YOURGROUP
ANDREA PIETRINI, CEO E FOUNDER DI YOURGROUP
Luglio 2024
Il mondo della finanza aziendale di matrice non bancaria negli ultimi anni è andato crescendo rapidamente.
Gli eventi geopolitici accaduti in rapida successione dall’11 Settembre 2001 alla recente guerra Russo-Ucraina, passando dalla crisi dei mutui subprime al Covid, hanno messo sotto stress molte realtà finanziarie, tra cui anche le banche italiane, già fragili per ragioni strettamente dipendenti dal contesto del nostro Paese.
Per quanto in passato potesse sembrare un tema accademico lontano dal nostro quotidiano, la geopolitica con le sue molteplici estensioni ha, in questi anni, inciso profondamente sugli scenari aziendali, interessando anche la capacità delle banche di finanziare e supportare la crescita delle imprese italiane.
Non ultimo, i tassi di interesse cresciuti prima in Usa e poi in Europa non hanno certamente aiutato a generare nuova liquidità per il sistema.
Se il settore con cui le imprese si sono tradizionalmente relazionate in italia, le banche, è divenuto una fonte di liquidità sempre più ristretta, esiste una realtà “non bancaria” che sta sempre più emergendo. Non è ovviamente una realtà che sostituisce le banche ma, con le opportune strutture societarie e pianificazione finanziaria, può divenire una valida fonte di risorse finanziarie: il private capital, intendendo con questo termine i settori del private equity e debt, del venture capital, dell’equity e debt crowfunding e dei business angel. Comprendere come questa realtà, e tutte le tipologie di strumenti disponibili, è il primo passo per capire come si può valorizzare.
L’evoluzione del mondo non bancario
Esiste un trend in tutto il mondo, occidentale in particolare, di crescita degli intermediari finanziari non bancari nel finanziamento all’economia reale.
In Italia storicamente le banche, sia le grandi banche nazionali sia quelle regionali, hanno sempre avuto un ruolo primario nel supporto finanziario alla crescita delle imprese nazionali.
Il sistema bancario ha svolto storicamente un ruolo prevalente e la quota della finanza non bancaria è rimasta abbastanza stabile nel tempo; tuttavia, si è osservato un rilevante rafforzamento del ruolo degli intermediari non bancari, soprattutto degli operatori del risparmio gestito.
Consideriamo, giusto per fare un esempio, le realtà afferenti al tema della sostenibilità. Come spiega Banca d’Italia. “La sfida della sostenibilità non riguarda quindi solo le banche ma coinvolge direttamente gli intermediari finanziari che svolgono un ruolo rilevante nella mobilizzazione e canalizzazione delle risorse finanziarie necessarie per effettuare gli investimenti destinati a supportare la transizione ecologica ed energetica.
Inoltre, gli intermediari non bancari assumono partecipazioni azionarie e sono quindi potenzialmente in grado di influenzare in modo diretto le scelte strategiche delle imprese. Essi possono svolgere anche un ruolo di consulenza sulle tematiche di sostenibilità.”
Il ruolo degli operatori di private capital da “aggiuntivo” al sistema bancario ormai ne è divenuto una soluzione parallela, in crescita, ancorché al momento ancora grandemente minoritaria, per molte imprese. Ma il ghiaccio è stato rotto.
Queste scelte aziendali si devono non solo a tematiche direttamente finanziarie. Spesso il mondo del private capital, oltre a liquidità, mette a disposizione la propria rete di contatti: un asset che le banche non possono (o spesso non desiderano offrire).
Mentre il private capital, con un’impostazione più simile a quella di una partnership, ha tutto l’interesse per far crescere il loro investimento (inserito nell’azienda) e quindi beneficiarne da una successiva exit.
Questi canali sono ancor più rilevanti in contesti di mercato sempre più complessi e imprevedibili, dove competenze, disponibilità di capitali e processi decisionali strutturati sono fondamentali per supportare strategie di successo.
Il ruolo svolto da queste tipologie di fondi è sicuramente fondamentale nell’attuale scenario economico domestico e internazionale.
Non dimentichiamo che alcune soluzioni come i FIA chiusi possono favorire l’investimento indiretto del risparmio privato nell’economia reale, grazie all’orizzonte temporale di medio e lungo termine con cui operano e alle competenze di gestori specializzati nella selezione di progetti complessi, incluse le ristrutturazioni aziendali.
Negli ultimi 5-10 anni sono aumentati i fondi che operano in Italia a supporto delle aziende.
Di solito parliamo di realtà modeste, se paragonate ai loro gemelli europei o americani. Il termine “modesto” necessita di un chiarimento. Il termine corretto è “sotto-soglia”: stante l’art. 35-undecies del TUF, sono definiti “sotto soglia” i gestori di FIA (GEFIA) riservati
il cui valore totale delle masse gestite non supera 100 milioni di euro ovvero 500 milioni di euro nel caso in cui essi non facciano ricorso alla leva e non consentano il diritto di rimborso per 5 anni dopo l’investimento iniziale. Per i gestori sotto soglia il capitale sociale minimo iniziale è fissato ad almeno 50.000 euro (anziché 1 milione di euro).
