DIVERSITÀ E INCLUSIONE

Misurate i progressi DEI della vostra organizzazione

Lee Jourdan

Maggio 2023

Misurate i progressi DEI della vostra organizzazione

HBR Staff/cgdeaw/Getty Images

LA MAGGIOR PARTE dei leader nella teoria concorda sul fatto che le persone dovrebbero avere opportunità di sviluppo e promozione basate sul merito. Ma come può un’organizzazione garantire che, nella pratica, ciò avvenga effettivamente? L’impiego delle giuste metriche per il benchmark e il monitoraggio è fondamentale per raggiungere una cultura basata sul merito.

In tre decenni di esperienza come dirigente nel settore dell’energia e ora come consigliere d’amministrazione indipendente e consulente in materia di tecnologia e gestione del capitale umano, ho trovato che sette metriche – che coprono l’intero ciclo di vita dei dipendenti – sono le più utili per valutare i progressi verso una vera meritocrazia.

 

- Fine del rapporto di lavoro (attrition)

- Performance

- Promozioni

- Programmi di leadership

- Pipeline occupazionale

- Equità retributiva

- Inclusione

 

All’interno di ciascuna metrica, le aziende dovrebbero tenere traccia di varie coorti di dipendenti, differenziate in base alla legge, alla regione e alla cultura. Negli Stati Uniti è bene, per esempio, tenere conto di razza, sesso, etnia e, se del caso, altre dimensioni della diversità come l’orientamento sessuale e lo status di veterano di guerra. Ecco un approfondimento sui dati da considerare per ogni categoria.

 

Attrition

Ci sono due sottoinsiemi di attrition: quello volontario e quello involontario. È necessario verificare se si stanno perdendo o lasciando andare in modo sproporzionato le persone appartenenti a gruppi sottorappresentati. Per quanto riguarda le uscite non volontarie, è necessario verificare la presenza di un “impatto negativo” che, sempre nel caso americano, la legge definisce come “pratiche occupazionali apparentemente neutre ma che hanno un effetto discriminatorio su un gruppo protetto”.

È bene anche monitorare l’abbandono volontario per vedere se è pratica comune tra i dipendenti del gruppo maggioritario e tra quelli del gruppo sottorappresentato o se differisce tra i diversi gruppi sottorappresentati. Questo dovrebbe includere non solo la raccolta di dati concreti e il confronto con le vostre medie nazionali, ma anche la conduzione di interviste di uscita con tutti i dipendenti che se ne vanno, in modo tale da capire il motivo dell’abbandono e se i pregiudizi o il non sentirsi inclusi hanno una parte in questo. Il Bureau of Labor Statistics del Dipartimento del Lavoro statunitense fornisce i tassi di abbandono per settore negli Stati Uniti; nel Regno Unito, invece, è l’Office for National Statistics. Queste fonti possono aiutare le organizzazioni a fare benchmarking e a stabilire se la frequenza di abbandono è un’area di opportunità da affrontare. Si tratta di un indicatore ritardato (lagging indicator), cioè non si scopre che c’è un problema se non dopo il fatto, ma può essere una bandiera rossa, un segnale d’allarme che indica l’esistenza di pregiudizi sistemici.

 

Performance

Il 63% delle aziende utilizza ancora un processo di valutazione annuale delle performance e la maggior parte assegna una lettera o un numero a ciascun dipendente. Un processo che definisco di “oggettività soggettiva”, perché l’assegnazione di un punteggio spesso ci fa credere che sia basato su fatti e non su opinioni. In questo caso si cerca di distribuire equamente le valutazioni alte e basse in tutti i gruppi. Ad esempio, se un gruppo riceve una quota di valutazioni basse superiore alla sua rappresentanza complessiva, o se un altro gruppo riceve una quota di valutazioni alte superiore a quella che la sua rappresentanza complessiva indica, questo potrebbe essere un segno di parzialità nel processo.

