più di quattro volte superiore a quella degli Stati Uniti, è diventata così digitalizzata da condividere liberamente i dati tra il Governo e i campioni della tecnologia nazionale. Presto i loro modelli, basati in gran parte sulla ricerca americana e straniera, potranno superare le capacità di quelli occidentali.

Con le sue dimensioni, il suo governo centralizzato e le sue incursioni in altri Paesi, la Cina ha il potenziale per sviluppare un modello unico e completo di IA, in grado di superare la molteplicità di modelli che escono dalle nazioni democratiche, se non c’è un coordinamento internazionale. Sebbene gli Stati Uniti siano ancora i leader dell’IA – con le aziende che svolgono la ricerca più all’avanguardia – e anche se l’IA sembra avere un orientamento verso sistemi aperti con accesso libero alle informazioni, gli Stati Uniti rischiano di perdere il loro vantaggio se non si coalizzano intorno a una strategia uniforme con altri Paesi democratici. Se ciò dovesse accadere, le aziende cinesi potrebbero portare la loro tecnologia sui mercati occidentali, influenzando la politica democratica e segnalando al mondo il dominio economico della Cina – e la sua più ampia colonizzazione delle infrastrutture digitali in tutto il mondo.

L’IA sta diventando una parte sempre più critica di questa infrastruttura globale e l’Occidente deve agire rapidamente e in modo unitario per garantire che la tecnologia rimanga aperta e controllata democraticamente. Per sviluppare i modelli di IA più potenti in tutti i settori, gli Stati Uniti dovranno collaborare con altri Paesi alleati – per citarne alcuni, India, Singapore, Giappone, Corea del Sud e Paesi europei – adottando politiche di condivisione dei dati e incoraggiando la co-creazione di innovazioni tecnologiche. Molto può essere ricavato dall’European Data Governance Act approvato dall’UE nel 2022, che facilita la condivisione dei dati tra i Paesi membri per massimizzare i benefici per i cittadini e le imprese.

La mancata correzione di rotta limiterà fortemente l’impatto dell’IA. Per i modelli che affrontano il cambiamento climatico, i dati isolati sono una condanna a morte immediata. I dati e le innovazioni in campo medico e sanitario non sono limitati a un solo Paese, né a un solo istituto di ricerca. L’IA industriale che alimenta le catene di fornitura globali non può essere efficace senza un flusso costante di dati interconnessi. Nelle applicazioni per i consumatori, la diversità delle regole di copyright ostacolerebbe la rilevanza e l’influenza culturale, favorendo chi ha libero accesso ai dati rispetto agli altri. Inoltre, una regolamentazione frammentaria dei dati e dei requisiti di sovranità aumentano i costi di conformità e la complessità, danneggiando la capacità di successo dell’economia dell’innovazione. Questo non significa che i Governi debbano astenersi dal regolamentare l’IA, ma piuttosto che dovrebbero collaborare per stabilire standard e pratiche uniformi in tutti i Paesi. Il coordinamento tra le nazioni democratiche consentirà a ciascun Paese di sentirsi individualmente resiliente quando si tratta di IA, ma anche di rafforzare l’Occidente come blocco per essere leader nel settore.

 

Innovazione responsabile per la trasformazione dell’IA

Oltre alla collaborazione tra Stati, se le aziende occidentali vogliono diventare veri leader di mercato, dovranno anche collaborare all’interno degli Stati stessi, in particolare con le istituzioni governative e la società civile. Sebbene la maggior parte del discorso attuale sull’IA si concentri sui grandi modelli linguistici e su altre capacità generative, gli impatti più significativi a lungo termine deriveranno dal modo in cui trasformerà le industrie e la società nel suo complesso. E una vera trasformazione non può avvenire se gli attori privati sono scollegati dalla società in generale.

