SPERIMENTARE CON CHATGPT

Intelligenza artificiale vs. ricerca
e selezione “umana”: chi vince?

Alessandro Nodari

Luglio 2023

Intelligenza artificiale vs. ricerca e selezione “umana”: chi vince?

I recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale (ChatGPT, che, arrivato alla versione 4, è in grado di accettare input testuali di oltre 25.000 parole) potrebbero far pensare che anche nel campo delle risorse umane il valore aggiunto dell’uomo sia ormai agli sgoccioli. Da un lato, a favore dell’IA giocano rapidità e precisone. Dall’altro, l’esperienza, l’emotività e l’empatia sono un patrimonio non sostituibile per chi lavora da anni nel settore.

Chi fa della ricerca e selezione la propria core activity, come le Agenzie per il Lavoro, è rimasto particolarmente impattato da una situazione di candidate shortage che si è aggravata a partire dal 2019. Una situazione che continuerà ad aggravarsi, a prescindere dai cicli economici, essenzialmente per tre gap: qualitativo, quantitativo, culturale.

1. Gap qualitativo: lo sviluppo della tecnologia è esponenziale, quello delle organizzazioni è logaritmico o lineare (Legge di Martec). Questo differenziale di crescita si traduce, dal punto di vista del mercato del lavoro, in una serie di profili ad alto contenuto tecnologico richiesti dalle aziende, ma per i quali vi è un’offerta scarsa, se non nulla. Quindi: mancano le competenze.

2. Gap quantitativo: inverno demografico. Nell’ultimo anno, il saldo tra nati e morti in Italia, al netto dell’immigrazione, è stato negativo per 325.000 unità. È sparita una città delle dimensioni di Bari. Mancano (sempre di più) le persone.

3. Gap culturale: questa è la prima volta in cui convivono nelle aziende 4 generazioni diverse: baby boomer e generazione X da una parte, millennial e generazione Z dall’altra. Le prime due generazioni sono alla guida della governance aziendale e condividono tra loro molti più valori e bias culturali delle ultime due. Ciò significa che chi oggi prende le decisioni fatica ad attrarre le nuove generazioni perché non ha dimestichezza e conoscenza degli strumenti adeguati.

Tre gap che spingono le aziende a interrogarsi su quali possano essere i migliori strumenti di attraction nei confronti dei (pochi) candidati rimasti. Per questo, come Agenzia per il Lavoro, ci siamo interrogati sulla “base” di qualsiasi strategia di candidate attraction: l’annuncio di lavoro.

Un qualcosa che fino a qualche tempo fa era considerato come poco più di una commodity nella strategia generale ma che, nell’attuale contesto di candidate pool estremamente ridotto, ha preso nuova vita. Posizionare in modo corretto gli elementi dell’annuncio è cruciale. Un altro elemento di fondamentale importanza è la lunghezza dell’annuncio stesso: tolte le posizioni “apicali” (C level), annunci della lunghezza fino a 300 parole generano in media l’8,4% in più di CV ricevuti.

Abbiamo quindi voluto mettere in competizione ChatGPT da una parte e un copy professionista dall’altra nella redazione di un annuncio di lavoro. E li abbiamo misurati, a parità di condizioni, per capire quale dei due annunci potesse portare più application (o curriculum vitae) e il cosiddetto CPA (cost per application) per valutare il ritorno dell’investimento. Nel primo step, quello della redazione del contenuto, abbiamo mappato le principali informazioni, come il tempo necessario per fornire un brief dettagliato e il tempo necessario per avere la proposta di contenuto. 

 

 

 

Il primo aspetto, financo scontato, che emerge, è l’istantaneità della risposta dell’intelligenza artificiale che in tre minuti scarsi riceve il brief e fornisce una proposta di contenuto contro la mezza giornata lavorativa necessaria al copy professionista.

Abbiamo poi fornito il contenuto a un motore di programmatic recruiting (Hirematic, soluzione proprietaria di Gi Group). Tale strumento è, a sua volta, un’intelligenza artificiale che, oltre a pubblicare l’annuncio su diversi canali (job board, job aggregator, social), va ad allocare il budget in modo intelligente, concentrando le risorse sul canale che in quel momento sta performando meglio. Questo porta ad un efficientamento assoluto dell’azione di sourcing, con conseguenti risparmi sulla singola application ricevuta. Qui di seguito le caratteristiche dell’annuncio:

·      Geolocalizzazione dell’annuncio: Varese;

·      Durata dell’annuncio: due settimane;

·      Budget predisposto: 600 euro per ciascuno dei due annunci. Per il lavoro del Copy, sono stati spesi 40 euro in più;

·      Settore e figura ricercata: industriale, addetto alla produzione;

Iniziamo dal primo risultato, quello più immediato: le “application received”, ovvero il numero dei CV ricevuti nell’arco di due settimane. A parità di visibilità e budget, l’annuncio “umano” ha portato a 102 application contro solamente 18 dell’annuncio creato da ChatGPT. Una differenza enorme, a cui si aggiunge una sostanziale piattezza della curva di Chat GPT nelle settimane.

 

 

Tutto questo si è ripercosso sui parametri più economici come il CPC e il CPA. Con CPC intendiamo il “cost per click”, ovvero quanto costa il fatto che un candidato clicchi sul titolo dell’annuncio per approfondirne il contenuto. È la dimostrazione di un primo interesse che non sfocia necessariamente, e lo vedremo dopo, nell’invio dell’application. In questo caso il costo di un singolo click è stato pressoché il triplo per l’annuncio creato da ChatGPT rispetto all’annuncio creato dall’essere umano.

 

 

Interessante poi valutare il drop rate, ovvero la differenza tra numero di click e numero di application ricevute. È un dato che testimonia su quanto possa essere attrattivo un annuncio per il candidato sin dalle prime righe.

 

 

L’unico dato in comune in questo caso è una tendenza piatta rispetto alle settimane ma con una significativa differenza quantitativa: circa il 21% dei candidati che hanno letto l’annuncio “umano” sono andati avanti nel processo ed hanno inviato la candidatura, contro una media del 5% circa nel caso dell’annuncio creato dal ChatBot.

Il dato del cost per application (CPA), ovvero il costo del singolo CV ricevuto, diventa poi quasi drammatico, con un CV derivante dall’annuncio di ChatGPT che arriva a costare, nell’ultima settimana, oltre 34 euro, contro un costo di 6 euro scarsi per quel che riguarda lo human-made.

 

L’esperimento, a cui abbiamo dato, il più possibile, una connotazione scientifica, si commenta da sé. Ad oggi, l’intelligenza artificiale è un buon supporto nella fase di start-up dell’attività umana. Nello specifico, può supportare la funzione HR o l’azienda che voglia iniziare a districarsi nella redazione di un annuncio. Da questo punto di vista l’IA raggiunge l’obiettivo: veloce, efficiente e a costo zero.

Ma il valore aggiunto è anche molto basso, con un contenuto standardizzato, scarsamente differenziante e, di conseguenza, scarsamente attrattivo per il candidato stesso.

Se poi consideriamo il fatto che (fonte LinkedIn) negli ultimi due anni i candidati scorrono il doppio delle offerte di lavoro prima di candidarsi, non possiamo far altro che concludere che… sì, l’elemento umano, la sua creatività, la sua storicità, la sua empatia rimangono, almeno per ora, elementi imprescindibili su un tema diventato ormai così decisivo come quello della candidate attraction.

Tutto questo in attesa di ChatGPT 5.

 

Alessandro Nodari è Candidate Management and Employer Branding Senior Director di Gi Group.

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