Le basse valutazioni delle prestazioni di un gruppo specifico nel corso del tempo potrebbero rivelare pregiudizi non solo nelle valutazioni, ma anche nell’accesso alle opportunità di ottenere risultati migliori. I risultati delle performance devono essere esaminati a livello dell’intera organizzazione, ma anche a livello funzionale, ad esempio nell’ambito della finanza e delle vendite. Le valutazioni delle prestazioni possono essere un indicatore anticipatore dei risultati delle promozioni. In questo caso, si consiglia di non basarsi sulle valutazioni delle prestazioni per valutare le promozioni, ma sulle competenze misurate o osservate e sui risultati dimostrati che soddisfano o superano i risultati attesi.

 

Promozioni

I tassi di promozione devono essere valutati in base al grado di retribuzione, all’etnia e al sesso, e anche in base all’equilibrio tra i diversi gruppi demografici. I tassi di promozione sono equilibrati all’ingresso e ai livelli più bassi, e poi sbilanciati a favore della maggioranza ai livelli più alti? Alcuni gruppi registrano percentuali elevate per le mansioni tecniche, ma non per le posizioni di leadership? Più l’analisi è granulare, più è probabile che le organizzazioni scoprano dei pregiudizi. Se le organizzazioni ritengono di praticare in modo adeguato la meritocrazia, i tassi di promozione attraverso le linee di genere e di etnia dovrebbero essere relativamente equilibrati. Il passo successivo è la trasparenza delle promozioni.

Negli Stati Uniti, ad esempio, Walmart condivide i tassi di promozione per sesso ed etnia nel suo rapporto annuale sulla cultura, la diversità, l’equità e l’inclusione, mentre Consolidated Edison li condivide nel suo rapporto annuale DEI su un periodo di cinque anni. Joan Jacobs, che ne è vicepresidente per l’apprendimento e l’inclusione, afferma: “La trasparenza dei dati DEI è un modo per dare l’esempio. Siamo in grado di assumerci la responsabilità di garantire che le nostre azioni siano sempre in linea con le nostre parole”.

 

Programmi di leadership

Molte organizzazioni hanno istituito programmi per i futuri leader. In genere si tratta del 2-3% dei top performer di ogni funzione, ulteriormente delineati per livello di retribuzione. Sono stati selezionati come emergenti e gli sono stati assegnati incarichi di spessore che consentono loro di brillare, in modo da sviluppare più rapidamente le capacità di leadership e da avviare una carriera accelerata. Questo gruppo di persone di alto livello diventerà la coorte di dirigenti più anziani tra 10-20 anni. Quindi, se la vostra pipeline di leadership non è diversificata, avete sostanzialmente bloccato un team di senior executive non diversificato per il futuro. La selezione dei futuri leader comprende i risultati e le promozioni, entrambi soggetti a pregiudizio.

La pipeline di leadership di un’organizzazione deve rispecchiare come minimo la rappresentanza della forza lavoro, ma deve anche riflettere l’aspetto della leadership quando si raggiungono gli obiettivi di diversità. Ad esempio, se l’obiettivo è avere una C-Suite composta per il 45% da donne, la pipeline dei leader deve essere composta per il 45% da donne. I piani di successione e i programmi per i futuri leader devono riflettere gli obiettivi di rappresentanza dell’organizzazione.

 

Pipeline occupazionale

La diversità dei nuovi assunti è un indicatore spesso utilizzato, ma ritardato, del funzionamento della pipeline occupazionale. Contiamo le teste quando entrano dalla porta. Ma questa è la fine della pipeline di assunzione, il vero lavoro si fa prima. Per una visione più olistica dell’efficacia delle pratiche di assunzione, le organizzazioni dovrebbero valutare l’intero percorso, a partire dalle candidature, poi i colloqui, le offerte e i tassi di accettazione.

Tra coloro che si candidano, a quale percentuale di ogni cluster viene offerto un colloquio? La percentuale è la stessa a prescindere dalla razza e dal sesso? Se, ad esempio, l’X per cento dei maschi bianchi che si candidano ottiene un colloquio, la percentuale di successo è la stessa per i candidati di colore e le donne? Tra coloro che ottengono un colloquio, quale percentuale riceve un’offerta? Anche in questo caso, la percentuale varia a seconda del sesso e della razza? E infine, tra coloro che ricevono un’offerta, qual è la percentuale di coloro che la accettano? Un basso tasso di accettazione da parte di gruppi specifici potrebbe essere un segnale di allarme relativo alla cultura aziendale. Cosa è successo durante la visita in loco? Hanno visto persone che gli somigliavano? Hanno avuto la sensazione di poter aderire a una comunità?