Stiamo già vedendo il potenziale trasformativo dell’IA iniziare a prendere forma; questa ha la capacità di livellare in modo massiccio le condizioni di accesso alle informazioni e alle conoscenze. Nelle scuole, l’IA può fornire un’attenzione personalizzata a studenti che non hanno mai avuto accesso a tali risorse. Sul posto di lavoro, l’intelligenza artificiale può liberare i lavoratori da compiti monotoni come l’inserimento dei dati dei pazienti negli ospedali, in modo che possano concentrarsi su problemi di livello superiore. L’IA ha anche la capacità di individuare cose che noi non possiamo vedere. Si pensi alla scoperta di farmaci, dove l’IA può testare milioni di combinazioni tra farmaci per risolvere patologie che non possiamo ancora trattare. Oppure l’imaging medico, dove l’IA può individuare le malattie molto prima di quanto abbiamo fatto finora. O il cambiamento climatico, dove l’IA può superare i modelli di previsione esistenti e cogliere le possibilità di disastri rari ma fatali per le popolazioni vulnerabili. Nella tecnologia della difesa, dove forse la posta in gioco è più alta, l’intelligenza artificiale può fare chiarezza nella nebbia della guerra e migliorare la deterrenza contro gli atti di aggressione. Ma nulla di tutto ciò è garantito; così come l’IA offre enormi opportunità, presenta anche rischi sostanziali.

Di recente ci si è concentrati molto sulla minaccia esistenziale che l’IA potrebbe rappresentare per l’umanità in un futuro piuttosto lontano. Ma l’IA sta anche destabilizzando i sistemi democratici nel presente, fornendo nuove vie per introdurre disinformazione ed errori attraverso sofisticati bot e realistici deep-fake. L’IA metterà in discussione anche il valore della democrazia stessa. Cosa succederà quando i sistemi autoritari, potenziati dall’IA, saranno in grado di superare le loro controparti democratiche, ad esempio riducendo in modo massiccio la criminalità grazie a una maggiore sorveglianza? O fornendo un’assistenza sanitaria di gran lunga migliore grazie all’accesso a informazioni centralizzate senza restrizioni per la privacy? Le alternative non democratiche diventeranno sempre più allettanti con lo sviluppo dell’IA e queste possibilità non sono troppo lontane.

Siamo a un bivio quando si parla di intelligenza artificiale. Possiamo imboccare la strada che porta all’automazione e alla disruption, sostituendo il lavoro e il significato dell’uomo, oppure quella che porta al co-pilotaggio e all’abilitazione, rendendoci più produttivi, aiutandoci a vivere in modo più equilibrato e diventando sempre più padroni del nostro lavoro. A differenza della rivoluzione dei social media che, se le autorità di regolamentazione avessero voluto, si sarebbe potuta rallentare o reindirizzare, la rivoluzione dell’IA può solo andare avanti. A differenza delle precedenti rivoluzioni delle piattaforme, questa è tecnologica e il suo testimone è già stato raccolto dalle parti interessate in tutta la società.

Le aziende di maggior successo saranno quelle che abbracceranno questa visione lungimirante e che costruiranno per durare nel tempo, centrando un nucleo di valori in linea con la società e attenendosi a meccanismi di autoregolamentazione. È inoltre fondamentale compiere l’ulteriore passo di collaborare con il settore pubblico e con gli ecosistemi già esistenti. Non possiamo rischiare che l’IA vada a rotoli e metta fuori strada le democrazie in questa corsa competitiva. Poiché gli impatti dell’IA si faranno sentire in tutti i settori della società, tenere conto degli interessi di tutte le parti interessate è una responsabilità morale e l’unico modo per realizzare una trasformazione sostenibile. Nell’era dell’IA, le aziende dovranno perseguire un’agenda di innovazione responsabile, lavorando al di fuori dei soliti silos tecnologici.

Per vincere la guerra fredda digitale, gli Stati Uniti e i loro alleati devono essere leader di mercato nell’intelligenza artificiale. E, per costruire le migliori aziende di IA, devono dare la priorità alla collaborazione internazionale e promuovere una nuova mentalità che miri a innovare in modo responsabile e a liberare il potenziale umano.

 

Hemant Taneja è CEO e amministratore delegato della società globale di venture capital General Catalyst, finanziatrice di aziende leggendarie come Stripe, Snap, Samsara, Airbnb, Kayak e Gusto. Il suo ultimo libro Intended Consequences è stato nominato da Forbes come uno dei dieci migliori libri tecnologici del 2022. Fareed Zakaria è il conduttore dell’omonimo programma sulla CNN ed è editorialista del Washington Post. È autore di quattro bestseller del New York Times: Ten Lessons for a Post-Pandemic World (2020), In Defense of a Liberal Education (2015), The Post-American World (2008) e The Future of Freedom (2003).

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