AFFARI INTERNAZIONALI

È l’India la prossima grande potenza economica del mondo?

Bhaskar Chakravorti, Gaurav Dalmia

Settembre 2023

È l’India la prossima grande potenza economica del mondo?

HBR Staff/anand purohit/Getty Images

NEL 2002, IL GOVERNO INDIANO ha lanciato un’onnipresente campagna turistica internazionale nota come “Incredibile India”. Se oggi dovesse lanciare una campagna simile, potrebbe chiamarsi “Inevitabile India”. Non solo gli estimatori del Paese, ma anche un coro di analisti globali hanno dichiarato che l’India sarà la prossima grande potenza economica: Goldman Sachs ha previsto che diventerà la seconda economia mondiale entro il 2075 e Martin Wolf del Financial Times suggerisce che entro il 2050 il suo potere d’acquisto sarà del 30% superiore a quello degli Stati Uniti.

Abbiamo già vissuto simili ondate di ottimismo sull’India, ma la realtà sul campo ha continuato a frustrare anche i più ardenti sostenitori del Paese. Dalle ardite previsioni sul sorpasso della Cina (un’economia ancora oggi cinque volte più grande di quella indiana), alla promessa di McKinsey del 2007 di un Eldorado per il consumatore indiano che non si è mai realizzato, alla deregolamentazione seguita da passi indietro della politica, a crisi di fiducia nel fare affari con l’India, ai periodi devastanti della pandemia, la promessa di un’ascesa inevitabile del Paese è rimasta elusiva. Cosa c’è di diverso ora?

Ci sono diverse tendenze positive che stanno convergendo da parti diverse dell’ecosistema imprenditoriale indiano: la domanda, l’offerta e i fattori sistemici facilitanti che, in combinazione tra loro, possono battere i cicli economici, i macro-shock e le divisioni politiche. Alcuni sono nuovi, mentre quelli più vecchi stanno raggiungendo la massa critica e possono finalmente rafforzarsi a vicenda per creare un volano di crescita. Ma come per tutti i volani, è importante rimanere vigili quando si incomincia a sentire odore di bruciato che, nel caso dell’India, è presente in abbondanza. È essenziale che i leader aziendali e governativi prestino attenzione e agiscano prima che il volano si rompa.

 

LA DOMANDA

Tre forze stanno convergendo sul lato della domanda per alimentare la crescita economica dell’India.

 

Il boom dei consumi

Il punto di partenza di qualsiasi discussione sulle prospettive dell’India è, immancabilmente, la promessa del consumatore indiano. Con 1,4 miliardi di persone e una miriade di bisogni non soddisfatti, la crescita dell’India è trainata principalmente dai consumi e dagli investimenti interni. I salari reali dovrebbero crescere del 4,6%, mentre il reddito disponibile continuerà a crescere oltre il 15%. Settori già maturi in Occidente sono in rapida crescita in India: le assicurazioni sanitarie private, ad esempio, sono quasi triplicate tra il 2015 e il 2021, mentre i consumi di beni durevoli dovrebbero crescere tra il 15% e il 18% nel 2023.

 

Innovazione adeguata al contesto

Le aziende internazionali hanno faticato a capire cosa costituisca la “classe media” indiana e a concepire proposte di valore adeguate. Mentre alcuni analisti sostengono che un indiano su tre è “classe media”, solo 66 milioni sono veramente “a reddito medio” secondo gli standard globali, mentre ben 1,16 miliardi sono a basso reddito. Tuttavia, molti di questi ultimi costituiscono una vasta classe di consumatori aspirazionali.

Questo ha molte implicazioni; ad esempio, competere in India significa vendere a prezzi molto più bassi, il che a sua volta richiede una riconfigurazione delle attività, della produzione e delle catene di fornitura in modi difficilmente imitabili dai concorrenti. L’auto più venduta in India è la Wagon R, che ha un prezzo di 7.000 dollari ed è prodotta dalla giapponese Suzuki, un’azienda la cui quota di mercato in India è pari al 41%, un fatto d’eccezione nel settore automobilistico mondiale.