 

Equità retributiva

“Equità retributiva” e “divario retributivo” sono due analisi diverse. L’equità retributiva esiste quando i dipendenti ricevono la stessa retribuzione per lo stesso lavoro, indipendentemente dal modo in cui gli individui si identificano. Il divario retributivo è il delta della retribuzione media tra due gruppi, indipendentemente dai tipi di lavoro che la compongono. Sebbene il divario retributivo sia importante dal punto di vista sociale e possa evidenziare come coorti diverse abbiano accesso a carriere diverse, esso include molte variabili che non sono controllate dalle organizzazioni di assunzione, come i percorsi di istruzione, le decisioni personali di carriera, l’attrazione verso determinati settori e l’impatto regionale. Al contrario, i fattori che incidono sull’equità retributiva, come la retribuzione iniziale, le politiche di adeguamento e le revisioni sono quasi sempre sotto il controllo delle organizzazioni. Una trappola comune è quella di pagare in base alla permanenza in azienda piuttosto che alle competenze. La struttura retributiva dovrebbe essere una funzione della performance.

Testare l’equità retributiva e condividere i risultati e/o le azioni per risolvere le carenze è uno dei modi più rapidi per costruire credibilità e sostenere le affermazioni di un trattamento giusto ed equo dei dipendenti.

Fornitori terzi come Factorial HR e Rework forniscono indicazioni per effettuare questo tipo di analisi in proprio. Tuttavia, il coinvolgimento di una terza parte e la successiva condivisione dei risultati fornisce un ulteriore livello di credibilità.

 

Inclusione

Se la diversità è contare le teste, l’inclusione è assicurarsi che ogni testa conti. Sta diventando molto più comune per le organizzazioni cercare di misurare l’esperienza dei dipendenti - compresa la forza delle relazioni con i manager, il senso di appartenenza al proprio gruppo di pari e l’accesso a reti influenti - e grazie all’uso di dati analitici e algoritmi basati sul comportamento si sta evolvendo in una scienza più che in un’arte. Alcune organizzazioni scelgono di aggiungere domande sull’inclusione a sondaggi più generali sulle risorse umane, utilizzando piattaforme come Qualtrics o Culture Amp, mentre altre utilizzano piattaforme DEI dedicate e basate su algoritmi, come Pulsely, che non solo misurano come varia l’inclusione tra le diverse identità, ma misurano anche i comportamenti inclusivi di supervisori e manager. Ad esempio, SEI, un’azienda di soluzioni tecnologiche e di investimento, utilizza questi algoritmi per valutare l’equità delle esperienze sul posto di lavoro, mentre Convergent, un’azienda di energia rinnovabile, sfrutta la scienza dei dati per valutare la competenza dei suoi leader in materia di inclusione, ponendoli all’avanguardia dell’inclusività.

La scelta della strada da seguire per la vostra organizzazione dipende da ciò che state cercando di ottenere e quando. Alcune domande da considerare:

- Siamo pronti a scoprire perché i dipendenti sentono di non appartenere a un gruppo o è sufficiente capire quali gruppi si sentono esclusi?

- Possiamo agire in base ai risultati che mostrano che i nostri responsabili non hanno comportamenti inclusivi?

- Sto usando una piattaforma abbastanza flessibile da svilupparsi con l’evolversi della scienza?

- Le mie metriche di inclusione sono alla pari con le mie metriche di diversità?

Sappiamo che “ciò che viene misurato viene fatto”. Sappiamo anche che dati trasparenti forniscono una versione della verità e aiutano le organizzazioni a determinare le priorità. Queste sette metriche, una volta stabilite e sottoposte a benchmark, possono fornire un quadro di responsabilità per dimostrare il successo dei programmi DEI. È raro trovare organizzazioni che le utilizzino effettivamente tutte, ma tutte dovrebbero proporsi di farlo.

 

Lee Jourdan è consulente speciale di FTI Consulting. In precedenza, è stato responsabile globale per la diversità e l’inclusione presso Chevron. È autore e conferenziere e nel 2020 è stato riconosciuto da Business Insider come una delle 100 persone che stanno trasformando il business in Nord America.

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