CRISIS MANAGEMENT

Guidare durante una crisi prolungata richiede un approccio diverso

Michaela J. Kerrissey, Amy C. Edmondson

Luglio 2023

Guidare durante una crisi prolungata richiede un approccio diverso

CherriesJD/Getty Images

A MAGGIO l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato la fine dell’emergenza globale Covid-19. Finalmente. Ma per molti leader, l’annuncio ha tolto ben poco del fardello che si portano dietro. L’emergenza è finita, ma non la crisi; siamo infatti passati dalla crisi improvvisa dell’arrivo della pandemia a quella che chiamiamo crisi prolungata – un periodo di intensa difficoltà e incertezza.

Il problema di una crisi perdurante è che, a differenza di una improvvisa, arriva con segnali ambigui e senza una chiara data di inizio. Di conseguenza i leader, compresi quelli che sono bravissimi a gestire le crisi improvvise, possono non capire cosa è necessario fare nel momento attuale. Peggio ancora, alcuni dei comportamenti di leadership che funzionano in una crisi improvvisa possono amplificare il burnout e limitare l’adattamento in una crisi prolungata. Abbiamo identificato le differenze chiave tra crisi improvvise e crisi prolungate per aiutare i leader a capire cosa li aspetta e come riorientare le loro organizzazioni per avere successo in questo nuovo ambiente.

 

La sfida attuale per i leader

I leader di oggi si trovano ad affrontare molti problemi intrecciati che il Covid ha scatenato o messo a nudo: per cominciare, una forza lavoro esaurita e frustrata. I manager, alle prese con riunioni ibride e con l’introduzione di politiche di lavoro da casa che inevitabilmente non soddisfano tutti, desiderano chiarezza. I responsabili nel campo dell’istruzione sono alle prese con le sparatorie nelle scuole e con un forte aumento dei problemi di salute mentale tra i ragazzi. I dirigenti delle città si trovano di fronte a centri storici vuoti. L’elenco continua. Per molti versi, il momento attuale non è più facile degli eventi inaspettati che ci hanno colpito tre anni fa.

Ma è diverso. Consideriamo Ronni Cohn, amministratore delegato del SickKids, un ospedale pediatrico specializzato di prim’ordine. Quando Cohn ha iniziato a ricoprire la carica di CEO nel 2019, ha definito una visione stimolante per perseguire una salute infantile di precisione. Il suo ospedale avrebbe sfruttato l’integrazione dei dati provenienti da tutti i fattori determinanti per la salute di un bambino (geni, biologia, ambiente) per far progredire notevolmente le cure pediatriche. Per Cohn, pediatra e genetista di fama, tutto ciò aveva un significato personale. Poi è arrivato il Covid. Il piano, comprensibilmente, non poteva più essere la priorità assoluta. Tre anni dopo, proprio quando stava iniziando a tornare alla sua visione, una stagione influenzale più intensa, sommata al Covid, ha messo nuovamente a dura prova la sua organizzazione. Qual è ora il ruolo della visione? Di cosa può aver bisogno il suo esausto staff?

Non è il solo. In una crisi prolungata, i problemi sono più ambigui e i trade-off meno chiari. Il momento galvanizzante è passato. Le riserve sono state esaurite. Ecco perché oggi una leadership è così necessaria: per affrontare e gestire le nuove sfide di una crisi prolungata.

 

Riconoscere e articolare ciò che è diverso oggi – e perché è importante

I leader devono aiutare i loro team a capire il contrasto tra una crisi improvvisa e una prolungata, per coltivare la giusta mentalità in modo da avere successo in questo nuovo terreno. Considerate l’emergenza creata da una crisi improvvisa: una situazione inaspettata e spesso pericolosa che richiede un’azione immediata, come l’aumento dei decessi da Covid nel marzo 2020 o il crollo verificatosi in una miniera cilena nel 2010. Una crisi improvvisa presenta un chiaro imperativo per limitare i danni: la posta in gioco è evidente e l’orizzonte temporale limitato. La tolleranza al rischio è adeguatamente alta perché il rischio di non fare nulla è ovviamente peggiore.

Una crisi prolungata è diversa. In un periodo continuo di intense difficoltà, problemi o incertezze, l’obiettivo primario è costruire la resilienza piuttosto che prevenire danni immediati. La posta in gioco è più sottile, i tempi più lunghi; la tolleranza al rischio si riduce, poiché le persone cercano di tornare a prendere decisioni consapevoli mentre le risorse si assottigliano.

Anche le reazioni umane sono diverse: crisi improvvise scatenano paura e preoccupazione per la minaccia. Le persone si chiedono: ce la caveremo? Nelle crisi prolungate, le sfide persistenti lasciano invece le persone a chiedersi: perché preoccuparsi? Rendendosi conto di quanto il loro mondo sia profondamente cambiato, le persone hanno nostalgia del passato e possono sentirsi scollegate e alla deriva.

 

Rapida reattività e proattività intenzionale

Ciò che funziona per una crisi improvvisa non funziona per una crisi prolungata. In quest’ultima, invece di una rapida reattività, i leader devono praticare una proattività intenzionale.

Poiché in un’emergenza la velocità è essenziale, è necessario un processo decisionale centralizzato per questioni che riguardano tutti. Considerate la velocità con cui gli amministratori delegati hanno preso decisioni sul lavoro a domicilio nel marzo 2020. Il presidente dell’Università di Harvard, dove lavoriamo, ha ordinato a tutti coloro la cui presenza non era fisicamente richiesta (ad esempio per la cura dei pazienti) di andare a casa il 13 marzo. La scelta di insegnare virtualmente o meno non è stata lasciata ai singoli docenti o ai team. La centralizzazione e la rapidità di questa decisione – di certo non caratteristica dell’ambiente universitario in cui l’autonomia distribuita e le decisioni partecipative sono la norma – sono state accettate da tutti a causa della crisi. La decisione e la velocità di esecuzione erano fondamentali. Poi, naturalmente, è toccato ai singoli e ai team capire esattamente come far funzionare il tutto.