Detto questo, come ha scoperto Netflix a proprie spese, per vincere in India non bastano i prezzi bassi. È essenziale adattare localmente i contenuti, lavorare in più lingue indiane e sfruttare le sinergie tra i prodotti richiesti dai consumatori, come possono fare Amazon o Disney. In un settore molto diverso, McDonald’s ha introdotto opzioni vegetariane, snack indiani e menu per famiglie multigenerazionali, costruendo una proposta di valore adatta al contesto.

Chi riesce a decifrare il codice del consumatore indiano viene ricompensato profumatamente: molti franchisee di McDonald’s in India sono miliardari. L’azienda produttrice di elettrodomestici Havells ha introdotto una linea di prodotti con offerte “India-friendly”, come depuratori d’acqua e refrigeratori d’aria senza compressore, che rispondono sia alle esigenze dei consumatori indiani sia alla loro disponbilità economica. Dalla sua quotazione in borsa 30 anni fa, i profitti di Havells sono cresciuti di 826 volte e la sua capitalizzazione di mercato è aumentata di 5.800 volte.

 

Transizione verde

Una nuova fonte di crescita della domanda proviene dall’urgente necessità dell’India di una transizione verde. L’entità del suo potenziale economico significa che la sua domanda di energia sarà enorme. Come terza nazione consumatrice di energia, è già al quarto posto al mondo per capacità installata di energia rinnovabile. Il Paese ha fissato obiettivi ambiziosi: installare 500 gigawatt di capacità di energia rinnovabile, produrre 5 milioni di tonnellate di idrogeno verde all’anno, ridurre le emissioni del 45% e di un miliardo di tonnellate di CO2, il tutto entro il 2030. Un rapporto del 2021 del World Economic Forum prevede 50 milioni di nuovi posti di lavoro netti nella “green economy” in India – il che significa più consumatori – e 15.000 miliardi di dollari di opportunità economiche entro il 2070, con 1.000 miliardi di dollari entro il 2030.

 

L’OFFERTA

Anche sul fronte dell’offerta convergono diverse forze positive.

 

Il dividendo demografico

Una parte della storia dell’offerta è già nota: entro il 2030, si prevede che la popolazione indiana in età lavorativa sarà di 1,04 miliardi di persone, con un tasso di dipendenza che sarà il più basso della sua storia (31,2%) e contribuirà a poco meno di un quarto della forza lavoro globale incrementale. L’aumento della popolazione in età lavorativa dovrebbe durare fino al 2055.

Il “miracolo asiatico” è stato costruito sfruttando questa tendenza: il Giappone aveva fatto il suo ingresso in questa zona privilegiata nel 1964, la Corea del Sud nel 1967 e la Cina nel 1994. Inoltre, l’India ha anche il più grande bacino di laureati in materie STEM di lingua inglese al mondo.

 

Accesso ai finanziamenti

I mercati finanziari indiani sono in uno stato migliore che mai. Con il raffreddamento delle opportunità offerte dalla Cina, gli investitori hanno bisogno di alternative e l’India è la più vicina. L’indice MSCI India è cresciuto del 12% quest’anno, rispetto al 2% dell’indice MSCI Emerging Markets.

I bilanci bancari sono solidi e i mercati del credito funzionano bene. È significativo che molte banche indiane siano valutate più di quelle statunitensi. HDFC Bank – che si è fusa con la sua casa madre, l’istituto di credito ipotecario HDFC – ha una capitalizzazione di mercato di 171 miliardi di dollari, che la rende la quarta società finanziaria più grande al mondo. Anche prima della fusione, la nuova società di 29 anni aveva un valore superiore a quello di Goldman Sachs, che ha 154 anni.

Il cambiamento è visibile anche nel settore informale, tradizionalmente sottofinanziato, che comprende oltre l’86% della forza lavoro indiana. Avendus, una delle principali banche d’investimento indiane, ha calcolato che la domanda totale di debito del settore delle piccole e medie imprese indiane è di 1.500 miliardi di dollari. Di questi, 725 non possono essere soddisfatti a causa della mancanza di garanzie e il credito formale è disponibile solo per 289 miliardi. Ciò sta motivando gli istituti di credito ad approfondire le loro offerte. I nuovi clienti con accesso al credito sono il 34%, rispetto al 9% dei clienti degli istituti di credito che prestano a piccole imprese nel 2017. I prestiti degli istituti di credito per le piccole imprese sono aumentati del 43% all’anno negli ultimi due anni.

