MOTIVAZIONE
Mijeong Kwon, Julia Lee Cunningham, Jon M. Jachimowicz
Luglio 2023
humanmade/Getty Images
Un numero crescente di aziende cerca dipendenti la cui passione per il lavoro sia la forza trainante delle loro prestazioni e investe in strategie per incoraggiare e alimentare questa motivazione. La ricerca su questo tema è chiara: i dipendenti più appassionati sono più produttivi, innovativi e collaborativi e dimostrano livelli più elevati d’impegno verso le loro organizzazioni. Incoraggiare questa passione è una strategia vincente per le organizzazioni che aspirano a una crescita sostenuta, all’innovazione e al successo.
Tuttavia, nel tentativo di alimentare la passione, la nostra recente ricerca rivela che i datori di lavoro potrebbero aver trascurato le esigenze dei dipendenti spinti da altre fonti di motivazione, come la stabilità finanziaria, lo status sociale o gli obblighi familiari. Questi svolgono un ruolo cruciale per il successo delle loro aziende, ma potrebbero essere soggetti a una penalizzazione invisibile a causa della loro percepita mancanza di passione per il lavoro.
L’amore per il lavoro come “obbligo morale”
La nostra ricerca, che ha coinvolto 1.245 dipendenti a tempo pieno in diverse organizzazioni di dimensioni e settori diversi, ha rivelato un fenomeno inedito nel mondo del lavoro contemporaneo: più le persone amano il proprio lavoro, più lo considerano un imperativo morale. I dipendenti più appassionati si sono trovati più d’accordo con frasi come “Lavorare per piacere personale è moralmente virtuoso” e “Essere intrinsecamente motivati è morale”. Per questi individui, amare il proprio lavoro ha un significato morale che va oltre la realizzazione personale e sono più propensi a giudicare le motivazioni lavorative dei colleghi in base al proprio metro di giudizio morale o a chiedersi: “I miei colleghi sono qui per le giuste ragioni?”.
Questa enfasi sull’amore per il proprio lavoro come obbligo morale ha implicazioni di vasta portata. La nostra ricerca suggerisce che chi ama di più il proprio lavoro è anche più propenso a considerare meno favorevolmente il lavoro per ricompense esterne. Coloro che si sono trovati d’accordo con frasi come “Essere intrinsecamente motivati è morale” si sono trovati d’accordo anche con frasi come “Coloro che fanno il loro lavoro solo per denaro non sono dipendenti virtuosi” e “I dipendenti che sono motivati da ricompense esterne tendono a essere immorali”.
In modo critico, abbiamo trovato delle conseguenze rispetto a questi giudizi caratteriali. I dipendenti che amano di più il proprio lavoro danno anche priorità all’aiuto dei colleghi più appassionati, che considerano moralmente superiori. Al contrario, i dipendenti che lavorano per altri motivi ricevono meno aiuto dai colleghi più appassionati, rendendo più difficile il loro avanzamento nell’organizzazione e aumentando la probabilità di essere esclusi da progetti importanti. Questo trattamento può avere gravi conseguenze sul morale dei dipendenti, sulla loro fidelizzazione e sulle prestazioni organizzative complessive; al contrario, i dipendenti che lavorano per ricompense esterne tendono a trattare i loro colleghi allo stesso modo, indipendentemente dal motivo per cui lavorano.
Creare un ambiente che valorizzi le diverse motivazioni dei dipendenti
I manager devono essere consapevoli che le organizzazioni che valorizzano la passione possono creare un senso di alienazione per alcuni dipendenti. Riconoscere e celebrare i contributi unici di tutti i dipendenti, indipendentemente dalle loro motivazioni di fondo, aiuterà a creare un senso di appartenenza e di scopo tra la forza lavoro, con conseguente aumento del coinvolgimento e della produttività.
I manager devono anche sforzarsi di promuovere una cultura aperta e inclusiva sul posto di lavoro, in cui i dipendenti si sentano a proprio agio nel discutere le loro motivazioni e i loro obiettivi, anche quando non sono allineati con l’etica della passione. Questo può sia incoraggiare il dialogo tra i dipendenti che hanno motivazioni diverse per il lavoro, sia fornire opportunità ai dipendenti per esplorare e sviluppare le loro passioni sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro. Ad esempio, la mentorship, le relazioni di networking o il job crafting (cioè dedicare più tempo a compiti più significativi per i dipendenti) possono esporre i dipendenti a ruoli che potrebbero entusiasmarli maggiormente.
Se siete un dipendente che ama il proprio lavoro, tenete presente che questo potrebbe rendervi più critici nei confronti dei vostri colleghi e influenzare il vostro aiuto. Non tutti devono svolgere il lavoro perché ne sono appassionati; alcuni possono lavorare perché hanno una famiglia di cui occuparsi, hanno bisogno di benefit come rete di sicurezza o non hanno ancora scoperto la loro vera passione per il lavoro.
Infine, le organizzazioni devono verificare se i loro benefit e vantaggi si rivolgono a dipendenti con motivazioni diverse. Mentre alcuni possono essere attratti dal lavoro perché ne sono appassionati, altri possono essere motivati da accordi di lavoro flessibili o dall’accesso a opportunità di sviluppo professionale. Offrendo benefit e vantaggi diversi, i leader possono creare un ambiente di lavoro che si rivolge a dipendenti con motivazioni differenti e contribuire a trattenere i migliori talenti.
Nonostante la convinzione prevalente che la passione sia fondamentale per il successo, tutti i dipendenti dovrebbero essere apprezzati per ciò che sono e per il loro contributo, indipendentemente dalle motivazioni che li spingono a lavorare. I leader dovrebbero riconoscere le diverse spinte che guidano la loro forza lavoro e creare un ambiente inclusivo che sostenga e valorizzi tutte le forme di motivazione, piuttosto che penalizzare coloro che non rientrano nello schema incentrato sulla passione.
Mijeong Kwon è professore assistente di Management presso la Business School dell’Università del Colorado a Denver. Julia Lee Cunningham è professore associato di Gestione delle organizzazioni presso la Stephen M. Ross School of Business dell’Università del Michigan. Jon M. Jachimowicz è professore assistente presso l’Unità di comportamento organizzativo della Harvard Business School.