La crescita delle masse complessivamente in gestione è stata favorita dall’interesse crescente di alcuni investitori istituzionali (assicurazioni, casse di previdenza, fondi pensione) che, attratti da ritorni attesi più elevati nel medio-lungo termine e in un’ottica di diversificazione dei propri portafogli, hanno progressivamente destinato una quota più alta dei propri patrimoni a questa tipologia di asset class.
Il fractional management e la finanza non bancaria
Se queste tipologie di investitori/prestatori non bancari sono in aumento, è vero che si assiste a un fenomeno interessante anche dal punto di vista della governance delle aziende (dalle startup sino alle medio-grandi imprese) target di investimento.
Come illustrato all’inizio dell’articolo, la maggioranza delle imprese italiane che creano sinergie con il private capital sono a governance familiare, con l’unica ma importante eccezione delle realtà comunemente definite startup. Per quanto la percezione comune spinga a credere che le startup siano fatte solo da giovani, capita sovente, specialmente in America, che esse siano spinoff di gruppi universitari, unità interne ad aziende che, per motivi societari o di management, sono state “incubate” in un’azienda, ma poi rese indipendenti ecc.
In ogni caso, le startup di rado hanno una governance familiare.
Il private capital, con tutte le diverse tipologie di investimento, porta con sé una cultura e una visione che va oltre il semplice prestito o supporto finanziario.
Se consideriamo le startup, per esempio, spesso i club deal composti da manager e imprenditori, prediligono avere una presenza nel board della giovane realtà.
Quando vengono investiti soldi in una media azienda italiana, di norma al 100% governance familiare, egualmente l’investitore vuole avere una visione dall’interno. Se inizialmente la comprensione delle policy dell’investito possono essere acquisite con una due diligence, in seguito è importante per chi investe comprendere come le risorse vengono utilizzate.
C’è da considerare che molte entità di private capital hanno risorse umane ridotte al minimo. Vero è che una delle risorse del board dell’investitore può divenire parte del Cda della società oggetto di investimento, tuttavia, per essere presenti in modo più efficiente, di norma l’investitore predilige avere una persona di fiducia che ne segua tutti i processi.
In questo senso entrano in gioco i fractional e temporary manager. È bene comprendere che i manager fractional sono figure con una seniority, in un ruolo c-level che va dai 10 ai 15 anni. A questa esperienza sul campo si aggiunge una ricca rete di contatti per differenti servizi.
Di fatto, un fractional manager è un asset strategico quando si parla di inserire la figura in una governance familiare che, spesso, ha una visione più domestica e conservatrice, con minor esperienza internazionale.
Spesso gli operatori di private capital, prediligono avere un frazionale come uomo di fiducia. Non dimentichiamo che l’investitore, in particolare in capitale di rischio, investe con l’obiettivo di una exit rapida, per cui con un coinvolgimento limitato nel tempo e allineato al periodo di investimento.
Ci sono altri vantaggi: da un lato la seniority del fractional manager offre maggiori garanzie sia all’investitore sia alla società oggetto di investimento. A questo si aggiunge la capacità tecnica e la velocità di esecuzione che, in proporzione al tempo richiesto, permette di avere un ottimo rapporto qualità-prezzo. Esiste poi un ultimo aspetto, diciamo di natura psicologica e relazionale. Una governance familiare è un ecosistema delicato e molto fragile. Le decisioni che possono influire su un’azienda non sono sempre nate in un contesto totalmente razionale. Rapporti tra padri e figli (che possono estremizzarsi in un passaggio generazionale), tra fratelli e sorelle o, più in generale, tra persone dello stesso nucleo familiare sono tutti rapporti che hanno una base emotiva. Ovviamente entrare in questo ecosistema emotivo è un passaggio delicato per i fractional manager: provenendo da un decennio, se non due, di complessi rapporti con differenti stakeholder, fornitori, clienti e enti terzi, hanno sviluppato una estrema sensibilità e capacità di adattamento empatico per fronteggiare ogni contesto. Quando entrano in un’azienda, lo fanno in punta di piedi, con una missione definita. In tal senso sono una figura molto adatta per divenire il liaison officer, o uomo di fiducia, tra l’investitore di private capital e l’investito. Egualmente per il mondo startup, con una seniority maggiore, sono una figura che può svolgere anche attività di mentoring.
Le relazioni tra private capital e fractional manager, data la recente emersione del secondo gruppo nella business community, sono ancora un tema di studio a livello sia accademico sia manageriale. Stante la mia esperienza, le relazioni e le sinergie tra fractional e temporary manager e private capital andranno sempre più ad accrescersi sia qualitativamente sia quantitativamente.
@andreaPietrini
Andrea Pietrini, laurea all’Università Bocconi, MBA Executive alla LUISS Business School, ha svolto ruoli significativi nel settore dell’M&A, prima in KPMG, per poi passare come investment manager venture capital e successivamente come CFO di alcune grandi aziende italiane. È stato consigliere di amministrazione di numerose aziende italiane ed estere. Nel 2012 ha fondato YOURgroup la prima società italiana di Fractional Management. È autore del libro Fractional Manager - una nuova professione per imprese che evolvono, edito da Egea Editore, la casa editrice dell’università Bocconi.