 

Aggiornamento delle infrastrutture, sia fisiche che digitali

Un ostacolo critico, che rimane impresso nella mente di chiunque visiti l’India, è il ritardo nelle infrastrutture. Storicamente, investire in trasferimenti poteva essere più conveniente dal punto di vista politico, ma la popolarità dell’attuale amministrazione le dà un maggiore margine di manovra per investire in infrastrutture. La spesa in conto capitale come percentuale della spesa pubblica totale è aumentata dall’11% del 2010 al 22% previsto per quest’anno. La spesa per le infrastrutture quest’anno aumenterà del 33%, raggiungendo i 122 miliardi di dollari.

I risultati sono stati sorprendenti. L’India ha aggiunto 10.000 km di autostrade all’anno. Dal 2014, il numero di aeroporti indiani è raddoppiato e un sistema ferroviario aggiornato prevede nuovi “corridoi merci” ad alta efficienza che collegano i centri economici del Paese.

Inoltre, uno dei cambiamenti più rilevanti riguarda l’infrastruttura digitale. Con 881,25 milioni di abbonati a Internet, l’India è il secondo Paese al mondo per numero di utenti, dopo la Cina con 1,05 miliardi. Grazie a questo accesso, esiste un’infrastruttura pubblica digitale – un modello studiato da altri Paesi – che combina un sistema di identità unica a livello di popolazione, un’interfaccia di pagamento che consente pagamenti digitali senza soluzione di continuità e un sistema di gestione dei dati grazie al quale i cittadini possono accedere online ai documenti essenziali, come quelli fiscali, i certificati di vaccinazione, ecc. Tutto ciò contribuisce a rendere i servizi pubblici e il credito più facilmente accessibili a una fascia più ampia della popolazione.

Come indicatore del cambiamento che ne è derivato, l’India è in cima alla classifica dei pagamenti digitali, battendo la Cina con un margine enorme. È interessante notare che i pagamenti dell’India superano quelli digitali effettuati nei quattro Paesi leader successivi messi insieme.

 

I FACILITATORI

A queste forze in movimento si aggiungono diversi facilitatori a livello di sistema.

 

Riforme politiche nazionali

Sono state attuate molte riforme normative e politiche, dall’attuazione del Codice di insolvenza e fallimento del 2016 all’eliminazione di oltre 39.000 regolamenti per favorire la facilità di fare affari.

Molte altre riforme, come i permessi di costruzione e gli allacciamenti elettrici, sono di competenza dei governi statali e c’è una spinta al cambiamento anche a questi livelli. I governi statali competono contribuendo ad accelerare il processo di creazione delle imprese, fornendo incentivi per gli investimenti e persino attirando cluster di aziende concorrenti, il che consente di creare ambienti più favorevoli alle imprese in più regioni del Paese.

 

Il punto di forza geopolitico

Un’altra trasformazione è rappresentata da un posizionamento geopolitico più distintivo per l’India, innescato soprattutto dalla crescente frattura tra la Cina e le economie occidentali, in particolare gli Stati Uniti. Questo si sta traducendo in nuove opportunità commerciali per il Paese, tra cui spicca la produzione degli smartphone Apple. Con l’obiettivo di produrre 20 milioni di iPhone all’anno, solo uno di questi progetti creerà 50.000 nuovi posti di lavoro. Inoltre, per quanto riguarda la tecnologia militare utilizzata per i lanci spaziali, l’India gode di maggiore fiducia rispetto alla Cina ed è già presente un fiorente ecosistema. L’India ha ospitato 111 lanci spaziali internazionali dal 2020 e ha fatto atterrare con successo un rover sulla Luna a fine agosto 2023.