Oggi questo approccio rimane allettante. Prendere decisioni e comandare azioni coraggiose per risolvere un problema è una bella sensazione. Nonostante ciò, se portato avanti per abitudine in una crisi prolungata, questo approccio può esaurire e frustrare le persone, coltivando l’abitudine di dare la priorità a ciò che è urgente rispetto a ciò che è importante. E, se protratti a lungo, questi approcci vanificano lo scopo stesso che ha spinto molti leader a ricoprire il loro ruolo: una visione convincente per il futuro.

In una crisi prolungata, invece, sono necessari una sperimentazione su larga scala e un processo decisionale locale per coinvolgere le persone su un’ampia gamma di priorità, per trovare nuove soluzioni in modo decentralizzato e stimolante. Si pone maggiormente l’accento sulla pausa per imparare, esplorare e sperimentare, piuttosto che agire e agire in fretta. Questo non significa che una crisi improvvisa non richieda delle sperimentazioni. Durante la pandemia, molte organizzazioni sono sopravvissute grazie a livelli di sperimentazione e apprendimento locali senza precedenti. Ma le direttive per concentrarsi erano stabilite dall’alto e spesso non negoziabili. Quando un ospedale ha cancellato un intervento chirurgico elettivo, per esempio, il personale si è concentrato e ha sperimentato come organizzare una capacità extra di terapia intensiva polmonare. Ne sono seguite sperimentazioni e apprendimenti che a volte si sono rivelati anche dolorosi.

Molti sembrano rivelarsi dei leader naturali in una crisi improvvisa. Prendere il controllo è una sensazione comune. Sapere quando e come abbandonare questo approccio è più difficile. Richiede capacità di giudizio e precisa volontà. Per esempio, Ronni Cohn, con cui Michaela ha avuto uno scambio di idee, ha detto: «All’inizio della pandemia, sapevo di dover essere il capitano della nave. Ora, visto che la crisi si è evoluta e si sta evolvendo, ho più ruoli». Ha individuato il cambiamento e si è mosso di conseguenza, trovando il modo di ricreare una grande visione e di rispondere alle esigenze immediate. Ha ascoltato con attenzione le prime linee dell’organizzazione e ha ristabilito una cultura di proattività.

 

Guidare in un mondo turbolento

Individuiamo tre azioni cruciali di leadership che possono aiutare a coinvolgere tutti in un processo di apprendimento continuo necessario per prosperare in un mondo turbolento.

Primo: richiamate l’attenzione sul cambiamento. Poiché le crisi prolungate sono lunghe e ambigue, è facile per tutti (non solo per i leader!) non accorgersi di un cambiamento in atto. Dichiarate esplicitamente che è giunto il momento di cambiare per superare l’automatismo dei vostri collaboratori. Questo dare un senso è un compito centrale della leadership. Invitate i vostri responsabili a smettere di dire: “Ecco il piano” e a iniziare a dire: “Ecco come potremmo sperimentare per imparare cosa funziona in questo nuovo ambiente”.

In secondo luogo, smettete di premiare la “lotta agli incendi”. In una crisi improvvisa, l’urgenza ha la precedenza. Ma l’urgenza può diventare un’abitudine che porta molti team ad affannarsi a sbrigare le questioni all’ordine del giorno in un modo che inibisce le domande e le riflessioni, anche molto tempo dopo che l’emergenza è svanita. I leader svolgono un ruolo fondamentale nel rompere queste abitudini.

Terzo, allargate gli spazi. Occorre costruire strutture e processi di sperimentazione e miglioramento che invitino una più ampia gamma di voci. Alcune organizzazioni, come Haier, hanno adottato misure drastiche per appiattire le loro organizzazioni e mantenere una rapida esecuzione, rifiutando il comando dall’alto verso il basso. Altre perseguono cambiamenti di processo (senza grandi cambiamenti strutturali) per stabilire un impegno più ampio, ad esempio creando team diversi per migliorare o riprogettare i processi di lavoro.

Quando le turbolenze si protraggono nel tempo, è fondamentale coinvolgere nuovamente voci diverse attraverso processi consultivi. Dopo anni di risposta alle emergenze, durante i quali gli approcci direttivi hanno avuto la priorità per necessità, oggi i team di leadership devono deliberatamente scuotere le loro routine e introdurre (o reintrodurre) un processo decisionale decentralizzato e collaborativo.

 

La nuova realtà

Oggi viviamo in un mondo volatile e incerto. La crisi che viviamo non è l’unica o l’ultima della nostra vita. Dal cambiamento climatico alla chiusura di numerose banche, dobbiamo guardare lontano. Come ha recentemente osservato l’ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti e professore di Harvard Lawrence Summers, «questa è la serie di sfide più complesse, disparate e trasversali che io ricordi nei 40 anni in cui ho prestato attenzione a queste cose».

In questa nuova realtà, la capacità di riconoscere e passare da una crisi improvvisa a una prolungata è una competenza fondamentale della leadership. I grandi leader saranno abili a scegliere la situazione giusta al momento giusto e a sfruttarla per aiutare le loro organizzazioni a prosperare.

 

Michaela J. Kerrissey è assistente professoressa di Management presso la T.H. Chan School of Public Health di Harvard. Amy C. Edmondson è professoressa di Leadership and Management presso la Harvard Business School. Il suo ultimo libro è Right Kind of Wrong: The Science of Failing Well (Atria Books, in uscita a settembre 2023).

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