Per citare un altro esempio importante, il produttore di chip Micron Technology ha annunciato l’intenzione di costruire un nuovo impianto di assemblaggio e collaudo nell’ambito di una strategia di diversificazione al di fuori della Cina. In effetti, il nuovo presidente della Banca Mondiale ha suggerito che l’India ha una ristretta finestra d’opportunità per “monetizzare” la crescente tendenza delle aziende a diversificare la propria catena di approvvigionamento e la produzione al di là della massiccia dipendenza dalla Cina.

 

Il dividendo della diaspora

È interessante notare che sia l’amministratore delegato della Micron Technology che il capo della Banca Mondiale sono di origine indiana, il che ci porta al terzo facilitatore chiave: la diaspora indiana, oggi la più grande al mondo e influente come mai prima. Solo nel mondo degli affari è significativo che 25 degli amministratori delegati delle società S&P 500 siano di origine indiana. Inoltre, i ranghi dirigenziali di numerose aziende sono popolati da indiani. È il principale Paese di origine degli immigrati che hanno fondato unicorni negli Stati Uniti. Queste connessioni contribuiscono a creare un collegamento globale con le imprese indiane e a facilitare l’integrazione dell’India nelle catene del valore globali.

 

LE BARRIERE

Sebbene questi fattori si rafforzino a vicenda, rimangono molti ostacoli che potrebbero causare un arresto dell’effetto moltiplicatore. Consideriamo tre principali ostacoli e le azioni necessarie.

 

Crescita squilibrata

Nonostante i numeri impressionanti della crescita a livello nazionale, i benefici economici sono stati molto diseguali. Il 10% degli indiani detiene il 77% della ricchezza nazionale. Quasi 2 persone al secondo sono costrette alla povertà solo a causa dei costi della sanità. La densità demografica dell’India, tra le più alte al mondo, esaspera la natura a somma zero dell’allocazione delle risorse e gli stress ambientali. Gli squilibri regionali – l’India meridionale e occidentale cresce il 12% più velocemente dell’India settentrionale e orientale – si accentueranno nel tempo. Se a ciò si aggiungono le faglie linguistiche, potrebbero emergere nuove tensioni interregionali e per gestirle sarà necessaria un’abile gestione dell’economia.

Altri squilibri stanno crescendo a causa di una politica divisiva. Una forma sempre più assertiva di ideologia Hindutva sta mettendo in ombra questioni fondamentali come la creazione di posti di lavoro, l’aumento della produttività e la condivisione dei benefici economici. La causa principale di questo problema è stata la convinzione di ampi settori della società che quelli che erano iniziati come progetti di azione positiva in un’India appena indipendente avrebbero dovuto avere delle clausole di decadenza, che hanno portato al malcontento per l’acquiescenza alle minoranze da parte dei leader politici.

Il pendolo sta ora oscillando nella direzione opposta, creando nuove sfide di esclusione e di politiche identitarie. Per molti osservatori, non ha aiutato il fatto che l’India sia scesa di posizione nell’Indice mondiale della libertà di stampa. Di conseguenza, potenzialmente, i sentimenti repressi in ampie fasce di popolazione disaffezionate e minoritarie possono esplodere, innescando una spirale negativa. Questi sviluppi possono minare gli obiettivi di prosperità condivisa. Per gli investitori internazionali e i partner commerciali, ciò può aggiungere un premio al rischio di dominio della maggioranza in un Paese di forte diversità religiosa, linguistica e socio-culturale come l’India. Inoltre, questi sviluppi esauriscono il capitale politico che potrebbe essere sfruttato per la trasformazione sociale ed economica.

Ci sono almeno due soluzioni a queste sfide. Una è che i partiti politici si allontanino dalle politiche identitarie per passare ad altre tese a una crescita inclusiva e alla creazione di posti di lavoro, che sono i mezzi più affidabili per conquistare la più ampia fascia della vasta popolazione. In secondo luogo, l’India sperimenta un flusso continuo di elezioni a livello statale, che distorce il dibattito pubblico allontanandolo dalle prospettive di crescita economica a lungo termine. Snellire e raggruppare le elezioni darà respiro al discorso pubblico e spingerà la leadership politica e gli elettori verso orizzonti di più lungo termine.

 

Potenziale demografico non realizzato

Meno della metà dei lavoratori urbani ha un lavoro a tempo pieno, mentre una quota eccessiva dell’occupazione indiana è costituita da settori informali poco produttivi. L’istruzione, lo sviluppo delle competenze e l’assistenza sanitaria sono gravemente inadeguati. Il Rapporto sulle competenze dell’India 2023 ha rilevato che solo la metà dei giovani indiani è occupabile. Anche il settore dei servizi tecnologici, “fiore all’occhiello”, è vulnerabile: la domanda di outsourcing è in calo e il modello di arbitraggio del costo del lavoro sarà sconvolto dal passaggio secolare al cloud computing e all’IA per la codifica e le funzioni di routine. È allarmante che il tasso di partecipazione femminile al lavoro in India sia in costante declino, essendo sceso dal 32% nel 2005 al 19% nel 2021.

Emulando, ad esempio, il Vietnam, è necessario dare priorità agli investimenti pubblici e privati nella riqualificazione, che potrebbero aggiungere 570 miliardi di dollari all’economia indiana. Un grosso handicap è rappresentato dall’industria manifatturiera – un elemento chiave per la creazione di posti di lavoro in economie simili – che si è fermata al 13,3% del PIL. L’attuale spinta infrastrutturale, le riforme politiche, i fattori geopolitici e l’afflusso di capitali potrebbero contribuire a sbloccare il settore manifatturiero indiano, ma è necessario rimuovere gli ostacoli menzionati.

Nei settori emergenti, l’aumento del potenziale dell’IA potrebbe costituire per l’India un’opportunità di assumere la leadership in un’area all’avanguardia, visti gli emergenti hub di talenti dell’IA nel Paese che possono essere ampliati in modo massiccio, insieme ai vasti bacini di dati che continuano ad accumularsi. Sono necessari cambiamenti culturali e organizzativi per creare delle rampe di accesso per le donne nella forza lavoro e per trattenerle. Questi progetti hanno tempi di gestazione lunghi, quindi è necessario un piano a lungo termine mirato e disciplinato.

 

Facilità di business e potenziale di innovazione non realizzati

La facilità di fare affari in India è migliorata, ma rimangono molte sfide. L’acquisizione di terreni può bloccare i progetti di costruzione e i tribunali sono istituzioni lente; i registri catastali possono essere inesistenti od obsoleti e le autorizzazioni ambientali hanno creato ulteriori ostacoli. Inoltre, l’applicazione dei contratti rimane problematica. Secondo un indice dell’Economist, l’India è al decimo posto per la presenza di capitalismo clientelare, nonostante la liberalizzazione su larga scala degli ultimi tre decenni. Inoltre, persiste un’eredità di protezionismo.

Le caratteristiche dello Stato indiano devono cambiare. Contrariamente alla percezione popolare, lo Stato indiano non è grande e pasticcione, ma debole e in declino. Le istituzioni – dalle autorità di regolamentazione agli enti civici, fino al sistema giudiziario – spesso si destreggiano tra richieste contrastanti e giocano a recuperare terreno rispetto alle realtà sociali e di mercato. Molte decisioni importanti vengono prese in un contesto di crisi e la storia delle vittorie dell’India è spesso caratterizzata da un eroismo individuale in mezzo a carenze istituzionali. Rendere la macchina statale indiana all’avanguardia potrebbe essere il progetto cardine dell’India.

 

IN DEFINITIVA, anche se le barriere rimangono, le forze positive possono davvero creare un effetto domino: l’”India inevitabile” è a portata di mano. La sfida più grande sarà rendere questa inevitabilità tangibile e credibile per i molti gruppi di elettori che desiderano vedere l’India avere successo. Per passare da “Incredibile India” – rivolta ai turisti – a portare l’economia globale alla sua porta, la prossima campagna dell’India dovrebbe essere “India credibile”.

 

Bhaskar Chakravorti è docente di Global Business alla Fletcher School della Tufts University e direttore esecutivo del Fletcher Institute for Business in the Global Context. È autore di The Slow Pace of Fast Change. Gaurav Dalmia è presidente di Dalmia Group Holdings, una holding indiana di attività commerciali e finanziarie.

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